Strategie di sopravvivenza nel fotovoltaico italiano

Nonostante il boom di installazioni del 2011, l'industria italiana del fotovoltaico è in un momento delicato: prezzi troppo stracciati e ridotto accesso al credito. Per sopravvivere occorre stabilità per programmare e puntare sull'innovazione tecnologica. Qualenergia.it ne parla con Matteo Demofonti di Convert Italia.

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Il mercato del fotovoltaico italiano sta passando un periodo complesso: da una parte un boom delle installazioni nel 2011, dall’altra una situazione economica che sta mettendo in difficoltà molte aziende. Quali sono le prospettive e che strategie adottano le aziende italiane per affrontare questa fase? Continuiamo il nostro giro di interviste con gli esperti del settore parlandone con Matteo Demofonti, business development and marketing manager di Convert Italia, azienda attiva nel campo dell’efficienza e delle rinnovabili che nel fotovoltaico è sia produttore di componenti che realizzatrice di parchi e impianti.

Demofonti, come vede questa fase del mercato italiano del fotovoltaico?

L’impressione generale è che a fronte di un grosso boom delle installazioni, nelle aziende c’è stata una frenata dal punto di vista della programmazione. Si sono distribuiti uniformemente gli investimenti per il nuovo installato ma non per nuovo personale, nuove strutture, ecc. Anzi, da questo punto di vista c’è stata una forte contrazione. Il 2011 non è stato il canto del cigno del fotovoltaico, ma c’è andato vicino.

Quali sono le parti della filiera colpite più duramente?

Come Convert, essendo sia  EPC contractor (realizzatori di impianti per conto terzi, ndr) che fornitori di componenti siamo a contatto con fornitori, con i clienti finali e con il mondo bancario e per tutti e tre questi soggetti ci sono stati rallentamenti. Le banche sono molto più attente nel concedere finanziamenti ed entrano più nel merito della solidità dell’investimento. In questa situazione di scarsità di liquidità ad essere colpiti di più sono stati i fornitori di componenti: inverter, moduli, ad esempio. Non si è seguito il trend normale di riduzione dei costi: solitamente al raddoppio dell’installato si hanno riduzioni di circa il 10% per i moduli e il 20% per gli inverter, invece il mercato è stato scombussolato da riduzioni ancora più marcate dei prezzi. I primi ad andare in crisi sono stati quelli che hanno puntato su iniziative spot di grandi dimensioni, nel momento in cui queste sono andate a cadere. Anche perché la competizione in questa fase si è giocata molto più sul prezzo che sulla qualità. E questo è un problema, perché si sta arrivando a vendere sottocosto: si veda il dumping dei prodotti cinesi, sostenuti dagli incentivi statali, denunciato negli Usa da Solarworld (per approfondire si vedano nostri articoli passati, ndr).

In questo contesto quali sono le strategie vincenti di sopravvivenza aziendale?

Le società che sono riuscite a mantenere la barra dritta per quanto riguarda programmazione e giusta crescita possono affrontare questa fase con meno ansia. Noi ad esempio abbiamo sempre puntato molto sulla componente tecnologica, una scelta che paga sul lungo termine. Ad esempio il nostro inseguitore monoassiale, quando è nato anni fa, è stato difficile da proporre. Abbiamo realizzato il primo impianto, 800 kW nel 2007, tenendolo di nostra proprietà, ma è stato proprio questo il prodotto trainante per Convert nel fotovoltaico. Stessa cosa per il fotovoltaico a concentrazione: investimenti in ricerca e sviluppo i cui frutti vengono raccolti ora.

A dire il vero il mercato italiano del fotovoltaico a concentrazione (CPV) non sembra ancora essere partito, l’installato è ancora prossimo allo zero. Che prospettive vede nel nostro paese per questo segmento?

Noi ora stiamo per realizzare i primi impianti su scala utility: uno da 2 MW e due da 1 MW con tecnologia a bassa concentrazione MX1 CPV,  tutti in Puglia. Abbiamo scelto la tecnologia a bassa concentrazione perché  più adatta per buona parte dell’Italia; mentre quella ad alta concentrazione è indicata solo in zone con elevata irradiazione diretta, come Sicilia o sud della Puglia. Il mercato del fotovoltaico a concentrazione in Italia è partito solo nel momento in cui si è spostata l’attenzione finanziaria. Siamo arrivati poco pronti perché nel paese non c’è questa anima di sviluppo della componentistica specifica, anche perché il CPV è un settore di nicchia anche a livello globale. I ritardi nello sviluppo di un mercato in Italia poi sono dovuti anche al problema burocratico: le autorizzazioni.

C’è anche un problema più grande di accesso al credito per una tecnologia relativamente giovane e complessa come il CPV rispetto al fotovoltaico convenzionale?

Ci si è lavorato perché non si può puntare su una nuova tecnologia senza una bancabilità acquisita, soprattutto proponendola come EPC contractor. Abbiamo investito in diverse indagini e relazioni di società terze, in preparazione dell’offerta commerciale. Ora questi impianti sono bancati. Anche perché il vantaggio economico che il quarto conto energia ha dato al fotovoltaico a concentrazione è sfacciato.

Torniamo al fotovoltaico in generale. In un’ottica di una possibile riforma degli incentivi, nella sua opinione cosa servirebbe per garantire al settore la sopravvivenza e uno sviluppo sano?

Qui bisogna capire se si vuole fare una riforma globale delle rinnovabili e se si vuole fare questa scommessa di dare una forte accelerazione a questo settore che sta dando un importante ritorno economico anche dal punto di vista statale. Anche oggi (il 12 gennaio, si veda qui, ndr) sulla stampa troviamo l’ultimo attacco alle rinnovabili: si parla sempre dell’aspetto dei costi senza mai ragionare sul ritorno, sui benefici. Detto questo, le rassicurazioni del nuovo Governo sono legate a una stabilità per quel che riguarda il fotovoltaico, i cui incentivi sono stati da poco rimodulati. La proposta di mantenerli mi sembra legittima: se non diamo stabilità al mercato non ci sarà mai il vero salto di qualità e le aziende non possono fare programmazione e sviluppo. Il danno in quanto a credibilità del sistema paese e investimenti saltati ormai è già stato fatto con le vicende dell’anno scorso (decreto Romani e abrogazione anticipata del terzo conto energia, ndr). Ora serve stabilità. Bisognerebbe lavorare sulla semplificazione amministrativa. Tre devono essere le parole d’ordine: stabilità, semplificazione e sviluppo.

English version of this article

Qui sopra, foto di installazione Convert Italia su capannone a Sermoneta (LT).

 

Qui trovate le interviste precedenti nel nostro giro di opinioni: con Paolo Rocco Viscontini, amministratore delegato di Enerpoint,  con Francesco Salomone di Elettro Sannio, con Valerio Natalizia, Presidente del GIFI, con Filippo Levati presidente del Comitato IFI e con Gianni Chianetta, presidente di Assosolare.

Qui la raccolta di tutti gli articoli di Qualenergia.it sul quarto conto energia, sono divisi in due sezioni: normativa e analisi.

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