UE 2030: più lavoro e meno gas russo con 30% rinnovabili e obiettivo su efficienza

Con un obiettivo rinnovabili 2030 del 30% si ridurrebbe la dipendenza dell'UE dalle importazioni di gas del 26% e si creerebbero mezzo milione di posti di lavoro in più rispetto ad un obiettivo più modesto. Con target su efficienza energetica risparmi fino a 2mila miliardi euro tra 2020 e 2030. Gli appelli per un virtuoso pacchetto Clima-Energia 2030 alla vigilia del Consiglio europeo.

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Un obiettivo al 2030 per le rinnovabili del 30% ridurrebbe la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas di quasi tre volte rispetto al 27% proposto dalla Commissione e avere un target vincolante anche sull’efficienza energetica creerebbe grandi opportunità di risparmio e di occupazione. Alla vigilia del Consiglio europeo di domani e dopodomani, si moltiplicano argomentati appelli affinché l’Unione adotti obiettivi adeguati nel pacchetto Clima-Energia 2030. Mentre dal nostro nuovo ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, arrivano parole decisamente tiepide riguardo agli impegni europei su clima ed energia.

A far notare l’effetto positivo sulla sicurezza energetica di un obiettivo più alto sulle fonti pulite è EWEA, l’associazione europea dell’eolico, mentre a chiedere un obiettivo vincolante sull’efficienza energetica è EU-Ase, l’alleanza europea per il risparmio energetico, della quale fanno parte associazioni come Kyoto Club ed European Climate Foundation e grandi aziende come GE, Philips, Rockwool e molte altre.

Con l’obiettivo sulle rinnovabili proposto dalla Commissione, il 27% del fabbisogno energetico, fa notare EWEA in una lettera (allegato in basso), l’import di gas calerebbe del 9%. Adottando il più ambizioso obiettivo del 30%, sostenuto dal Parlamento Europeo, la dipendenza dal gas estero calerebbe invece del 26%. Un argomento da considerare con attenzione, viste le incognite sul futuro dei rifornimenti europei di gas che la crisi Ucraina sta aprendo, e al quale l’associazione dell’eolico aggiunge quello dell’impatto positivo sull’occupazione: puntando al 30%, sottolinea, si creerebbero 568.000 nuovi posti di lavoro in più rispetto ad un target del 27%.

La lettera ai vertici dell’Unione europea di EU-Ase (allegato in basso), nel chiedere un obiettivo vincolante anche per l’efficienza energetica, spiega invece che l’Europa potrebbe risparmiare tra i 1.000 e i 2.000 miliardi di euro tra il 2020 e il 2030 semplicemente sfruttando le esistenti opportunità offerte dal risparmio energetico. Beneficio al quale andrebbero aggiunte la creazione di migliaia di posti di lavoro, la riduzione della dipendenza energetica dall’estero e lo sviluppo dell’industria manifatturiera interna.

D’altra parte, anche sui report pubblicati dalla stessa Commissione Europea si sostiene che l’efficienza energetica potrebbe portare alla UE una crescita supplementare di 59 miliardi di euro all’anno entro il 2035, ricordano Kyoto Club e altri 31 firmatari in un appello al premier italiano Renzi affinché chieda al Consiglio Europeo un obiettivo vincolante per l’efficienza energetica.

Altra presa di posizione di questi giorni sugli obiettivi 2030 è quella del Consiglio dei regolatori energetici europei (Ceer), che sottolinea l’importanza di avere target vincolanti definiti a livello nazionale per le rinnovabili (mentre la proposta della Commissione prevede un unico obiettivo a livello comunitario). L’assenza di target nazionali e settoriali per le rinnovabili – si fa notare in un position paper (allegato in basso) – potrebbe accrescere le incertezze sulla quota di rinnovabili elettriche che dovranno essere gestite dal sistema, con relative ricadute e oneri sulla regolazione e sulla pianificazione della rete. I regolatori poi si preoccupano per l’impatto che gli obiettivi 2030 possono avere sulle bollette: la stessa valutazione di impatto che accompagna la strategia della Commissione indica un aumento dell’1,9% dei prezzi medi dell’elettricità e del 2,7% dei costi di manutenzione e investimento delle reti elettriche. E’ perciò “di fondamentale importanza – si raccomanda – che gli investimenti necessari al raggiungimento degli obiettivi siano reperiti sulla base di criteri di necessità, proporzionalità e costi/efficacia, in modo da evitare il trasferimento di costi eccessivi sui consumatori“.

Di pacchetto 2030 hanno parlato anche i presidenti delle Confindustrie di Italia e Germania (Bdi), Giorgio Squinzi e Ulrich Grillo, nell’ambito del recente vertice italo-tedesco. Il loro appello è volto a frenare l’impegno sul clima, in nome di un’idea di “competitività industriale” centrata sul costo dell’energia. Il pacchetto, osservano “non contiene ancora obiettivi chiari e misurabili sui prezzi dell’energia e sulla competitività” e, secondo le due associazioni, “dovrebbe essere basato su un singolo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra” che sia “proporzionato all’esito dei negoziati della Conferenza sul Clima di Parigi del 2015″.

Più vicine alle posizioni di Confindustria che a quelle del mondo della green economy come anticipavamo le parole del ministro Federica Guidi: in un’intervista al Sole 24 Ore pubblicata oggi si dice d’accordo di riduzione della CO2 del 40% anche se “sarebbe stato meglio contenenerlo” e “l’Europa non può procedere con un’assunzione di responsabilità unilaterale” mentre sul target del 27% rinnovabili afferma che “ad ogni Paese deve essere consentito raggiungere il target in autonomia rispetto alle scelte tecnologiche”. Dichiarazioni sconfortanti per chi sperava in una posizione lungimirante e decisa del nostro Paese nel Consiglio Ue di domani.

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