Le ragioni dietro ai decreti che frenano le rinnovabili

  • 18 Maggio 2012

Una valutazione degli analisti di eLeMeNS sulle prospettive delle rinnovabili elettriche alla luce dei cambiamenti degli incentivi e dei limiti imposti al mercato dalla bozza dei decreti sulle rinnovabili elettriche e sul fotovoltaico. Il taglio degli incentivi avrà comunque un effetto ridotto sul contenimento dei costi di incentivazione in bolletta.

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Con il Decreto Ministeriale attuativo del Dlgs. 28/2011 e il Quinto Conto energia, saranno finalmente definite le regole del gioco per le fonti rinnovabili elettriche in Italia per gli anni che ci separano dall’orizzonte temporale del Piano d’Azione Nazionale per le energie rinnovabili, ovvero l’anno 2020.

La lettura delle bozze dei decreti suggerisce che la particolare attenzione rivolta al taglio delle risorse destinate alle fonti rinnovabili, che in linea teorica dovrebbero essere più aderenti alla decrescente curva di costo delle tecnologie, non sia stata accompagnata da efficaci meccanismi premianti orientati allo sviluppo della filiera. Per quanto riguarda le fonti diverse dal fotovoltaico, all’interno del decreto non appare nessuna significativa novità rispetto al passato: premi per biomasse a filiera corta e per l’uso di scarti di lavorazione e un bonus per determinati impianti geotermici particolarmente innovativi (con reiniezione del fluido). Certamente si tratta di aspetti positivi, ma probabilmente non sufficienti per affermare che da essi partirà la nascita di una filiera nazionale.

Viceversa, per quanto riguarda la diminuzione degli incentivi per stimolare competizione, innovazione ed efficienza di processo, la sterzata del Governo è chiarissima. Per effetto del nuovo decreto diminuiranno sensibilmente i ricavi per quasi tutte le fonti rinnovabili (pure a fronte di un aumento della durata del periodo di incentivazione): si va da un 10-15% in meno per l’eolico di grande taglia e l’idroelettrico, sino al 20% di taglio per le biomasse solide, per arrivare infine a una riduzione che supera il 35% nel caso del biogas (vedi tabella: Variazione di remunerazione per fonte e taglia di potenza tra remunerazione attuale e post Decreto Ministeriale. N.B.: si tratta di valori normalizzati sulla durata dei nuovi incentivi).

In considerazione delle caratteristiche specifiche delle curve di apprendimento residuo delle diverse tecnologie, in futuro alcune fonti saranno in grado di mantenere soddisfacenti tassi di sviluppo mentre altre vivranno momenti critici. La maggior sofferenza sarà avvertita con ogni probabilità proprio dal comparto bioenergie: sia biomasse che biogas, visto il sostanzioso taglio dell’incentivi e i limitati margini di riduzione del costo della tecnologia, per mantenersi su livelli di redditività accettabili (per quanto distanti da quelli della stagione 2010-2012) dovranno rivisitare buona parte del loro processo di sviluppo e del modello di business, prestando molta più attenzione a quel vettore termico sinora colpevolmente trascurato.

C’è poi un ulteriore aspetto del Decreto da non ignorare: la riduzione del perimetro di incentivazione. A partire dal 2013 l’accesso all’incentivazione non sarà più libero, ma sottoposto a uno sbarramento all’accesso creato dai nuovi meccanismi dei registri e delle aste.

I nuovi impianti che potranno essere incentivati saranno molti meno che in passato: prendendo in considerazione il solo decreto elettrico, nel triennio 2013-2015 saranno concessi incentivi al massimo a 3.145 MW di nuovi impianti, contro i 5.175 MW incentivati nel triennio 2009-2011 (riduzione del 40%). Ancora più rilevante la diminuzione del perimetro di incentivazione se si aggiunge al conto anche il fotovoltaico, anch’esso contingentato: il prossimo triennio vedrà ridursi lo spazio per l’incentivazione a nuovi impianti del 65%.

Se si pensa che queste misure siano orientate a un forte contenimento dei costi di incentivazione, a un’attenta analisi si scopre che il semplice taglio degli incentivi porterà a un contenimento relativamente ridotto degli oneri A3. Rispetto all’applicazione dei valori vigenti fino al 2012 (scenario BAU, Business As Usual), le nuove tariffe (scenario post Decreto Ministeriale) garantiranno una diminuzione del costo complessivo dei sistemi di incentivazione al 2020 di poco superiore al 10%.

Perché quindi unire al meccanismo di prezzo (tariffa incentivante) una salvaguardia di quantità (forte contingentamento alla potenza incentivabile)? Per capirne le ragioni forse può valere la pena spostare l’osservazione da “ciò che si vede” – gli obiettivi espliciti del legislatore – su “ciò che non si vede”, vale a dire gli effetti sul sistema della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Nei primi quattro mesi del 2012, si è avvertito il netto abbassamento del Prezzo Unico Nazionale (PUN) in maniera proporzionale alla penetrazione del mercato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili: secondo elaborazioni eLeMeNS per ogni punto percentuale di maggiore penetrazione, il PUN si è mediamente ridotto di 1,66 €/MWh.

Ciò è principalmente dovuto al fotovoltaico, dal momento che nelle ore centrali della giornata la produzione di energia elettrica da fonte solare esercita il peak shaving schiacciando la domanda contendibile dalla produzione termoelettrica, già ridotta dalla recessione economica.

Questo effetto, finora sconosciuto in Italia, non rappresenta solo un momento di assestamento del mercato elettrico, ma può essere visto anche come chiave di lettura del contenimento all’installazione di nuova potenza rinnovabile a salvaguardia delle fondamenta termoelettriche del parco di generazione nazionale, nella prospettiva di un miglioramento della situazione economica e di una ripresa della domanda.

Intanto, nel breve periodo, vedremo gli effetti della nuova regolamentazione degli sbilanciamenti delle fonti rinnovabili. Questa riforma, spesso archiviata come semplice trasferimento dei costi di dispacciamento per la non programmabilità di eolico e fotovoltaico dai consumatori ai produttori, produrrà effetti rilevanti sui mercati elettrici. Considerata l’attuale scarsa aderenza tra previsione e immissione di energia rinnovabile a livello aggregato, gli effetti “di mercato” della produzione non programmabile sono diversi da quelli fisici e “di sistema”.

È comunque chiaro che le regole del mercato elettrico subiranno un processo di revisione orientato a includere sempre maggiormente la produzione rinnovabile attraverso meccanismi competitivi e l’avvicinamento del momento di formazione del prezzo di mercato alla consegna fisica dell’energia.

Saremo in grado di intraprendere il prima possibile questo percorso? E questo come si inserisce in un contesto che vede il bisogno di un riassetto infrastrutturale, un mercato sempre più integrato a livello europeo, e un mix produttivo in continua evoluzione?

A supporto di queste prime analisi riportiamo le presentazione eLeMeNS al convegno “Decreto elettrico e Conto energia: il futuro non è più quello di una volta” tenutosi lo scorso 15 maggio e nel corso del quale è stato presentato lo Studio “Decreto rinnovabili elettriche: lettura commentata e analisi di scenario” di prossima pubblicazione.

(Analisi realizzata per Qualenergia.it dalla società di consulenza eLeMeNS)

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