Cambio batterie per le auto elettriche. A volte ritornano?

Il "battery swap" è stato accantonato in Occidente e ripreso in alcuni casi in Asia orientale. Una breve storia di questa soluzione, i fallimenti, i possibili vantaggi e i problemi.

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A volte ritornano… non i mostri o i fantasmi, ma interessanti idee accantonate forse un po’ troppo rapidamente per motivi che con la loro qualità non c’entrano nulla.

È il caso della sostituzione delle batterie scariche delle auto elettriche con altre cariche, invece che la loro ricarica presso le colonnine: un metodo che risolverebbe diversi problemi di questa tecnologia, dall’ansia del restare a piedi al costo delle vetture.

Questioni che sono state messe da parte per la difficoltà di coordinare la progettazione delle auto elettriche da parte dei produttori.

Ma, come vedremo, non è ancora detta l’ultima parola: abbandonata in Occidente, questa soluzione è rispuntata in Oriente.

Un po’ di storia

L’idea di rifornire l’auto elettrica cambiandogli gli accumulatori, un po’ come si fa con le pile delle macchinine giocattolo, è venuta in mente a chissà quante migliaia di persone nel tempo, tanto che segue la storia dell’auto elettrica fin dai primordi.

Fra il 1910 e il 1924 la Hartford Electric Light Company offriva negli Usa agli autocarri elettrici un servizio di cambio delle batterie scariche con un set carico lungo le strade principali.

Gli autocarri che godevano di quel servizio erano venduti senza batteria, con notevole risparmio di costi, e ciò che l’autista pagava a ogni scambio non era solo l’energia elettrica, ma anche un sovrapprezzo per coprire il capitale investito dall’azienda nel pacco batterie e per la sua manutenzione.

Poi, come si sa, qualcuno trovò un nuovo uso per quello scarto della produzione del cherosene chiamato benzina, e i motori a combustione interna spazzarono via quelli elettrici.

Andando avanti velocemente di 80 anni, ecco che negli anni ’90 ricominciano a comparire negli Stati Uniti piccoli veicoli elettrici abbinati a sistemi di cambio delle batterie, che però non sfondarono mai, forse anche per il costo del personale necessario per lo scambio dei pesanti pacchi di accumulatori.

Nel 2011 la cinese Zotye Auto realizzò una flotta di 15 taxi elettrici ad Hangzhou, dotati di un sistema rapido di scambio rapido delle batterie poste nel bagagliaio posteriore, ma la continua sostituzione degli accumulatori portava a usura in contatti mal progettati, fino a che in un taxi si innescò un incendio, causando così la fine della sperimentazione.

Nello stesso periodo, in Israele, la compagnia Better Place lanciò il primo sistema automatizzato di sostituzione delle batterie del modello Renault Fluence: il metodo permetteva il cambio delle batterie in appena 5 minuti.

Sembrava una grande idea, e Better Place cercò di esportarla in altri paesi, ma le Renault Fluence in giro per le strade non erano sufficienti a sostenere il business e nel 2013 fu costretta a dichiarare fallimento.

Da allora la filosofia dominante è stata “batterie super capaci”, per assicurare centinaia di chilometri di autonomia, e “ricarica super potente”, per ridurre almeno a poche decine di minuti l’attesa. Questo approccio comporta però costi molto alti, sia dei mezzi, il cui prezzo è determinato in gran parte dalle batterie, che dalla capillare rete di ricarica rapida che richiede, visto che ogni punto di ricarica resta occupato a lungo da una sola auto (Due visioni a confronto sull’auto elettrica del futuro).

Vantaggi e problemi del cambio batterie

Al contrario, lo scambio di batterie (battery swap), che non esclude comunque la ricarica alla spina, se supportato da una rete di stazioni di cambio automatizzate, ospitate in officine e distributori esistenti, permetterebbe di abbassare il costo dei veicoli, soprattutto se si adottasse lo schema già inventato 100 anni fa di far ripagare la batteria un po’ per volta ad ogni sostituzione.

Certo, il metodo comporta la disponibilità di un numero di batterie extra da stoccare nelle stazioni di scambio, pari a diverse volte quello dei veicoli serviti.

Ma ha anche altri vantaggi: le batterie sono continuamente controllate ed eventualmente riparate o sostituite, diminuendo il rischio di incidenti e allungando di molto la vita delle auto, mentre la loro ricarica avviene lentamente nei punti di ricarica e nei momenti di eccesso di produzione da rinnovabili, allungando la vita alle batterie e consentendo una gestione più facile e prevedibile della domanda elettrica.

Poi le stazioni potrebbero diventare parte di un grande sistema di accumulo per la rete, più distribuito sul territorio.

Uno studio del 2023 dell’ingegnere Mutayab Khalid, del KTH Royal Institute of Technology in Svezia, suggerisce che il “cambio batterie” potrebbero ridurre i costi di ricarica dei veicoli elettrici di quasi un quarto, appunto caricando le batterie nelle ore con i costi minori del kWh.

Il problema, ovviamente, è che questo metodo per funzionare andava implementato all’inizio della “resurrezione” dell’auto elettrica, una quindicina di anni fa, standardizzando i set di batterie, la loro posizione nel telaio dell’auto e i sistemi di sostituzione, almeno fra le principali case produttrici, così da assicurare un mercato sufficiente alla sopravvivenza della rete di stazioni di scambio.

Questo non è avvenuto, e ora in Occidente questa soluzione sembra ormai inattuabile.

In Asia ci stanno ripensando?

Tutto finito, quindi? Non proprio, il testimone è passato in Asia orientale.

A Taiwan, Gogoro, ha implementato un sistema di scambio di batterie per scooter elettrici basata su distributori automatici stradali (foto a lato). Con un abbonamento si può accedere alla sua rete di 2500 stazioni di scambio. Gogoro si sta ora espandendo in India e arriverà in Cile e Colombia già quest’anno.

In Cina la sostituzione delle batterie è già un’opzione diffusa, soprattutto nelle megalopoli con spazi di parcheggio limitati. La cinese Nio, ha 2000 stazioni di ricarica (foto in alto)  e ora progetta di espandere il sistema in Europa, aprendo decine di stazioni in Norvegia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Gran Bretagna.

Per riuscire a sfondare, Nio aveva lanciato l’offerta “Battery as a Service” già nel 2020: i clienti possono acquistare un veicolo elettrico Nio senza batteria a un prezzo molto scontato e poi pagare un abbonamento mensile per accedere alle stazioni di scambio.

Per questa operazione l’azienda cinese sta anche stipulando accordi di standardizzazione degli accumulatori con altri produttori:  a novembre 2023 Geely e Changan Automobile hanno annunciato la loro collaborazione per lo sviluppo congiunto di servizi di sostituzione delle batterie.

Come sono riusciti là dove gli occidentali hanno fallito?

“In effetti hanno ideato un modello di business che meglio si presta a questo tipo di ricarica: invece che sull’automobilista singolo, hanno puntato soprattutto alle flotte di auto come quelle di taxi, noleggio o aziendali”, spiega Liana Cipcigan, professoressa di trasporti elettrici all’Università di Cardiff.

“In questo modo – spiega – i modelli da servire sono pochi e lo spazio per le stazioni di scambio e le batterie lo si ricava direttamente nei depositi delle auto. Inoltre, visto che queste auto di servizio operano in genere in aree ristrette, non c’è bisogno di costruire costosissime reti nazionali di stazioni di scambio”.

L’idea sta trovando proseliti anche altrove: la start-up statunitense Ample si è accordata con Stellantis nel dicembre 2023 per usare la sua tecnologia di scambio delle batterie nella flotta di car-sharing Free2Move, cominciando da Madrid, mentre in Giappone ha stretto una partnership con il produttore di camion Mitsubishi Fuso per sperimentare lo scambio di batterie per i camion.

È la rivincita dello “scambio ordinato” sulla “ricarica selvaggia”? Non è ancora detto.

Helena Wisbert, ingegnere del Centro di ricerca sull’auto di Duisburg, in Germania, dice che “la sostituzione delle batterie, almeno per le autovetture, potrebbe non avere più tempo per dimostrare la sua validità. In tutto il mondo si sta lavorando alacremente per sviluppare nuovi accumulatori in grado di ricaricarsi in pochi minuti, mentre si infittiscono le reti di caricabatterie ultrarapidi. Con batterie più rapide e punti di ricarica veloce in abbondanza, il vantaggio di tempo consentito dalle stazioni di scambio va a sparire”. Anche se forse ci sarebbe più possibilità per i camion.

Resta però il fatto che auto dotate di accumulatori più piccoli e predisposti per la sostituzione costerebbero meno di quelle con grandi batterie fisse, durerebbero di più e permetterebbero un uso migliore dell’elettricità da fonte rinnovabile.

Basteranno questi vantaggi a far vincere lo scambio sulla ricarica? Le scommesse sono aperte.

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