Il Piano Nazionale integrato Energia e Clima (Pniec) è stato presentato e viene definito dal Governo: “realistico”. Voglio essere ottimista e interpretare questa definizione come “realizzabile”, sia nei tempi che nei numeri.
La cosa davvero importante non è tanto che il piano sia o meno ambizioso, oppure che risponda alle aspettative delle organizzazioni di advocacy climatica o dei suoi avversari.
È inutile che vengano pubblicati obiettivi e scadenze se poi restano lettera morta, se vengono interpretati come una dichiarazione di intenti, non vincolante da parte del nostro Paese.
Pensiamo per un momento all’impatto che l’esecuzione del Pniec avrebbe sulle decisioni di investimento di un settore come il solare termico, cui appartengo sia come Presidente dell’associazione europea di settore, sia come manager di un’azienda produttrice di collettori, che ha investito oltre 100 milioni di euro, di cui la maggior parte in Italia, ad Avellino, nella propria unità produttiva, che dà lavoro a circa 150 persone altamente qualificate.
I numeri del Pniec per il calore solare parlano di passare da 247 ktep a 829 ktep di energia prodotta entro il 2030. Ma a noi piacciono le unità di misura internazionali per cui diciamo che vogliamo passare da 2,8 TWh termici a 9,6 TWht.
In termini di installazione di collettori questo significa aggiungere al parco attualmente installato circa 13 milioni di m2 di collettori solari.
Tutto ciò in 9 anni, in modo da moltiplicare di tre volte e mezzo la capacità di produzione energetica e contribuire in modo significativo e duraturo sia alla decarbonizzazione che alla sicurezza energetica del Paese.
Nessuno sarebbe più felice di noi di farlo. È possibile e siamo pronti a lanciarci nella sfida. Il settore solare termico ha dimostrato di essere perfettamente in grado di seguire la domanda di mercato. In Italia, grazie anche alle misure di agevolazione degli ecobonus e superbonus, così come il Conto Termico, il mercato è balzato del 43% (circa 330.000 m2) solo nel 2022.
Triplicare entro il 2030 è un obiettivo raggiungibile, che richiede tuttavia da parte del settore uno sforzo significativo in termini di investimenti produttivi, di espansione e formazione di una rete di installatori e manutentori e anche di distribuzione commerciale. Quindi, occorre un piano industriale di settore e di ciascuno degli attori del solare termico.
Come per le rinnovabili elettriche, anche il solare termico ha bisogno di certezze, per avviare gli investimenti e per reperire i necessari finanziamenti sia commerciali che agevolati.
A differenza delle rinnovabili elettriche, fotovoltaico ed eolico, fortemente dipendenti da produttori cinesi, il solare termico conta su una filiera quasi interamente italiana ed europea.
Sarebbe bello e necessario poter contare su una crescita di mercato veloce, ma stabile. Il Pniec presenta prospettive interessanti, che diverranno realtà solo se sostenute da misure di supporto per gli utilizzatori finali e da regolamenti chiari, che rendano necessari e urgenti gli investimenti finali in tecnologia e sistemi di calore rinnovabile.
L’Italia è per sua natura il paese del solare, lo dimostra lo sviluppo del fotovoltaico e l’ulteriore spinta che viene prospettata per questo dal Pniec. Il solare termico ha le stesse potenzialità, sia per applicazioni di piccola scala, come l’acqua calda sanitaria ad uso residenziale, sia nel campo, tutto da esplorare, dei grandi impianti per il teleriscaldamento e il calore di processo industriale.
Sviluppare progetti di grande scala è lungo e oneroso, e già vediamo che senza un adeguamento rapido delle infrastrutture di rete, molti grandi investimenti eolici e fotovoltaici rischiano di restare su carta per troppo tempo.
Il solare termico e le rinnovabili termiche in generale sono invece off-grid, in quanto servono un singolo utente o una rete di teleriscaldamento, pertanto non hanno bisogno di nuove infrastrutture e contribuiscono, con la generazione locale di calore, ad alleviare il carico di rete e a ridurre le necessità di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica, che saranno sotto enorme pressione già per soddisfare le richieste aggiuntive della mobilità, del raffrescamento e della parte di riscaldamento che vorremo elettrificare.
Il Pniec riconosce e codifica la necessità di introdurre nel mix energetico, in particolare quello dedicato al calore e al raffrescamento, una serie di nuove soluzioni, alcune già disponibili (geotermico, pompe di calore, biocombustibili), altre di lungo periodo (e di maggiore incertezza, tipo l’idrogeno).
Possiamo essere o meno d’accordo sui pesi assegnati alle varie tecnologie, ma su una cosa dobbiamo assolutamente convenire: la necessità assoluta di avviare con la massima urgenza i lavori, per rendere realtà la prospettiva di decarbonizzazione che ci viene presentata.
Fra l’altro, l’integrazione delle fonti locali come geotermico e solare termico, con l’energia di rete, tramite le pompe di calore e i biocombustibili, è un tema cruciale tutto da affrontare con un’attività di studio e analisi delle esigenze di ogni singolo utilizzatore, con un indotto importante per le tante aziende di consulenza energetica.
Questo lavoro è già iniziato ed è patrimonio dei progettisti e degli sviluppatori, che avranno il compito di facilitare l’adozione delle nuove soluzioni, ibride e integrate, da parte degli utenti finali. L’obiettivo deve essere quello di non stravolgere le abitudini degli utenti, civili e industriali, nell’accesso all’energia, oltre a non aumentarne i costi.
Ogni giorno che passiamo a discutere sulle ambizioni e sull’adeguatezza delle misure, è un giorno perso per l’ottenimento dei risultati, è un giorno di ritardo rispetto alle scadenze, che ci vengono imposte dalla necessità assoluta di procedere nella transizione energetica.
Ogni ritardo si rifletterà in maggiori impatti del cambiamento climatico, in occasioni perse di investimento e di lavoro per tutti coloro che operano e si impegneranno nei prossimi due decenni per costruire la nuova infrastruttura energetica mondiale, europea e italiana.
Abbiamo già passato più di cinquanta anni fra tattiche dilatorie e negazioniste, fra dibattiti sterili e annunci trionfali di grandi obiettivi, e siamo indietro, e di molto, rispetto a quanto sarebbe necessario per affrontare con successo la crisi climatica.
Il cambiamento climatico è la crisi globale del millennio, e non sta certo aspettando mentre noi esitiamo. Come disse Churchill: “Stiamo entrando in un’epoca di conseguenze”, e in questi tempi vogliamo vedere azione più che dibattito.
Le industrie del solare termico, con il proprio indotto, sono un’eccellenza italiana, sono desiderose di crescere e occupare gli spazi di mercato dell’energia, che dovranno liberarsi con la transizione energetica. Il settore sta, fra l’altro, riorganizzando la propria associazione italiana Solterm Italia, di prossima costituzione, che vede la partecipazione di produttori nazionali e internazionali.
Siamo pronti a collaborare con le istituzioni e con i grandi attori dell’energia e del calore in Italia e in Europa, per accelerare l’adozione dei sistemi solari termici, sviluppare standard di qualità e prestazioni, lanciare progetti e costruire una nuova infrastruttura energetica distribuita e affidabile.
Abbiamo bisogno di misure di incentivazione e di regolamentazione con tempi certi, per avviare lo sviluppo di progetti di grande scala con partner e utilizzatori finali, che sappiano con chiarezza di non avere altra scelta, se non iniziare a cambiare il loro attuale paradigma e modello di business.
In sintesi, dobbiamo programmare e mobilitare investimenti. Meno rischi, incertezze e burocrazia ci saranno sul percorso, più veloce ed efficace sarà l’esecuzione del Piano.