Sempre più soldi pubblici alle fonti sporche

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Nel 2010 alle fonti fossili sono arrivati aiuti pubblici per 409 miliardi di dollari, quasi 100 in più dell'anno precedente. I sussidi sono in crescita: al 2020 potrebbero toccare i 660 miliardi. Tagliarli è necessario per il clima e le finanze pubbliche, avvertono OCSE e IEA. E In Italia? Spesi 95 milioni di euro per finanziare il trasporto su gomma.

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Quando si parla di aiuti pubblici al settore dell’energia si pensa spesso ai sussidi alle fonti rinnovabili, ancora indispensabili per far diventare competitive tecnologie relativamente giovani. Il più delle volte ci si dimentica invece dell’enorme quantità di denaro che va a incentivare petrolio, gas e carbone, fonti energetiche tutt’altro che immature e che scaricano le loro esternalità negative – effetti climalteranti in primis – sulla collettività. Nel 2010 le fonti fossili sono state sostenute con 409 miliardi di dollari di denaro pubblico, dicono gli ultimi dati dell’International Energy Agency (IEA).

Tagliare questi aiuti alle fonti sporche, specie in questo periodo di crisi, sembrerebbe una buona idea per risanare economia e finanza pubblica, accelerando nel contempo la transizione verso un’economia più sostenibile. I paesi del G20 si erano impegnati a farlo (nel 2009 a Pittsburg) e qualche piccolo risultato c’è stato, ma i sussidi a petrolio, gas e carbone continuano a crescere: nel 2009 sono stati 312 i miliardi di dollari pubblici stanziati a sostegno delle fonti fossili, nel 2010 la somma è salita a 409, entro il 2020, se non si intraprendono azioni più decise, la stima IEA è che si arrivi a 660 miliardi all’anno, lo 0,7% del Pil mondiale.

L’ultima denuncia di questo ‘fardello’ è arrivata in questi giorni con la presentazione del rapporto Inventory of Estimated Budgetary Support and Tax Expenditures For Fossil Fuels dell’OCSE (OECD, vedi allegato) e dell’anticipazione di alcuni dati IEA che saranno pubblicati nel prossimo World Energy Outlook, in uscita a novembre.

“La ripresa dalla peggior crisi economica delle nostre vite è ancora fragile – ha spiegato nel presentare il rapporto Angel Gurría, segretario generale OCSE – nel contempo, lo spazio per manovre economiche resta limitato, specie nelle economie più avanzate. Nel contesto degli sforzi di consolidamento fiscale, una spesa pubblica oculata è fondamentale. Ci sono poche idee efficaci. E una di queste è la riforma dei sussidi alle fonti fossili. Questo contribuirebbe a far raggiungere obiettivi economici e fiscali affrontando nel contempo anche problemi chiave come i cambiamenti climatici.”

Le nuove analisi dell’OCSE sui dati IEA mostrano, infatti, che solamente tagliando gli aiuti alle fonti fossili si ridurrebbero le emissioni del 6% al 2050 rispetto a uno scenario business as usual e inoltre si ridurrebbe la domanda di energia del 4%, rendendo l’economia più efficiente. Dei 409 miliardi spesi nel 2010 per aiutare le fonti fossili – mostrano i dati IEA – la fetta più grande, 193 miliardi, è andata ai prodotti petroliferi. Solo l’8% di questi finanziamenti è servito per aiutare le fasce più povere della popolazione ad acquistare energia.

I paesi che più finanziano le fonti fossili sono Iran e Arabia Saudita. Passi avanti verso la riduzione invece sono stati fatti da India, Cina e Russia: senza questi progressi, secondo la IEA, la quota di 600 miliardi l’anno sarebbe stata raggiunta già nel 2015.

I 250 meccanismi con cui le fossili vengono aiutate sono descritti nel report OCSE: aiuti alla produzione, spesso difficili da quantificare, e a categorie di consumatori particolari, spesso a anche a livello regionale. Nel rapporto si trovano i dati disaggregati per 24 paesi OCSE: ad esempio in Italia, che non è tra i paesi con i sussidi più alti, scopriamo che nel 2010 (oltre agli 816 milioni di euro andati per aiutare gli agricoltori nell’acquisto di carburante e ai 492 per la navigazione) abbiamo speso 95 milioni di euro per pagare il carburante a chi fa trasporto su gomma, proprio la modalità di trasporto merci che, per i costi in termini di traffico e inquinamento, dovremmo iniziare a disincentivare.

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