L’incidente di Marcoule, l’odissea degli EPR e il nostro referendum

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Sembra passata la paura di fughe radioattive per l'esplosione avvenuta lunedì nel sud della Francia. Ma anche con le sue centrali di ultima generazione il nucleare francese può fornirci molti insegnamenti sui rischi dell'atomo, reali e finanziari: l'ASN trova nuove lacune nei lavori a Flamanville, dove il preventivo è già raddoppiato.

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Alla notizia dell’esplosione nel sito di stoccaggio di scorie nucleari a Marcoule, nel sud della Francia, passata la preoccupazione, dato che per ora non pare siano state rilevate fughe radioattive, per molti ci sarà stato il sollievo per il risultato del referendum italiano, che esclude che in futuro sul nostro territorio vengano costruite centrali (a proposito, si veda questa interessante raccolta di commenti di alcuni politici).


L’incidente francese che ha causato un morto e tre feriti, di cui uno grave, al momento infatti non pare porre rischi significativi: tranquillizzante non solo l’Autorità per la sicurezza del nucleare francese (ASN), ma anche il Criiard, l’organismo indipendente non governativo di sorveglianza sul nulceare. Dunque per fortuna l’episodio resta solo uno dei tanti esempi della insicurezza del vecchio nucleare francese: basta scorrere gli archivi tenuti dall’associazione Sortir du nucléaire, per rendersi conto delle decine di incidenti, che spesso hanno portato a contaminazioni, avvenuti nel paese negli  anni.


Ma sono altre le notizie dalla Francia che dovrebbero renderci maggiormente soddisfatti del risultato del referendum: non quelle dalle centrali già in funzione, ma quelle in cantiere della ultima generazione, quei reattori di tipo EPR che si sarebbero voluti realizzare anche a casa nostra. Continuano infatti le disavventure a Flamanville, uno dei due EPR in costruzione in Europa, assieme all’altrettanta complicata situazione del terzo reattore di Olkiluoto, in Finlandia (si veda il tag “EPR” su Qualenergia.it).


L’Autorità per la sicurezza nucleare, come già in passato, sta continuando a rilevare nell’opera problemi di sicurezza e lavori fatti male; lo rivela proprio una corrispondenza tenutasi tra ASN ed EDF da ottobre 2010 e agosto 2011 e resa pubblica dal Canard Enchaîné a fine agosto. Vi si legge (qui il riassunto di Le Monde) di cose poco rassicuranti come “piloni di cemento pieni di buchi come il groviera” e molti altri difetti nella realizzazione delle piscine destinate ad accogliere il combustibile irradiato; la centrale inoltre così come si sta realizzando, non sarebbe completamente rispondente alle norme antisimiche.


Già in passato l’ASN aveva fatto diversi richiami sulla qualità dei lavori (si veda qui): si erano persino trovate delle fessure nel cemento che doveva contenere il vessel. Un altro richiamo congiunto da parte dei controllori di Francia, Finlandia e Regno Unito riguardava la concezione del sistema di sicurezza degli EPR in generale. Ora EDF dovrà rimettere ancora una volta le mani in altri lavori.


A giugno era stato annunciato che il cantiere, aperto nel 2007, era in ritardo di 2 anni e che il conto era raddoppiato rispetto a quanto preventivato, arrivando a 6 miliardi di euro.


Insomma Flamanville sembra ripercorrere la storia dell’altro reattore EPR in costruzione in Europa, quello di Olkiluoto: lì ci sono stati (dati risalenti a marzo 2011) 3mila richiami per irregolarità nei lavori; doveva essere pronto nel 2009, ma non lo sarà prima del 2013 e, come detto, il preventivo è salito dai 3,3 miliardi a inizio lavori agli oltre 6 comunicati dal costruttore e c’è chi ritiene che il conto sia già oltre 7,3 miliardi.


Difficile immaginare cosa sarebbe successo se opere del genere fossero state costruite anche in Italia. Grazie al voto degli italiani non lo sperimenteremo.

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