Zero emissioni nette: cosa vuol dire e come raggiungerle

Le considerazioni del World Resources Institute, partendo dagli ultimi dati climatici e dagli impegni presi alla Cop26.

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Il 2022 è iniziato con la pubblicazione di una serie di dati che mostrano quanto rapidamente stia avanzando il cambiamento climatico.

In estrema sintesi: gli ultimi sette anni sono stati i più caldi di sempre con un ampio margine, le concentrazioni di anidride carbonica e di metano in atmosfera hanno continuato a crescere nel 2021, gli eventi estremi (ondate di calore, inondazioni, uragani) hanno provocato danni per 280 miliardi di dollari su scala mondiale.

E per i prossimi mesi è attesa una ulteriore risalita dei consumi di combustibili fossili. La Iea, ad esempio, stima che nel 2022 la domanda globale di petrolio supererà i livelli di prima della pandemia, portandosi a 99,7 milioni di barili giornalieri.

Intanto però, grazie anche alla Cop26 dello scorso novembre, sempre più Paesi, oltre 80 ad oggi, si sono impegnati ad azzerare le emissioni nette di CO2 verso metà secolo, tra cui Cina, Ue, Stati Uniti, India.

Che cosa significano i traguardi net-zero? Quanto siamo distanti dalla traiettoria che ci consentirebbe di limitare a +1,5-2 °C il surriscaldamento terrestre, come stabilito dagli accordi di Parigi?

È il World Resources Institute (WRI) a fare il punto della situazione aggiornato a gennaio 2022.

Ripercorriamo di seguito le risposte più interessanti ai tanti dubbi che circondano le politiche per il clima.

Per prima cosa, si spiega che per raggiungere lo zero netto di CO2, bisogna non solo ridurre le emissioni causate dalle attività umane, ma anche compensare le emissioni residue rimuovendo la CO2 rilasciata in atmosfera (carbon removal), ad esempio con interventi di riforestazione o utilizzando le tecnologie DAC (Direct air capture) per “succhiare” anidride carbonica.

Come evidenzia il grafico sotto, per fermare gli aumenti di temperatura a +1,5 °C entro fine secolo, rispetto al periodo preindustriale, bisogna realizzare un sistema energetico-economico a zero emissioni nette di CO2 tra 2044 e 2052, mentre le emissioni totali degli altri gas serra (metano, ossidi di azoto, gas fluorurati) dovrebbero scendere a zero nel 2063-2068.

Per contenere il global warming a +2 °C gli obiettivi climatici si sposterebbero qualche anno più avanti, ma secondo il WRI il fattore tempo rimane essenziale.

Molti attivisti climatici mettono in dubbio la validità dei traguardi net-zero, perché rischiano di trasformarsi in una scusa per posticipare la riduzione delle emissioni e affidarsi eccessivamente alle soluzioni di carbon removal in futuro.

Qui nasce la polemica contro i governi che fanno “bla bla bla” e nel frattempo continuano a investire nelle energie fossili.

E i dati Unep mostrano quanto sia ancora ampio il divario tra “cosa si fa” e “cosa si dovrebbe fare”, poichè molti Paesi hanno pianificato di incrementare, anziché diminuire, la produzione globale di petrolio, gas e carbone al 2030.

Quindi per gli esperti del World Resources Institute occorre innanzitutto tagliare rapidamente e in profondità le emissioni con azioni in tutti i settori: uscire dal carbone, investire in fonti rinnovabili, rendere più efficienti gli edifici, puntare sulla mobilità elettrica, diminuire gli sprechi di cibo e mangiare meno carne, ripristinare gli ecosistemi.

La chiave per azzerare realmente le emissioni nette di CO2 a metà secolo è incorporare obiettivi di medio termine nei piani net-zero.

Ecco perchè i documenti NDC (Nationally determined contributions) dei singoli Paesi, previsti dagli accordi di Parigi, hanno un ruolo fondamentale. Servono per allineare le politiche per clima di oggi con gli obiettivi di lungo termine, assicurando che si vada nella giusta direzione e non in quella del greenwashing.

La cosa più importante da fare già nel 2022 per chi si occupa di energia e clima, è valutare le misure messe in campo dai governi alla luce di queste considerazioni.

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