La transizione energetica in Italia: un bilancio 2024 soddisfacente?

Per il 2024 si stimano installazioni di rinnovabili per 7 GW. Ma a minare la decarbonizzazione del sistema elettrico c'è un forte scetticismo di fondo, che va superato rendendo più diretti i benefici delle Fer sui prezzi dell'energia.

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In attesa dei dati definitivi, il 2024 si dovrebbe chiudere con oltre 7 GW di potenza rinnovabile addizionale, meglio del 2023 (5,7 GW) e non lontano dagli obiettivi del Pniec.

La quota di energia elettrica da rinnovabili sul totale del fabbisogno per la prima volta si attesterà oltre il 40%, rispetto al 37% dello scorso anno.

Tutto bene quindi? Possiamo essere soddisfatti per l’Italia dal punto di vista della transizione energetica?

Ritengo di no e in questa analisi preliminare e incompleta proverò ad argomentarlo in pochi sintetici punti, non con lo scopo di fare pessimismo sterile, ma per identificare quale dovrebbe essere l’ambizione del nostro Paese.

1. Fotovoltaico per autoconsumo

Dopo l’indigestione del Superbonus, gli impianti FV di piccola taglia su tetto per l’autoconsumo individuale e diffuso, segnano il passo, specialmente nel settore degli impianti residenziali.

Va un po’ meglio nel settore degli impianti a tetto per le Pmi, dove l’effetto del caro prezzi energia ha spinto le nuove installazioni. Nel complesso le installazioni su tetto, se confermata la tendenza dei dati al 30 novembre, si attesteranno sui valori del 2023 (circa 4 GW).

C’è poi da registrare il calo dei costi dei moduli FV (ora sotto i 100 €/kWp sui mercati all’ingrosso) e degli impianti installati (sotto 1.500 € per kWp anche per piccoli impianti residenziali) e l’avvio di svariate iniziative, fra le quali gli incentivi Industria 5.0, il Bando Agrisolare e soprattutto il Decreto per le Cer e i Gruppi di autoconsumatori.

Ritardi vari nell’attuazione dei provvedimenti (la Direttiva Europea RED II che introduce le Cer è del dicembre 2018!) rallentano lo sviluppo, complessità autorizzative e burocratiche in genere scoraggiano una massiva adozione di queste soluzioni. Questo credo sia il primo e più importante motivo di disappunto circa l’anno passato.

Al tema del punto precedente va aggiunto come corollario quello dei sistemi di accumulo abbinati agli impianti per autoconsumo: nonostante il crollo dei prezzi all’ingrosso delle batterie Li-ion a livelli vicini ai 100-150 €/kWh, i piccoli sistemi non registrano per il momento un significativo ridimensionamento dei prezzi (attualmente ancora sui 500-700 €/kWh), rendendo di fatto non remunerativa l’installazione degli stessi (anche considerando la detrazione fiscale per le persone fisiche).

2. Impianti fotovoltaici di grande taglia a terra

Le installazioni sono in aumento (da 1 GW circa nel 2023 di impianti di taglia >1 MWp a circa 3 GW nel 2024) ma i ritmi sono insufficienti.

Il divario fra le richieste di connessione e le effettive realizzazioni è sempre più imbarazzante. La campagna di terrorismo psicologico sull’effetto devastante del fotovoltaico a terra sulla disponibilità dei terreni per uso agricolo imperversa, al di là di qualsiasi tentativo di razionalizzare il tema basandosi sui numeri.

Affidare lo sviluppo del fotovoltaico a terra prevalentemente alle aree non agricole e agli impianti agrivoltaici “avanzati” così come indicato dal Decreto Agricoltura, sta producendo, come prevedibile, l’effetto di limitare e rallentare le iniziative.

A questo problema si aggiunge l’attesa ormai esageratamente lunga per il Decreto Fer X che sta rallentando i nuovi progetti e bloccando anche iniziative di accordi bilaterali attraverso i PPA.

3. Impianti eolici on-shore

La crescita è stata sia nel 2023 che nel 2024 del tutto inadeguata, meno di 1 GW all’anno.

Diventa sempre più complesso autorizzare un impianto eolico nuovo o il repowering di un esistente. Solo secondo il Pniec da qui al 2030 dovremmo mettere in servizio 16 GW addizionali e al passo attuale sarà tanto se ne faremo la metà.

4. Usi finali: mobilità elettrica e pompe di calore

Il processo di elettrificazione degli usi finali procede stentatamente a dir poco e, soprattutto, va peggio che in altri Paesi, specie gli europei.

L’assenza di programmi di supporto e di informazione semplici e credibili e, al contrario, l’azione deleteria delle lobby del gas e dell’industria dell’automotive, sta bloccando sul nascere i programmi di sostituzione delle caldaie a gas e dei veicoli ICE.

Oltre ad avere sotto gli occhi di tutti i numeri delle installazioni di pompe di calore e di vendita di veicoli BEV/PHEV, basterebbe registrare il fatto che in nessun settore si evidenzia per il momento un aumento sensibile dei consumi elettrici a scapito del consumo di gas e derivati del petrolio per effetto della decarbonizzazione degli usi finali.

5. Semplificazione dei procedimenti autorizzativi

Il processo di individuazione delle aree idonee da soluzione del problema sembra essere diventato un ulteriore metodo per bloccare nuove realizzazioni.

E nonostante l’impulso a livello europeo alla decarbonizzazione e gli sforzi a livello politico e amministrativo, i risultati ottenuti nel 2024 sono insufficienti.

Allo stato attuale della tecnologia e della competitività di fotovoltaico, eolico onshore e sistemi di accumulo e confrontandoci con altri Paesi a noi simili, i numeri di cui l’Italia potrebbe fregiarsi senza grossi problemi e con incentivi minimi quali quelli messi in campo sinora (detrazioni fiscali oculate, remunerazione dell’energia prodotta attraverso CfD, incentivi in conto capitale mirati), non sono lontani dal doppio di quanto fatto finora: almeno 10 GW di FV e 2 GW di eolico in un anno sono assolutamente alla portata.

La prima cosa da fare, a mio giudizio, è prendere atto del gap che divide il buon senso dalla realtà dei fatti e delineare il problema che è alla base della crescita insoddisfacente. Tale problema è da identificarsi nello scetticismo strisciante circa l’effettiva validità della strategia basata sulla decarbonizzazione per lo sviluppo sociale ed economico del Paese e, più in generale, dell’Europa

Un contributo importante allo scardinamento di questo approccio resistente al cambiamento è quello di intervenire subito e decisamente sui meccanismi di costruzione del prezzo dell’energia elettrica.

Finché i benefici delle rinnovabili si ripercuoteranno in modo assai limitato sui Pun/Pze e a loro volta sui prezzi al consumo per effetto del meccanismo del prezzo marginale, la fiducia verso la strada imboccata sarà bassa o, nel migliore dei casi, riservata ai più informati o illuminati.

Nel momento in cui si potrà misurare una diretta correlazione causa-effetto fra aumento della quota energia prodotta da rinnovabili e riduzione del prezzo dell’energia, tutti gli stakeholder del settore, a cominciare dagli amministratori della cosa pubblica ai clienti finali, imprese e abitazioni, assumeranno maggiore consapevolezza e sicurezza sbloccando la crescita dal basso.

Si tratta di un tema complesso, in discussione da tempo a livello europeo, ma ormai non più procrastinabile.

In conclusione, il quadro che si delinea non è particolarmente entusiasmante e apre a scenari per questo nuovo anno di incertezza e preoccupazione, anche considerando tutte le complessità dell’attuale quadro geo-politico globale.

Il lavoro da fare è immane. Dobbiamo porci degli obiettivi adeguati, ma sfidanti per poter pensare di ottenere risultati almeno soddisfacenti sulla strada della decarbonizzazione del sistema energetico. Le mezze misure servono a poco e scontentano tutte le parti in causa.

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