Energie rinnovabili e cambiamenti climatici non sono tra le priorità di Donald Trump: il budget per l’anno fiscale 2020 appena trasmesso dalla Casa Bianca al Congresso, conferma appieno la scarsa attenzione che il presidente americano è solito riservare a questi temi.
Difatti, nel messaggio che introduce il “Budget for a Better America” (documento allegato in basso), Trump ha tenuto a precisare che gli investimenti saranno indirizzati soprattutto verso le diverse iniziative che riguardano la sicurezza nazionale e la difesa; la lotta contro l’immigrazione illegale è al primo punto.
Mentre per il DOE (Department of Energy) si stabilisce un ammontare di 31,7 miliardi di dollari: -11% in confronto al livello attuale di spesa, con la proposta di eliminare diversi programmi focalizzati sulle fonti rinnovabili, tra cui quelli gestiti dall’agenzia ARPA-E (Advanced Research Projects Agency-Energy), che andrebbero in parte inglobati nei programmi del DOE.
Si parla molto di reattori nucleari avanzati e sistemi di cyber-sicurezza per le reti energetiche, senza trascurare le attività di ricerca e sviluppo applicate alle centrali termoelettriche, in particolare agli impianti modulari alimentati a carbone “ad alta efficienza e basse emissioni”, “high efficiency low emissions modular coal plants” nel testo.
Si parla anche di tecnologie per l’accumulo energetico (energy storage), considerate indispensabili per incrementare la sicurezza del sistema elettrico e la sua flessibilità operativa, con la richiesta di destinare 158 milioni di dollari all’Advanced Energy Storage Initiative.
Per l’agenzia di protezione ambientale (EPA, Environmental Protection Agency), invece, si propone di tagliare il budget complessivo del 31% rispetto alle stime sul 2019: in sostanza l’EPA potrebbe contare su circa 6,1 miliardi di dollari, quasi tre in meno rispetto a oggi.
L’EPA, in particolare, intende completare diversi cambiamenti normativi che finirebbero per annacquare le politiche “verdi” volute dalla precedente amministrazione di Barack Obama, tra cui ad esempio il Clean Power Plan sulle emissioni di CO2 degli impianti termoelettrici, un piano che l’agenzia punta a sostituire con delle regole molto più favorevoli all’industria fossile (vedi anche QualEnergia.it).
La Casa Bianca ha poi proposto di eliminare il credito fiscale fino a 7.500 $ per l’acquisto di auto elettriche ma è probabile che il Congresso a trazione democratica andrà a bocciare un budget così poco attento all’ambiente e alle fonti rinnovabili; tra l’altro, le case automobilistiche hanno fatto pressioni sul Congresso proprio per estendere l’agevolazione fiscale (al momento lo sgravio termina quando una compagnia vende più di 200.000 vetture plug-in, come hanno già fatto Tesla e GM).
Tra le fila del Partito Democratico, è bene ricordare, sta crescendo uno schieramento molto battagliero in tema di tecnologie pulite e riduzione delle emissioni inquinanti; è di poche settimane fa la risoluzione presentata al Senato e al Congresso Usa per lanciare un Green New Deal di massicci investimenti con cui de-carbonizzare profondamente il mix energetico degli Stati Uniti.
Mentre sono sempre di più gli Stati americani che puntano ad avere un sistema elettrico al 100% di rinnovabili entro la metà di questo secolo; vedi qui la proposta di legge in Illinois.
Tornando all’auto elettrica, infine, Transport&Environment (TE) evidenzia che nel 2018 negli Stati Uniti si sono vendute circa 361.000 auto a zero emissioni (+81% sul 2017), quasi 60.000 in più rispetto al mercato europeo che si è fermato a circa 302.000. Ancora distante la Cina, che da sola ha già sorpassato il milione.
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