La rete per un futuro rinnovabile

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L'Europa entro il 2050 può ottenere il 90% di elettricità da fonti rinnovabili. Perché ciò accada occorre una nuova rete "intelligente" che sappia gestire al meglio l'energia discontinua delle fonti pulite e la trasporti da un capo all'altro del continente. Uno studio di Greenpeace ed EREC che contiene un piano per la rete europea di domani, ma così lontano dalle posizioni del nostro governo.

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“Con un rete elettrica intelligente le rinnovabili possono tenere le luci accese 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, 365 giorni all’anno”. Torna sulla necessità di investire sulle infrastrutture elettriche per cambiare lo scenario energetico futuro il rapporto “Rinnovabili 24/7 – Una rete intelligente per salvare il clima” (vedi allegati), presentato ieri da Greenpeace ed EREC (European Renewable Energy Council). Trasformando la rete elettrica, le rinnovabili al 2050 possono arrivare a fornire il 90% dell’elettricità – spiega lo studio – e per questa rivoluzione delle reti basterebbero investimenti per 5 miliardi all’anno per tutta l’Europa: finanziabili, cioè, con circa 0,15 centesimi di ricarico su ogni chilowattora.

Già ora le rinnovabili stanno dimostrando di poter fare più di quel che si credeva qalche anno fa. La crescita dell’eolico nel 2009, ad esempio, ha superato di 7.000 MW le previsioni che la stessa Greenpeace aveva fatto nel 1999 . Uno dei freni maggiori alla crescita delle fonti pulite sono proprio le reti. Si veda il caso italiano dove – “l’inadeguatezza della rete elettrica in alcune regioni viene gestita oggi “staccando” dalla rete le macchine eoliche nei momenti di congestione.” Cosa che, si spiega, “limita l’effettiva produzione eolica di queste aree del 30% circa: 0,7 TWh di energia perduta, ovvero una quota del 12% della produzione nazionale da eolico, secondo le analisi tecniche presentate da Anev al Ministero Sviluppo Economico.”

Se le rinnovabili sono considerate da molti inadeguate a soddisfare il grosso dei bisogni energetici delle nostre società – è questo il concetto fondamentale dello studio – non è perché non ne abbiano le potenzialità, ma perché il nostro sistema elettrico, realizzato oramai mezzo secolo fa, rigido e centralizzato, non è in grado di accoglierle e sfruttarle al meglio. Una rete intelligente può invece coordinare le varie fonti, in modo da neutralizzare la discontinuità e l’aleatorietà che sono gli handicap maggiori di fonti come solare ed eolico e rendere possibile lo scenario energetico pulito necessario per contenere il cambiamento climatico.

Come deve essere la rete del futuro? Alcuni esempi esistono già e nel report si trovano analizzate diverse esperienze. Sono le “smart grid” o reti intelligenti di distribuzione dell’energia che applicano la struttura decentrata di internet alla gestione dell’elettricità, coordinando tra loro impianti a fonti rinnovabili e distribuendo l’energia nel modo più efficiente possibile. Per adattarsi alla variabilità della generazione elettrica da rinnovabili, in un futuro in cui esse fornissero il 90% della domanda, anche il sistema elettrico dovrà diventare più flessibile; ad esempio attraverso la gestione da remoto della domanda di elettricità delle utenze o la diffusione di nuovi sistemi di stoccaggio dell’energia.

Ma l’infrastruttura elettrica che servirebbe all’Europa, secondo lo studio, è “una rete delle reti” che colleghi le varie smart grid a livello regionale con le “super grid“, ossia le linee ad alta tensione in corrente continua per trasferire elettricità a enormi distanze con grande efficienza. Ed ecco che lo studio propone anche un piano di ammodernamento ed espansione dell’attuale rete elettrica europea che integri l’eolico del Mare del Nord al solare del Mediterraneo e all’idroelettrico della Scandinavia.

La proposta dello studio è di aumnetare a oltre 5.300 km le connessioni a corrente alternata e di 5.100 km le connessioni a corrente continua entro i confini europei e realizzare almeno 15 nuove connessioni super grid in Europa e tra l’Europa e l’Africa, per un totale di almeno 12.000 km.

Un piano che verrebbe a costare 209 miliardi di euro, circa 5,2 miliardi all’anno fino al 2050. Considerando i livelli di consumo dell’elettricità, così come sono stati definiti all’interno del rapporto “Energy [R]evolution Europe” (Qualenergia.it – Strategia globale per rottamare petrolio e nucleare), da cui questa analisi trae spunto, il progetto sarebbe finanziabile con un aumento delle bollette europee di circa 0,15 centesimi di euro per kilowattora per i prossimi 40 anni.

Uno scenario interessante quello dipinto da Greenpeace ed EREC, che chiede alla politica investimenti coraggiosi per poter rivoluzionare il mix energetico. Una visione alquanto diversa da quella della nostra maggioranza di governo: in un emendamento alla finanziaria 2010, poi ritirato, si stabiliva di limitare il numero degli impianti a fonti pulite laddove ci fossero carenze di rete, anziché potenziare le infrastrutture (Qualenergia.it – Governo contro le rinnovabili in un’Italia senza rete).

E a proposito di scenari (poco) ambiziosi, proprio in questi giorni l’Italia ha consegnato alla Commissione Europea (con un discreto ritardo rispetto alla scadenza)  la previsione nazionale sull’obiettivo 2020 per le rinnovabili. Il nostro Governo non crede che ce la faremo a raggiungere quel 17% di energia pulita sul fabbisogno totale, come ci chiede l’Europa, tanto che al 2020 dovremmo importare dall’estero circa 4 Mtep di energia all’anno, di cui 1,1 Mtep elettrici.

GM

5 febbraio 2010

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