UniCredit troppo esposta sulle aziende fossili di Mosca

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La denuncia di ReCommon, che parla di una esposizione finanziaria complessiva per 14 miliardi di euro sull'economia russa.

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UniCredit è tra le banche europee e italiane maggiormente esposte dal punto di vista finanziario alle attività economiche russe e in particolare alle aziende del settore fossile.

Questa la denuncia di ReCommon, che in una nota ricorda che UniCredit, da quando è iniziato il conflitto russo-ucraino, ha perso il 38% circa del suo valore in Borsa.

Secondo ReCommon è “una notizia che non stupisce” perché l’esposizione dei prestiti di UniCredit verso il business russo (fonte Reuters) ammonta a 14 miliardi di euro.

Dal 2016 al 2020, precisa la nota, il gruppo bancario italiano ha concesso più di 1 miliardo di dollari all’industria fossile russa, di cui circa la metà (572 milioni di dollari) a Gazprom, principale società energetica russa controllata dallo Stato.

Finanziamenti (neretti nostri nelle citazioni) “che vanno appunto a petrolio e gas, settore che alimenta l’offensiva militare in corso in Ucraina. L’interesse nei confronti del business dei combustibili fossili in Russia è un affare talmente rilevante per UniCredit da ricevere una specifica eccezione all’interno della nuova policy sul clima del gruppo”.

Difatti, UniCredit ha aggiornato la sua strategia Esg (Environment, social and governance), prevedendo nuovi impegni per interrompere i finanziamenti a carbone, petrolio e gas, ma con diverse e importanti eccezioni.

Il gruppo bancario ha stabilito di non finanziare più i progetti volti a esplorare nuove riserve petrolifere o espandere la produzione attuale; inoltre, ha previsto di bloccare ogni finanziamento a progetti oil & gas nella regione artica.

Tuttavia, scrive ReCommon, “le eccezioni prevedono che il gruppo possa continuare a finanziare due società russe che svolgono un ruolo strategico nel rifornimento di gas ed energia per il mercato europeo. Il rischio – oramai quasi scontato – è che si tratti di Gazprom e Novatek, società la cui estrazione nella regione artica costituisce rispettivamente il 74% e l’84% della produzione totale, e che in occasione del Forum Economico di San Pietroburgo dello scorso giugno hanno annunciato la creazione di una joint venture volta a promuovere l’esplorazione e lo sviluppo di giacimenti di petrolio e gas nella regione artica”.

In sostanza, “il business dell’industria fossile russa è stato dunque fortemente tutelato e sostenuto dal gruppo, ed è stato appositamente tenuto fuori dai nuovi impegni per il clima”.

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