Per Obama un bicchiere mezzo pieno

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I giudizi sul Clean Energy and Security Act approvato dal Congresso Usa sono stati molto diversificati, anche all'interno del mondo ambientalista, ma per Obama è un passaggio storico e di notevole importanza sia sul fronte interno che su quello internazionale. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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I commenti interni e internazionali all’approvazione del Clean Energy and Security Act da parte del Congresso Usa lo scorso 26 giugno sono stati molto diversificati anche all’interno del mondo ambientalista. C’è chi, a iniziare da Obama, l’ha giudicato un passaggio storico e chi l’ha criticato, puntando il dito sui compromessi introdotti fino all’ultimo minuto per far passare la legge. Vediamo dunque di chiarire alcuni aspetti.
L’obbiettivo principale della legge riguarda la riduzione entro il 2020 del 17% delle emissioni climalteranti rispetto ai valori del 2005. Un cambio di marcia deciso rispetto al passato, considerato che le emissioni di anidride carbonica statunitensi tra il 1990 e il 2008 erano aumentate del 16%.

Ma certo molto meno rispetto all’impegno europeo di riduzione del 20% rispetto al 1990. E soprattutto molto meno rispetto a quanto chiede il mondo scientifico, che indica la necessità di tagli del 30-40%. L’obbiettivo delle rinnovabili, inoltre, è stato ridotto sotto la pressione degli Stati del Sud-Est che lo ritenevano irraggiungibile. Così si è passato da un target del 25% di elettricità verde entro il 2025 a un più timido 15% al 2020 e forse meno, considerando le clausole previste.

Eppure Obama ha dovuto esporsi con ben tre interventi televisivi nel giro di 48 ore e ha effettuato decine di telefonate ai parlamentari indecisi per portare a casa il risultato. Ed è prevedibile che sarà necessario uno sforzo ancora maggiore nei confronti del Senato, che nei prossimi mesi discuterà il testo prima della sua approvazione definitiva.
Sui nostri media la notizia non ha, in generale, avuto il risalto che meritava. Il Corriere della Sera ha titolato “Obama e il clima: una legge tiepida”, accodandosi così alle interpretazioni riduttive sulla legge. In realtà, anche se annacquato, il provvedimento ha una importanza decisiva sia sul fronte interno che su quello internazionale.

L’avere introdotto il concetto di limiti vincolanti alle emissioni negli Usa rappresenta un cambio di paradigma estremamente importante. Viene messa in cantina l’idea fortemente radicata negli Usa della possibilità di consumare ed emettere senza limiti. Ma ancora più importante è la spendibilità della nuova legge nell’ambito delle trattative in preparazione del post-Kyoto. Il canale sotterraneo di trattative con la Cina si rafforza, anche se i commenti ufficiali tendono evidentemente a sottolineare i limiti della legge. Le speranze di raggiungere un coinvolgimento di tutti i Paesi comunque si rafforzano.

Insomma, una volta stabilito un modello internazionalmente accettato si potrà sempre arrivare a un innalzamento degli impegni, come è successo con il protocollo di Montreal per l’ozono o come avverrà per il riscaldamento del Pianeta. La cosa importante è avviare la macchina, evidenziando la valenza anticiclica dei provvedimenti in un momento di crisi economica, come sottolinea sempre Obama.

 

 

 

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