Produzione sempre più delocalizzata fuori dell’Italia, rallentamento dei piani sull’elettrico, crescita dei modelli Suv a scapito delle utilitarie.
Se sarà davvero questa la strategia industriale di Fiat, la storica casa torinese del gruppo Stellantis rischia di smarrire la sua identità di “auto per tutti” e farsi scavalcare dalla concorrenza cinese.
Lo sostiene l’organizzazione indipendente Transport & Environment (TE), in un documento in cui analizza la possibile evoluzione produttiva del marchio italiano, basandosi sui dati storici e sulle previsioni della società di consulenza GlobalData.
Fiat, si legge nel briefing, “sembra sempre progressivamente impegnata a diventare un produttore di auto più grandi o comunque costose: una strada, questa, che storicamente non ha prodotto buoni risultati per la casa torinese”.
Questa tendenza si colloca in uno scenario generale di mercato dell’elettrico dove i produttori europei, sempre secondo recenti analisi di TE, stanno dando priorità a modelli di maggiori dimensioni, tipicamente Suv, di fascia premium, lasciando sguarnita l’offerta di auto più piccole nei segmenti A e B.
E ciò aumenta il rischio che a conquistare quote crescenti delle vendite potranno essere i marchi cinesi, come BYD, che in Cina ha già tagliato il prezzo dell’utilitaria Seagull a meno di 9mila euro e si appresta a farla sbarcare sul mercato europeo (anche se presumibilmente a un prezzo circa doppio).
“Il declino dell’industria italiana dell’auto comincia assai prima della rivoluzione elettrica. In 30 anni siamo passati dal produrre 2 milioni di auto a meno di mezzo milione e lo scorso anno Fiat ha toccato il suo minimo storico nel nostro Paese: appena 230mila auto”, spiega Carlo Tritto, Policy Officer per T&E Italia.
Il passaggio all’elettrico, aggiunge, “può essere un’opportunità per rivitalizzare il settore, ma quel che manca sul mercato europeo è l’offerta di un’auto di massa a zero emissioni, che non sembrerebbe essere al centro dei piani Fiat. Se l’industria europea non spingerà in questa direzione saranno probabilmente i competitor cinesi a colmare il vuoto”.
Nel 2023, evidenzia il documento, Fiat ha prodotto meno di 70mila auto 100% elettriche, cioè meno del 12% della produzione complessiva per il marchio torinese nell’Ue e nei paesi limitrofi (circa 580mila vetture).
Stando alle previsioni riprese da GlobalData, nel 2030 solo il 53% dei volumi produttivi totali di Fiat sarebbe riferito a modelli a batteria; ricordiamo, peraltro, che dal 2035 la Ue vieterà la vendita di nuove auto con motori endotermici. L’Italia, al 2030, sarebbe l’unico paese a raggiungere il 100% di elettrico dei volumi produttivi Fiat, poggiando tuttavia su un unico modello, la 500e.
Più in generale, il gruppo Stellantis raggiungerebbe in Italia una quota di elettrico pari all’80% nel 2030 grazie ai crescenti volumi di Opel, Alfa Romeo, DS, Maserati, Lancia e Dodge, a compensare le perdite produttive derivanti dalla “migrazione” all’estero di Fiat e dalla riduzione della produzione italiana di Jeep.
Difatti, si prevede che nel 2030 solamente il 22% della produzione dei veicoli Fiat sarebbe in Italia (48% nel 2022), con una tendenza quindi a delocalizzare sempre di più, in particolare verso Serbia, Turchia e Polonia.
Altra tendenza è puntare massicciamente sui Suv.
Nel 2023 i Suv hanno rappresentato appena il 12% della produzione Fiat, scrive TE, ma i dati previsionali stimano che, nel 2030, il 42% della produzione europea della casa auto sarebbe costituito da questo tipo di veicoli (una crescita di circa 3-4 volte), portando sul mercato modelli come la 600 (B-SUV) o la Multipla (C-SUV).
Per l’intero gruppo Stellantis, ben il 77% della produzione italiana al 2030 sarebbe nei Suv; ciò corrisponde “a una strategia di massimizzazione dei profitti trasversale a tutti i costruttori europei, che negli ultimi anni stanno sensibilmente riducendo l’offerta di modelli di auto più piccole (si pensi all’uscita dai mercati di Citroen C1, Peugeot 108, Ford Fiesta) a favore di più Suv”.
Il documento poi fornisce alcune raccomandazioni sulle misure necessarie per favorire la transizione elettrica del settore automobilistico italiano.
Tra queste:
- adottare un sistema di incentivi esclusivo per i veicoli a zero emissioni;
- definire una nuova fiscalità dell’auto (e in particolare per le flotte aziendali) declinata in base alle fasce di emissione di CO2;
- introdurre un meccanismo di certificati di immissione in consumo per l’elettricità rinnovabile nei trasporti, facilitando così lo sviluppo di una rete di ricarica capillare;
- sperimentare misure di social leasing di auto elettriche con canoni mensili calmierati.
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