La (criticata) proposta Ue sulla riduzione delle emissioni al 2040

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Il target è di abbatterle del 90% rispetto alle rilevazioni del 1990. Pichetto: "sì alla flessibilità". Ma diverse associazioni contestano il ricorso ai crediti di carbonio internazionali.

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La Commissione europea ha presentato oggi la sua proposta (link in basso) per ridurre del 90% le emissioni climalteranti entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990 e raggiungere la neutralità climatica nel 2050.

Il documento presenta alcune opzioni di flessibilità per raggiungere il target, incluso il ricorso limitato a “crediti internazionali di carbonio”, ovvero il finanziamento di progetti di riduzione delle emissioni in Paesi extra-europei.

“La priorità – spiega l’esecutivo comunitario nel documento – dovrebbe essere data alla riduzione delle emissioni di gas serra a livello nazionale, completata da un aumento dell’assorbimento (di queste ultime, ndr), anche attraverso soluzioni naturali e tecnologiche”.

Il documento è un inno alla neutralità tecnologica: “Tutte le soluzioni energetiche a zero o a basso contenuto di carbonio, comprese le energie rinnovabili, il nucleare, l’efficienza energetica, lo stoccaggio, la Ccs, la Ccu, l’eliminazione del carbonio, la geotermia e l’energia idroelettrica e tutte le altre tecnologie energetiche a zero emissioni attuali e future sono necessarie per decarbonizzare il sistema energetico entro il 2040”.

Nell’elenco vengono incluse indiscriminatamente anche tecniche, come la carbon capture, rivelatesi poco scalabili e particolarmente costose, che rischiano di rallentare il percorso di alternative ben più collaudate (si veda Rinnovabili fino a 12 volte meno care della cattura della CO2).

“Qualsiasi nuova proposta deve prevedere flessibilità, tempistiche e misure concrete che riconoscano anche le specificità dei singoli Paesi”, è il commento che arriva dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

“Parlo – prosegue – di principi come neutralità tecnologica, semplificazione, sostenibilità finanziaria degli interventi, su cui l’Italia ha già avanzato proposte concrete, come l’uso dei biocarburanti, la definizione di nuovi strumenti finanziari e maggior peso alla contabilizzazione delle iniziative sulla decarbonizzazione che i paesi europei realizzano in paesi terzi”.

Invece, diverse associazioni hanno criticato il ricorso ai crediti di carbonio extra-Ue, che serviranno per coprire il 3% dell’obiettivo complessivo di riduzione delle emissioni al 2040.

Lo stesso Comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici si era espresso esattamente un mese fa contro la delocalizzazione di progetti “green”.

Jette Bredahl Jacobsen, vicepresidente del comitato, aveva affermato che “ritardare gli interventi o affidarsi ai crediti di carbonio internazionali rischierebbe di far perdere opportunità vitali per modernizzare l’economia dell’Ue, creare posti di lavoro di qualità e rafforzare la posizione dell’Europa nella leadership delle tecnologie pulite”.

Puntare sui crediti internazionali della CO2, ricordiamo, è complesso per diversi motivi, tra cui ad esempio le difficoltà legate alla rendicontazione precisa, obiettiva e certificata delle emissioni evitate.

Anche Greenpeace si è schierata contro questa soluzione. Il responsabile Clima e trasporti dell’ong per l’Europa, Thomas Gelin, ha dichiarato in una nota che “la Commissione europea si affida a una contabilità poco chiara e al riciclaggio di carbonio offshore per fingere di raggiungere” l’obiettivo al 2040.

Altre critiche riguardano la decisione dell’esecutivo comunitario di accomunare tutto in un unico target. La riduzione del 90% è espressa infatti come percentuale netta, senza alcuna distinzione tra i tagli effettivi delle emissioni e gli assorbimenti di carbonio, che però non rappresentano due strade equivalenti.

A seconda del metodo, le rimozioni “permanenti” di carbonio possono essere più o meno a lungo termine e alcune possono avere impatti importanti sulla biodiversità.

Ma c’è anche chi ha una visione un po’ meno critica. Francesca Bellisai, analista “politiche Ue e Governance” per ECCO Climate, sostiene che le opzioni di flessibilità che possono aiutare a raggiungere l’obiettivo al 2040 non indeboliscono la proposta “se il loro ricorso è marginale e se accuratamente regolate”.

“I crediti internazionali di carbonio – spiega – sono regolati dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi e possono diventare una risposta potenzialmente utile per il finanziamento della cooperazione internazionale e in supporto al multilateralismo”.

Articolo aggiornato dopo la pubblicazione per aggiungere il commento del ministro Pichetto.

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