La scadenza prevista per la fine del 2023 delle aliquote al 110% e al 90% relative al Superbonus condomìni rischia di generare un enorme contenzioso tra beneficiari e imprese, oltre che una forsennata corsa a terminare i lavori in tempo, con conseguente pericolo per la sicurezza degli operai e abbassamento della qualità degli interventi eseguiti.
Per questo motivo in Parlamento diverse forze politiche stanno spingendo per una proroga. Il Movimento 5 Stelle e Forza Italia hanno presentato tre emendamenti al disegno di legge di conversione del decreto “Anticipi”, all’esame della commissione Bilancio del Senato. Le proposte vorrebbero consentire ai condomìni con i lavori oltre un certo stato di avanzamento di continuare ad usufruire del Superbonus al 110% o al 90% fino al 30 giugno 2024, invece che al 70%, come avverrebbe in automatico a partire dal nuovo anno in caso di mancata proroga.
L’emendamento del Movimento 5 Stelle riguarda le strutture che abbiano completato almeno il 30% dell’intervento di ristrutturazione entro la fine dell’anno, quello di Forza Italia è più escludente (almeno il 60%) e stima in 880 milioni di euro il costo del prolungamento della misura (220 milioni di euro per ogni anno dal 2024 al 2027).
La proposta degli azzurri va a scontrarsi con le intenzioni della stessa maggioranza di governo di cui fanno parte: a Palazzo Chigi infatti per il momento sembrano orientati a non voler rinnovare le aliquote più vantaggiose.
Per sapere se ci sarà o meno la proroga bisogna attendere la votazione degli emendamenti, ma già in passato proposte simili sono state bocciate nel corso di questa legislatura.
Il pressing sul prolungamento della misura intanto continua: l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), in audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha ribadito che il Superbonus ha contribuito significativamente alla riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale e ha denunciato come secondo i propri analisti il ddl di Bilancio per il 2024 non tenga conto dei numerosi rallentamenti che hanno colpito i lavori. Ance ha inoltre chiesto l’obbligo di emissione di un SAL “straordinario”, entro dicembre 2023, relativo a tutto l’intervento eseguito in concreto entro la stessa data.
Altro tema sul tavolo, poi, è quello relativo allo sblocco dei crediti incagliati, concessi dalle banche e a rischio di non venire rimborsati. A riguardo i rappresentanti delle associazioni di Anima Confindustria, Angaisae Federcostruzioni parlano di “un numero crescente di imprese che stanno registrando un crollo dei fatturati e che, avvicinandosi al corto circuito economico-finanziario, si trovano a rischio chiusura”.
Secondo la stima di Federcostruzioni elaborata sui dati Cresme, i circa 30 miliardi di crediti incagliati corrispondono a più di 51mila imprese esposte al fallimento.