Tassare il carbonio per vincere la sfida del clima

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Quali metodi e strategie per introdurre una carbon tax efficace limitando la sperequazione?

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Frans Timmermans a Davos ha lanciato il sasso. Il Commissario UE al Green Deal ha auspicato che i governi europei introducano una carbon tax e riducano il costo del lavoro in modo da rendere più agevole la transizione verso la neutralità climatica entro il 2050.

In effetti, questo strumento finora non è riuscito ad ottenere un imprinting comunitario, al contrario dell’ETS tarato per le industrie energivore.

Alcuni paesi ce l’hanno però già, e ci sono new entries, come la Germania che si appresta ad utilizzarla dal prossimo anno partendo da 25 € a tonnellata di CO2, per arrivare con incrementi progressivi a 55 € nel 2025, compensandola con riduzioni dei biglietti ferroviari e delle bollette elettriche.

Lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato “la carbon tax rappresenta il più efficace e potente strumento per combattere l’emergenza climatica, suggerendo di alzare progressivamente il suo valore fino a 75 $/t CO2 nel 2030, una scelta che consentirebbe di ridurre del 35% le emissioni dei paesi del G20 alla fine del prossimo decennio.

Non siamo però sulla buona strada. Come ci ricorda lo stesso FMI, il valore medio nei 28 paesi che hanno adottato questa imposta è infatti di soli 2 $/t.

Ci sono naturalmente anche casi esemplari. Tra questi svetta l’esperienza della Svezia, che ha introdotto la carbon tax nel 1991 innalzando progressivamente il suo valore fino ad arrivare a 114 €/t. I risultati parlano da soli: in questi anni, a fronte di un aumento del Pil del 78%, le emissioni climalteranti sono calate del 26%.

Ma parlando di carbon tax, dobbiamo per forza riflettere sull’esperienza francese che ha scatenato la rivolta dei gilet gialli. Uno scenario inevitabile? No di certo, ma una serie di elementi negativi hanno favorito le violente reazioni. Innanzitutto, la mancanza di una chiara informazione sulle destinazioni delle entrate e poi la inadeguatezza delle misure di compensazione.

Questa esperienza impone una seria riflessione sulla necessità di una gestione efficace di queste misure.

Una proposta suggestiva è quella dei “carbon dividends”, avanzata da alcun esponenti repubblicani e democratici Usa che prevede di distribuire in maniera uniforme tra tutti i cittadini le entrate della fiscalità ambientale.

È stato, ad esempio, calcolato che con un prezzo di 50 $/t CO2, il 10% più ricco della popolazione Usa vedrebbe una decurtazione del proprio reddito dell’1%, mentre le entrate della decima parte più povera aumenterebbero del 5%.

Anche di questi argomenti si è discusso nel corso del convegno “I nuovi paradigmi della transizione climatica” organizzato da Kyoto Club a Roma il 13 febbraio 2020.

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