Il “Romani pensiero” sul conto energia fotovoltaico

Il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, risponde al question time alla Camera sul conto energia. Sembra voler spingere sul fotovoltaico, ma teme il peso degli incentivi in bolletta a cause delle innumerevoli richieste di allaccio alla rete di impianti FV, per un totale di 33 GW. Intanto continuano le schermaglie tra le associazioni.

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Per il Ministro Paolo Romani sulle rinnovabili e gli incentivi, attualmente oggetto di difficili trattative in corso, “il Governo non ha fatto un’azione con l’accetta né tantomeno sta tornando indietro”.


Al contrario, l’esecutivo “sta valutando con tutte le imprese del settore per trovare insieme un meccanismo”, ha detto. Tra le diverse associazioni di categoria, però, “alcune – come il Gifi – stanno lavorando con noi”, mentre “altre, come Aper, fanno resistenza al coinvolgimento e non vogliono essere coinvolte, a volte ci sono e altre volte non ci sono”. Una critica neanche tanto velata fatta dal ministro dello Sviluppo economico, rispondendo oggi al question time alla Camera dei Deputati.


Il meccanismo di incentivazione che il Governo sta cercando di mettere in piedi con le imprese del settore, spiega Romani, “può essere il privilegio dell’installazione dei privati: vogliamo che i tetti delle case degli italiani siano pieni di pannelli fotovoltaici“, e “vogliamo che tutto ciò che è pubblico abbia la possibilità di utilizzare questa fonte di energia”. Attenzione, però, a installazioni ‘facili’: come spiega Romani, “non vorremmo che i campi dove si debba fare agricoltura si riempissero di pannelli fotovoltaici”. Il ministro assicura che comunque il meccanismo per le rinnovabili “lo faremo molto presto”, e “lo faremo con le imprese del fotovoltaico”, perché “vogliamo privilegiare la filiera del fotovoltaico e del solare“.


“Con l’emendamento ‘salva-Alcoa’ al 31 dicembre si sono accumulate richieste di installazione del fotovoltaico per 8.000 MW. Con il terzo Conto energia si sono aperte richieste teoriche di allaccio fatte a Terna ed Enel per 25.000 MW”, per un totale di 33.000 MW. E aggiunge che “quei 33 GW porterebbero un onere sulla bolletta per i prossimi vent’anni come 8-10 miliardi di euro, cioè “160 miliardi sulle tasche dei cittadini e sulle imprese italiane”. Anche se comunque le cose non stanno proprio così e i numeri sembrano veramente esagerati. Comunque per questo, continua Romani, “vogliamo che gli incentivi sul fotovoltaico siano compatibili con le imprese del settore, con gli investimenti e con le aspettative che ci sono”. Romani ha in mente “una fase transitoria” dopo la quale “innescare il sistema alla tedesca“, che è inversamente proporzionale all’installato: più si installa e minore è la tariffa incentivante”.


Nel frattempo continuano le schermaglie, per usare un eufemismo, all’interno delle associazioni e soprattutto tra le associazioni di categoria. Qualche azienda è uscita dal Gifi perché non si è sentita garantita dalla posizione tenuta dai rappresentanti di questa associazione nei confronti del Governo dal canto suo la considera un referente privilegiato; sono seguite le critiche di Assosolare al Gifi e nei confronti del Governo perché non convocata dal Ministro; c’è poi la rigidità sul nuovo decreto, secondo alcuni, di Aper. Tutto ciò non è un buon viatico per un buon quarto conto energia.


Valutando le diverse argomentazioni, le ragioni sono ben distribuite, così come gli approcci irragionevoli o miopi. Sappiamo che dietro il decreto Romani ci sono  stati e ci sono forti interessi di una parte di Confindustria e dell’Enel, ma un settore che aspiri alla maturità anche come interlocutore autorevole della politica deve saper affrontare queste ‘crisi di crescita’ (ce ne saranno altre di certo) e restare compatto, esercitando l’arte del compromesso tra le diverse istanze delle imprese stesse e nella trattativa nei confronti delle istituzioni, anche di fronte alla complessità delle decisioni da prendere, valutando sì il breve periodo, ma anche la sostenibilità del settore. La diatriba tra associazioni ha creato già disastri e l’esempio del fotovoltaico spagnolo sta lì a dimostrarlo. Favorire il ‘dividi et impera’ è un suicidio. Ora bisogna fare bene e presto, sperando che non sia troppo tardi.

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