Price cap sul petrolio russo e taglio della produzione Opec: quali scenari si aprono?

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Via libera del Consiglio Ue alle nuove sanzioni contro Mosca con il tetto al prezzo del greggio, ma vanno definiti i dettagli e restano varie incognite. Il punto.

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“Aggiornamento ore 16”

Il Consiglio Ue ha approvato ufficialmente il nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca che comprende il tetto al prezzo del petrolio esportato via nave dalla Russia a Paesi terzi.

In sostanza, spiega una nota (link in basso), gli Stati membri Ue non potranno fornire servizi di trasporto marittimo, assistenza tecnica, intermediazione finanziaria o finanziamento, al greggio (da dicembre 2022) e ai prodotti petroliferi (da febbraio 2023) esportati dalla Russia a un prezzo più alto rispetto a quello del price cap.

Ieri, mercoledì 5 ottobre, i capi delegazione degli Stati membri Ue, riuniti nel Coreper II (Comitato dei rappresentanti permanenti) avevano raggiunto un accordo sulle sanzioni, proposte alla fine di settembre dalla Commissione europea.

Il nuovo pacchetto, il numero 8 da quando è iniziato il conflitto in Ucraina, include le basi legali per fissare un tetto al prezzo del petrolio russo, in linea con la decisione presa nelle settimane precedenti dai ministri delle Finanze del G7, allo scopo di ridurre i ricavi ottenuti dal Cremlino dalle esportazioni di oro nero.

Sempre ieri, i Paesi produttori di petrolio nella riunione Opec+ hanno deciso un forte taglio alla produzione: 2 milioni di barili giornalieri in meno da novembre, in confronto ai livelli di agosto, a causa delle incertezze che circondano le prospettive dei mercati, si legge nella nota del cartello.

È il taglio più massiccio da quando, nel 2020 in piena pandemia, si era optato per diminuire la produzione di dieci milioni di barili giornalieri.

Gli Stati Uniti hanno fatto pressioni per evitare una scelta di questo tipo, ma i sauditi non hanno dato ascolto alla Casa Bianca. La decisione Opec+ può essere letta non solo come volontà di far risalire le quotazioni del barile, che da qualche mese stanno intorno a 80-90 $ al barile rispetto al picco di 120 $ di giugno, ma anche come un assist a Putin.

La Russia, infatti, potrebbe beneficiare dei rialzi dei prezzi petroliferi conseguenti alla riduzione di offerta sul mercato, e aumentare gli incassi del petrolio venduto ad altri clienti che non aderiranno al price cap voluto da Ue e G7, come India e Cina.

Tornando alle decisioni Ue, per il momento non ci sono maggiori dettagli: il livello del price cap sarà definito più avanti, in base a una serie di valutazioni tecniche svolte in modo congiunto dai vari Paesi aderenti a questa iniziativa. Ricordiamo che la Ue aveva già deciso un embargo alle importazioni via nave di greggio russo, che scatterà il prossimo 5 dicembre.

Alcuni Stati membri si erano a lungo opposti alle ipotesi di fissare un massimale di prezzo, in particolare Grecia, Cipro e Malta, perché hanno grandi interessi economici legati al trasporto marittimo del greggio.

Quindi il pacchetto prevede delle concessioni a questi Paesi, tra cui una valutazione degli impatti economici da effettuare prima che entri in vigore il price cap con la possibilità, in caso di esito negativo, di applicare soluzioni per mitigare le perdite economiche.

In sostanza, obiettivo di questa misura concordata tra Ue e G7  dovrebbe essere quello di rendere molto più difficile per Mosca esportare il suo petrolio a un prezzo più alto rispetto al cap.

Resta da vedere come si muoveranno gli armatori delle grandi flotte di petroliere, che potrebbero cercare di eludere il cap in qualche maniera, ad esempio cambiando bandiera alle imbarcazioni (si parla di “re-flagging” delle navi).

  • Link alla nota del Consiglio Ue
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