Sul 95% dei tetti di Roma si può installare il fotovoltaico senza autorizzazioni

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Il punto sulla semplificazione delle procedure nella capitale: un vademecum di Italia Solare per orientarsi tra la normativa.

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Il fotovoltaico sui tetti si può fare, perfino in una città ricca di bellezze artistiche e culturali come Roma.

La semplificazione normativa oggi permette di realizzare impianti fotovoltaici sui tetti delle abitazioni senza alcun iter autorizzativo perché considerati interventi di manutenzione ordinaria e, pertanto, non subordinati all’acquisizione di alcun atto di assenso. A Roma, queste condizioni riguardano circa il 95% del territorio comunale.

Rimangono, invece, in vigore i criteri di tutela e integrazione dei pannelli solari stabiliti dal piano regolatore per gli edifici e le aree ricomprese nella Carta della Qualità, cioè il centro storico, per i quali è necessario ottenere l’assenso.

Lo spiega bene il documento “Solare sui tetti di Roma. Il punto sulla semplificazione delle procedure”, nato per aiutare coloro che vogliono installare impianti fotovoltaici sui tetti della capitale e devono districarsi tra burocrazia e normativa.

Il vademecum, curato da Italia Solare, è stato presentato questa mattina dall’associazione in un convegno in collaborazione con Roma Capitale e con il patrocinio di Città Metropolitana di Roma Capitale.

Durante l’incontro, l’assessore all’Urbanistica di Roma Capitale, Maurizio Veloccia, ha ricordato le ultime iniziative pro-FV prese dalla giunta capitolina, come la delibera approvata a dicembre 2022 “per la diffusione degli impianti solari, la promozione di comunità energetiche e gruppi di autoconsumo, la semplificazione delle procedure di installazione, il supporto a famiglie, associazioni, imprese”.

Tornando al documento di Italia Solare, si chiarisce il ruolo dello strumento urbanistico, che può, ove giustificato, imporre specifiche tecniche o limitazioni a tutela di interessi che siano ritenuti prevalenti, come quello alla sicurezza.

Questo aspetto, tuttavia, non gode di una discrezionalità assoluta rispetto a opere o tipologia di interventi; inoltre le previsioni dei trattati internazionali devono essere considerate prevalenti (come nel caso di siti Unesco) anche rispetto alle disposizioni di legge nazionale.

Per i pochi casi in cui serve l’autorizzazione paesaggistica non deve essere applicata la disciplina regionale o comunale, ma la disciplina nazionale regolatoria, con una procedura speciale semplificata di silenzio-assenso.

Infine, per i beni di interesse culturale, appartenenti a soggetti privati senza scopo di lucro o a soggetti pubblici, se la verifica esclude l’interesse culturale, è possibile procedere in edilizia libera, altrimenti è necessario richiedere il nullaosta dell’amministrazione competente (Soprintendenza) e, successivamente, è possibile procedere in edilizia libera.

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