La Cgil in bilico sulle fonti fossili

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Il maggiore sindacato italiano discute di energia. Ma non c'è nessun rappresentante del mondo delle rinnovabili. Presente invece Chicco Testa, presidente Assoelettrica: un altro tentativo 'campagna acquisti' per la difesa dei cicli combinati? Doveva essere un copione già scritto pro fossili, ma non sono mancate le sorprese. La posizione del sindacato rimane comunque interlocutoria.

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Un appuntamento importante, ma a quasi a senso unico, quello che si è svolto ieri a Roma nella storica sede della CGIL a Corso d’Italia. Un senso unico ‘fossile’ a giudicare dagli inviti alla conferenza pubblica Quale modello energetico per l’Italia e per l’Europache avrebbe dovuto affrontare “la produzione termoelettrica nella fase di transizione dal carbonio: prospettive per impianti, l’occupazione, il sistema industriale”. Oltre agli esponenti delle varie strutture della Cgil, infatti, sono intervenuti, il Presidente di Assoelettrica Chicco Testa, Giuseppe Girardi che a Enea si occupa di “Combustibili fossili sostenibili” e avrebbe dovuto esserci, ma non si è presentato, il Sottosegretario del Ministero Sviluppo Economico Claudio De Vincenti. Insomma uno schieramento abbastanza compatto pro fossili, senza alcun rappresentante delle rinnovabili, con un sindacato che si è presentato, per così dire, in bilico. E usiamo questa definizione perchè il filo tra gli interventi del sindacato è stato quello della problematicità.

«Il gap relativo all’energia è uno degli elementi che rende l’Italia un paese meno competitivo. – ha esordito Emilio Miceli, segretario generale della Filctem Cgil (Federazione Italiana Lavoratori Chimica Tessile Energia Manifatture) – Se da un lato lo sviluppo delle rinnovabili è un’enorme occasione, dall’altro dobbiamo prendere atto del fatto che la natura non le rende sempre disponibili e questo è un grosso limite. In base a ciò il nostro paese deve trovare un punto d’equilibrio». Punto d’equilibrio del quale si sente la necessità, ma del quale non si intravede la soluzione a giudicare dagli interventi del sindacato, in molti dei quali si è vista solo una fotografia dell’esistente, senza nette prese di posizione circa una politica industriale. Per Miceli, infatti, è necessario gestire la transazione per uscire dal fossile, con una posizione comune dell’Europa sull’atomo, difendendo i posti di lavoro e rafforzando la competitività delle imprese.

Ancora più problematica la posizione di Antonio Filippi, responsabile per l’energia della Cgil nazionale, che ha ripreso la questione dei posti di lavoro a rischio nel processo di transizione che «va accompagnato anche e soprattutto dal punto di vista sociale, magari con l’introduzione di una clausola per gestire le criticità occupazionali in vista di un cambiamento del paradigma energetico».

Interessante anche la posizione più generale di Filippi che ha ricordano quella della Cgil sul nucleare e «ora sostiene l’uscita dai combustibili fossili che deve essere fatta con attenzione e senza radicalismi. Pena le ricadute su tutti i lavoratori», e ancora «abbiamo incoraggiato le fonti rinnovabili e il settore è cresciuto e ha generato posti di lavoro, ma non si è riusciti a svilupparlo anche per colpa di imprenditori che hanno aspettato la favola del nucleare». Secondo Filippi la transizione dal carbonio non sarà per niente breve e per farla si dovrà utilizzare il gas naturale».

Dito puntato alle politiche dei passati governi da parte di Giacomo Berni, segretario nazionale della Filctem Cgil che ha ammesso il fatto che sul ciclo combinato i 25 miliardi spesi negli ultimi dieci anni siano stati investimenti con una buona dose d’errore, visto che «il costo dell’energia è aumentato ed è sostenuto da famiglie e imprese». In realtà anche se il prezzo medio dell’elettricità in Italia è ancora tra i più alti d’Europa, il divario si è assottigliato non poco nei primi mesi del 2013, arrivando a 61,47 euro per MWh contro quello della Gran Bretagna, per esempio, è stato nello stesso periodo di 59,21 euro per MWh.

«Sono deluso dalla relazione di Filippi e non capisco quali siano le priorità della Cgil», ha esordito il presidente di Assoelettrica Chicco Testa, per il quale evidentemente la difesa delle fonti fossili da parte degli esponenti sindacali è stata troppo “tiepida”, rispetto alle aspettative. «Non si capisce cosa voglia fare il sindacato sul fronte della competitività delle aziende e bisogna considerare che dal 2005 si sono fatti degli errori enormi. – ha esordito Testa – Mancano all’appello 100 TWh sul fronte dei consumi (e forse del fatturato delle utilities elettriche, N.d.R) e siamo tornati a quelli del 2001». Dopo di che Testa è tornato al suo cavallo di battaglia, quello dell’attacco agli incentivi del fotovoltaico affermando che «le bollette oggi servono a remunerare gli investitori stranieri», mentre ne ha avute anche per quanto riguarda i green jobs che «non sono stati sviluppati poichè non si è costituita una filiera e i pochi lavori che ci sono non sono qualificati, come i giardinieri e gli addetti che lavano i pannelli fotovoltaici».

Francamente in un consesso sindacale non ci saremmo aspettati una simile caduta di stile. Ma tant’è. Del resto che il nervosismo di Assoelettrica sia palpabile lo dicono i dati dai quali si desume un calo costante di produzione termoelettrica che dal 2006 a oggi è passata da 261,1 a 191 TWh, secondo i dati diffusi dalla Cgil. Per non dire delle ore di funzionamento a massima potenza dei cicli combinati per i quali, sempre secondo il sindacato, sono previste nel 2013 a 2.000 ore contro le 4.500 del 2008. E ciliegina sulla torta è arrivata con le trivellazioni. «Anche se le risorse sono poche, usiamole», ha concluso Testa.

Insomma, se quello di ieri doveva essere un altro atto della “campagna acquisti” di Assoelettrica per la difesa dei cicli combinati attraverso una delegittimazione delle rinnovabili, sul fronte della priorità di dispacciamento, della revisione retroattiva degli incentivi, con l’introduzione del capacity payment, bisogna dire che l’operazione è riuscita a metà. L’intervento, non ascoltato da Testa, di Simona Fabiani responsabile del dipartimento Ambiente della Cgil nazionale, infatti, è stato centrato sulla sostenibilità come chiave di volta per lottare contro la povertà e sul fatto che «le centrali più vecchie devono essere dismesse, siamo già in sovrapproduzione energetica e quindi non ha nessuna logica pensare a nuovi impianti altamente inquinanti».

Alla fine della riunione, a microfoni spenti, la platea rappresentata dagli esponenti sindacali era divisa tra chi sosteneva le esigenze e le richieste dei fossili e chi, al contrario punta sulle energie rinnovabili. Il dibattito è aperto, resta da vedere quale sarà la posizione prevalente da parte della Cgil sulla questione. L’impressione è che se si dovesse andare verso le fonti fossili alcune categorie potrebbero non allinearsi. Vedremo in autunno.

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