IEA: per ridurre le emissioni dovremo cambiare le nostre città

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L’agenzia nel suo ultimo rapporto evidenzia che lo sviluppo urbano sostenibile è indispensabile per raggiungere gli obiettivi sanciti dalla Cop21. Elettrificazione dei trasporti ed efficienza, ecco la ricetta. Bene eolico e fotovoltaico, ma tante altre tecnologie non stanno facendo sufficienti progressi.

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Le città sono al centro della transizione energetica. Secondo la IEA (International Energy Agency), infatti, i grandi centri urbani avranno un ruolo fondamentale per determinare il successo o il fallimento delle misure salva clima in tutto il mondo.

Il messaggio arriva dall’Energy Technology Perspectives 2016, il nuovo rapporto (in allegato in basso) sull’evoluzione delle tecnologie che possono contribuire a limitare il surriscaldamento globale entro i due gradi centigradi. In linea, quindi, con l’obiettivo fissato alla Cop21 parigina lo scorso dicembre.

Le aree metropolitane, evidenzia la IEA, sono già responsabili di una fetta considerevole dell’inquinamento complessivo: ospitano circa metà della popolazione mondiale ed emettono circa il 70% della CO2 correlata all’utilizzo dell’energia.

Un quadro destinato a peggiorare con l’esplosione urbanistica nei Paesi in via di sviluppo. Secondo lo studio, almeno il 66% dell’incremento dei consumi energetici finali al 2050 si concentrerà nelle città.

Le città del futuro

Nei prossimi trent’anni, ha dichiarato il numero uno della IEA, Fatih Birol, le metropoli delle economie emergenti vedranno sorgere edifici a un ritmo impressionante: le nuove costruzioni saranno pari al 40% dello stock edilizio esistente su scala mondiale.

In parallelo cresceranno in modo sensibile gli spostamenti urbani: il problema è che se le attuali politiche resteranno tali, le città del futuro emetteranno il doppio della CO2 rispetto a oggi.

La buona notizia è che c’è spazio di manovra per evitare che le nascenti zone urbane si trasformino in mostri inquinanti, congestionati di traffico e poco vivibili. L’obiettivo qui è non ripetere gli errori commessi in molte realtà dei Paesi avanzati, in cui le infrastrutture sono “pesanti” (cioè la loro intensità di carbonio è molto elevata) e i servizi energetici poco efficienti.

Il ruolo dell’auto elettrica   

Da un lato, quindi, occorre intervenire sugli immobili per ridurre il loro fabbisogno energetico e aumentare la produzione di elettricità e calore con fonti rinnovabili. Ad esempio, sostiene la IEA, entro il 2050, il solare su tetto potrebbe tecnicamente soddisfare circa un terzo della domanda elettrica delle città.

Dall’altro lato, bisogna puntare sulla mobilità a zero emissioni grazie soprattutto all’elettrificazione dei mezzi pubblici (tram, autobus, metropolitane) e dei veicoli privati. La IEA ha appena pubblicato un rapporto (in allegato in basso) dedicato alle vetture alimentate esclusivamente dalle batterie.

Nel 2015 è stata superata la prima soglia “psicologica” di una certa rilevanza, quella del milione di auto elettriche in circolazione, ma la strada da percorrere è ancora tanta, perché il traguardo indicato dall’agenzia è di un miliardo nel 2050. Per il momento, la quota di questi veicoli sul mercato automobilistico è superiore all’1% solo in sette Paesi. Stati Uniti e Cina sono leader delle vendite totali, mentre la Norvegia vanta il maggior numero di auto elettriche immatricolate rispetto a quelle complessivamente vendute, quasi una su quattro.

Progresso troppo lento

Proprio la mobilità a zero emissioni è uno dei pochi comparti che ha meritato il semaforo verde della IEA (vedi grafico sotto). Energy Technology Perspectives va oltre le città e cerca di monitorare lo stato di tutti i settori coinvolti nella transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili.

Allora qual è il progresso verso l’obiettivo dei due gradi centigradi? Secondo la IEA, la diffusione delle tecnologie pulite, nel suo complesso, è ancora troppo lenta e circoscritta.

Ci sono dei segnali positivi, come il boom di eolico e fotovoltaico che sta sostenendo la crescita della potenza installata in tutte le rinnovabili, oltre 150 GW di capacità aggiuntiva nel solo 2015. Eppure ci sono parecchi settori che per la IEA sono da semaforo arancione, perché gli investimenti sono limitati e permangono barriere di vario tipo (amministrative, finanziarie, mancanza di incentivi eccetera). Stiamo parlando, ad esempio, dei sistemi di accumulo elettrico, di alcune fonti pulite come l’eolico offshore e le centrali mareomotrici, dell’efficienza energetica nei trasporti e nell’industria.

Un mix in parte controverso

Poi ci sono i bollini rossi, assegnati a quelle tecnologie ritenute non al passo con lo sviluppo richiesto: qui troviamo, accanto all’efficienza negli edifici residenziali (ecco spiegato l’accento posto dalla IEA sulle città e sulla necessità di una rigenerazione urbana), anche alcune tecnologie molto controverse. I biocarburanti, ad esempio, la cui reale “sostenibilità” continua a essere messa in discussione da vari gruppi ambientalisti, perché il suo impatto, in termini di CO2 emessa nel ciclo di vita, sarebbe addirittura superiore a quello di benzina e gasolio.

Il biofuel rimane però un ingrediente essenziale nello scenario elaborato dalla IEA (vedi grafico sopra): l’agenzia ha sempre sostenuto che per abbattere le emissioni inquinanti serve un mix di soluzioni. Il peso di rinnovabili ed efficienza energetica sarà consistente: insieme contribuiranno al 60% circa della riduzione delle emissioni al 2050, ma da sole non basteranno, spiega la IEA. Il mix dovrà comprendere i combustibili di origine vegetale, la cattura della CO2 con sistemi CCS (carbon capture and storage), i reattori nucleari e il miglioramento delle centrali a carbone, da costruire/rinnovare con le migliori tecnologie disponibili.

Insomma, bene la diagnosi, ma sulle ricette ci sarebbe qualcosa da rivedere.

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