Le ragioni del carbone per la Banca Mondiale

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Approvato per il Sud Africa, nonostante le obiezioni di importanti Stati, il prestito miliardario della Banca Mondiale per la centrale a carbone di Medupi. Causerà ogni anno emissioni per 25 milioni di tonnellate di CO2. La World Bank continua a finanziare l'energia fossile. Ma niente prestiti al nucleare: "troppo poco conveniente".

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Emetterà 25 milioni di tonnellate di CO2 all’anno ponendo definitivamente una pietra sopra un eventuale impegno del Sudafrica per ridurre le emissioni. E sarà finanziata anche con soldi nostri: la settimana scorsa la Banca Mondiale ha approvato il controverso prestito per costruire la centrale a carbone di Medupi, in Sudafrica. Un fondo da 3,75 miliardi di dollari di cui 3,05 per per ultimare la costruzione, già iniziata nel 2007, della centrale a carbone da 4.800 MW che sarà gestita dall’utility a controllo pubblico Eskom. Per il 2015, secondo Eskom, le 6 unità da 788 MW dovrebbero essere operative: comporteranno appunto emissioni per 25 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Un finanziamento, quello approvato, evidentemente in contraddizione con l’impegno dichiarato dalla Banca Mondiale nella lotta al global warming (Qualenergia.it, Banca Mondiale, predica bene e razzola male) e contro il quale si sono levate molte voci. A far sentire il proprio dissenso non solo una vasta coalizione di associazioni ambientaliste e umanitarie – che fanno notare come la nuova centrale farà poco contro la povertà e molto contro l’ambiente – ma anche importanti membri della Banca stessa: Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Norvegia e Italia non hanno votato la decisione.

Per il Sud Africa e la presidenza della World Bank il progetto serve a risolvere nel modo più conveniente possibile, data l’abbondanza di carbone, la carenza di elettricità che affligge il paese e che potrebbe comprometterne la crescita economica. A questo va aggiunto il fatto che il progetto è già partito da 3 anni e che ai 3 miliardi stanziati per la centrale sporca si aggiungono 750 milioni per efficienza e rinnovabili.

Il Sudafrica ricava già ora il 93% della propria elettricità dal carbone ed emette oltre 400 milioni di tonnellate di CO2 l’anno e, nonostante la povertà diffusa (meno di 6mila dollari all’anno il reddito procapite e 24% la disoccupazione a dicembre 2009), ha emissioni procapite a livello dei paesi più ricchi (8,7 tonnellate CO2 contro le 7,7 dell’Italia). Nei negoziati internazionali di Copenhagen, fa notare John Vidal sul Guardian, la nazione ha tenuto un atteggiamento di chiusura totale: la sensazione di Vidal è che, lungi dal cercare di limitare i gas serra, il paese voglia assicurarsi il diritto ad emettere il più possibile per attrarre investimenti sporchi e diventare una sorta di “Svizzera delle emissioni“.

Le obiezioni al prestito delle 5 nazioni astenute sono legate chiaramente a quei 25 milioni di tonnellate di emissioni in più che la centrale sudafricana causerà. Usa e Gran Bretagna già in passato avevano chiesto alla Banca di scegliere gli investimenti dando maggior peso alla questione clima. L’amministrazione Obama a dicembre ha promulgato delle linee guida sugli investimenti pubblici in progetti di centrali a carbone, linee con le quali il prestito per la centrale sudafricana sarebbe in contraddizione, si spiega nel comunicato ufficiale dedicato alla questione. I 5 paesi critici, tra cui il nostro, comunque hanno riconosciuto l’importanza del problema energetico del Sudafrica e non hanno votato contro ma si sono limitati all’astensione.

La Banca Mondiale ancora una volta ha deciso per un investimento che avrà un rilevante impatto sull’ambiente. Quella sui finanziamenti alle energie sporche è una delle forti critiche mosse da molti a questa istituzione, sotto accusa anche per le politiche liberiste imposte ai paesi in via di sviluppo, tacciate di aver causato maggior povertà e danni ambientali (vedi su questo Greenpeace International).

 
Nonostante negli ultimi 3 anni i finanziamenti della Banca per i progetti di efficienza energetica e rinnovabili siano aumentati del 27%, arrivando a un totale di 3,3 miliardi di dollari, restano solo il 40% del totale stanziato nel settore energia. Negli investimenti in fonti fossili, un terzo del totale di quelli in energia, resta ben presente il carbone, nemico numero uno del clima. Ad esempio, l’anno scorso la World Bank, assieme alla Asian Development Bank, ha approvato un prestito di 850 milioni di dollari per una centrale a carbone, in India, nel Gujarat, che sarà una delle più imponenti fonte di emissioni al mondo, con 26,7 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Il fatto è che nel decidere gli investimenti la World Bank fa prioritariamente valutazioni economiche. Infatti, tiene in vita una fonte da abbandonare come il carbone, e ne esclude dal sostegno economico un’altra altrettanto pericolosa per l’ambiente, il nucleare. Nonostante appelli come quello del presidente francese Nicolas Sarkozy dell’8 marzo scorso, affinché l’atomo trovi posto tra i progetti finanziati, la Banca – come si legge in questo articolo del Financial Times – ha chiarito che non finanzierà centrali nucleari. Il motivo è quello economico: “al momento non sono la migliore opzione in quanto a rapporto costi-benefici”.

GM

 
15 aprile 2010
 
 

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