Auto elettrica, ecco cosa sta accadendo al mercato

Vendite in calo, mancanza di incentivi, concorrenza cinese e dazi in arrivo, scontro Bruxelles-costruttori sui nuovi target 2025 per le emissioni. Il punto sullo scenario attuale, prima parte di un approfondimento sul presente e sul futuro dell'automotive.

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L’industria automobilistica europea naviga in acque turbolente, tra vendite in calo dei modelli elettrici (ma anche endotermici), richieste a Bruxelles di posticipare gli obiettivi per ridurre le emissioni e tanta incertezza sul mercato, accentuata dalla concorrenza cinese e dalla proposta Ue di varare dei dazi.

Vendite in calo

Nei primi otto mesi del 2024, le vendite di auto elettriche nell’Ue si sono fermate al 12,6% del totale (dati Acea), in calo di un punto percentuale abbondante in confronto allo stesso periodo del 2023.

L’Italia è agli ultimi posti tra i principali mercati, essendo rimasta sotto il 4% contro, ad esempio, il 16,7% della Francia e il 12,7% della Germania.

Ad agosto 2024, la quota delle elettriche sul mercato Ue è scesa di oltre sei punti percentuali rispetto allo stesso mese del 2023, attestandosi al 14,4% (era al 21%). Le immatricolazioni di auto a batteria (Battery Electric Vehicle, BEV) sono crollate del 43,9% a 92.627 unità, trainate dai “cali spettacolari” in Germania e Francia, -68,8% e -33% rispettivamente.

Campanelli d’allarme

In Italia nei giorni scorsi hanno suonato altri due campanelli d’allarme.

Il primo è che il progetto della gigafactory di batterie a Termoli, portato avanti dalla joint-venture tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies (Automotive Cells Company, ACC), non potrà più contare sui fondi del Pnrr.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha comunicato che “procederà con il ricollocare i fondi previsti per la realizzazione del sito produttivo di Termoli verso altri investimenti coerenti con la transizione energetica del comparto”.

Il governo, ha aggiunto, è “disponibile a valutare di destinare ulteriori fondi, di altra natura, al progetto quando ACC sarà in grado di presentare il nuovo piano industriale” per lo stabilimento in Molise.

Nell’incontro del 17 settembre con il ministro, informa una nota del Mimit, ACC “ha manifestato incertezza sui tempi di realizzazione delle Gigafactory di Termoli e Kaiserslautern [in Germania], a causa del mutato contesto di mercato dell’auto elettrica, delle incertezze sulla domanda futura di componenti per l’industria automotive e della possibilità di adottare nuove tecnologie produttive per la realizzazione di batterie meno costose del 20-30%”.

L’impianto di Termoli dovrebbe avere una capacità produttiva annua massima di 24 GWh.

Il secondo campanello d’allarme è che Stellantis ha deciso di interrompere la produzione della Fiat 500 elettrica a Mirafiori dal 13 settembre all’11 ottobre. Il motivo è la “mancanza di ordini legata all’andamento del mercato elettrico in Europa, che è profondamente in difficoltà per tutti i produttori, soprattutto quelli del Vecchio continente”, spiega il gruppo nella nota inviata ai sindacati.

Ma anche l’automotive tedesco sta soffrendo.

A inizio settembre, Volkswagen ha affermato di non escludere la chiusura di fabbriche in Germania. L’amministratore delegato del gruppo, Oliver Blume, ha definito “molto seria” la situazione delle case auto europee, citando i nuovi concorrenti che entrano nei mercati Ue (con un chiaro riferimento, pur senza dirlo esplicitamente, ai marchi cinesi).

Case auto vs Bruxelles

Intanto si assiste a un nuovo scontro tra le compagnie automotive e la Commissione Ue.

In un comunicato del 19 settembre, l’associazione europea dei produttori di veicoli (Acea) ha dichiarato che “una tendenza continua alla riduzione della quota di mercato per le auto elettriche nell’Ue invia un segnale estremamente preoccupante all’industria e ai decisori politici”.

In Europa, secondo l’Acea, mancano ancora le “condizioni cruciali” per l’adozione sul mercato di massa di auto e furgoni a emissioni zero: “infrastrutture di ricarica e rifornimento di idrogeno, nonché un ambiente di produzione competitivo, energia verde accessibile, incentivi fiscali e una fornitura sicura di materie prime”.

L’Italia, come abbiamo scritto, è in prima linea nel voler chiedere a Bruxelles di rinviare lo stop alla vendita di nuove auto con motori a combustione interna, fissato al 2035.

Mentre l’Acea chiede alle istituzioni Ue “misure di soccorso urgenti” prima che entrino in vigore i nuovi obiettivi sulla CO2 per auto e furgoni nel 2025.

Nel rispondere a un’interrogazione alla Camera del 17 settembre, presentata da Catia Polidori (Forza Italia), il Mimit ricorda che il 25 settembre si terrà a Bruxelles la Conferenza sull’automotive e il 26 settembre la riunione del Consiglio Competitività.

In queste sedi, il ministro Urso “presenterà le linee di indirizzo che il Governo italiano ritiene fondamentali per consentire all’Unione europea di coniugare gli obiettivi della transizione ecologica con quelli industriali, economici e sociali, sostenendo la necessità di trovare nuove strade di alimentazione sostenibile [chiaro riferimento ai biocarburanti] e, al contempo, definire un piano organico per l’automotive con risorse pubbliche europee”.

La battaglia sulle emissioni

La Commissione europea, riferisce l’agenzia Euractiv, il 16 settembre ha respinto la richiesta di alcuni costruttori di posticipare di due anni l’obiettivo 2025 di riduzione della CO2 per le auto: questo prevede un -15% di emissioni medie rispetto ai livelli del 2021, imponendo così di non superare 94 grammi di CO2/km.

Si cita un documento non ufficiale in cui le aziende affermano che le vendite di auto elettriche – quelle che consentirebbero veramente di abbassare le emissioni medie del venduto – sono rimaste inferiori alle attese e si rischiano multe fino a 16 miliardi di euro.

Sul tema è intervenuta l’organizzazione ambientalista Transport & Environment (TE), criticando questo approccio.

Nel suo scenario centrale di previsione sulle vendite, basato sull’andamento del mercato nella prima metà del 2024, sulle stime fornite da GlobalData e sui piani industriali dei produttori, la quota di mercato delle elettriche nell’Ue potrebbe raggiungere il 20-24% nel 2025.

Ora, come detto, siamo ben sotto il 15% e ciò alimenta i timori di non centrare il target sulle emissioni. Inoltre, molto dipende da quanto le case si affideranno ai modelli ibridi e ibridi plug-in, piuttosto che alle elettriche “pure”.

Cosa serve per ripartire

Per Andrea Boraschi, direttore di TE Italia, nel 2025 le auto elettriche “dovrebbero arrivare a rappresentare quasi un quarto delle auto nuove vendute nei mercati dell’Unione, grazie alla commercializzazione di una gamma di nuovi modelli più economici”.

Tuttavia, emerge che l’automotive europeo, per centrare i suoi obiettivi climatici, tende “a puntare sull’auto ibrida, ovvero su una tecnologia ben più emissiva dell’elettrico e con poche prospettive di miglioramento. È una strategia poco lungimirante per il clima e per la competizione con l’industria cinese”.

Secondo TE, bisogna fare di più per sostenere la domanda di veicoli elettrici, con politiche mirate alle flotte aziendali, misure per espandere le infrastrutture di ricarica, incentivi all’acquisto e programmi di leasing sociale, come sperimentato in Francia.

Richieste analoghe arrivano dall’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri).

Si ritiene urgente, evidenzia una nota del 19 settembre, che il Governo definisca quanto prima una strategia pluriennale per sostenere la transizione energetica del settore. Tra le priorità, si richiede “uno schema incentivi adeguato e una revisione della fiscalità sull’auto aziendale”, in particolare rivedendo la detraibilità dell’Iva e la deducibilità dei costi in funzione delle emissioni di CO2 e riducendo il periodo di ammortamento a tre anni.

È poi fondamentale, si osserva, rendere disponibili i fondi residui degli incentivi auto 2024 per rifinanziare le dotazioni esaurite della fascia 0-20 g/km di CO2, in cui rientrano le auto elettriche.

Altra richiesta è eliminare il price cap per la fascia 0-20 g/km (pari a 42.700 €, Iva inclusa), o la sua equiparazione alla fascia 21-60 g/km (54.900 €), per garantire un sistema di incentivi più equo ed efficace.

Ricordiamo, infatti, che l’Ecobonus auto dedicato alle elettriche si è polverizzato in poche ore a giugno, lasciando capire che la domanda di veicoli a zero emissioni è forte, ma occorre stabilizzare gli incentivi per sostenere il mercato su un periodo più lungo.

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