Strategie energetiche italiane telecomandate

Alcuni cable di Wikileaks aprono uno scenario inedito sulle politiche energetiche in materia di gas e nucleare dell’Italia negli ultimi anni. Lo sbilanciamento dell'Eni e del governo verso la Russia di Putin, le critiche Usa sull'accordo tra Berlusconi e Sarkozy per il nucleare e l'accusa di tangenti da parte dei francesi.

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Chi credeva che dietro alla scelta nucleare del Governo Berlusconi ci fosse una qualsiasi strategia energetica potrebbe ricredersi dopo aver letto i cable dell’ambasciata americana a Roma, diffusi in maniera massiccia qualche giorno fa da Wikileaks che trattano le questioni energetiche. Ciò che emerge dai cable, infatti, è l’opinione degli Stati Uniti circa il fatto che il nostro Paese sia dipendente da lobby che ben poco hanno a che fare con un interesse minimale per il bene dell’Italia.


E c’è né per tutti. Infatti nel mirino degli Usa c’è anche Eni oltre il Governo. «L’Eni, di proprietà del Governo italiano al 30%, spesso detta la politica energetica al Governo italiano e utilizza la propria influenza attraverso il Governo italiano per bloccare i programmi Ue sulla liberalizzazione del mercato energetico», recita secco un cable dell’11 settembre 2009, mentre uno successivo del 2 ottobre 2009 arriva ad affermare: «gli investimenti italiani saranno decisivi per ogni comune politica di sicurezza energetica Usa-Ue che voglia contenere l’incremento dell’utilizzo impudente e aggressivo di Putin dell’energia come strumento d’estensione dell’influenza russa (una strategia attuata dal Cremlino che i player italiani dell’energia purtroppo hanno supportato)».


Ci sarebbe da dire da che pulpito viene la predica. È chiaro, in realtà, che per gli Usa, la posizione dell’Italia è di grande importanza strategica ai fini della geopolitica energetica, ma che è Eni è troppo sbilanciata su un crinale pericoloso. Sembrerebbe la storia che si ripete, ma tra Mattei e Scaroni ce ne passa. Il primo era alla ricerca di una diversificazione a tutto tondo dell’approvvigionamento energetico dal metano al nucleare, prova ne è la centrale di Borgo Sabotino, di proprietà al 75% di Agip Nucleare e che all’entrata in funzione nel 1964 era la più potente in Europa. Oggi Eni che potrebbe fare salti altrettanto arditi nel settore delle rinnovabili, visto che gli utili netti per il 2010 sono stati di 1,7 miliardi di euro, non va oltre il business as usual, meglio se fossile.


Capitolo altrettanto interessante è quello del nucleare. I cable, infatti, svelano che gli Usa non avevano preso per niente bene l’accordo politico tra Berlusconi e Sarkozy circa la scelta della tecnologia francese Epr di Areva ed Edf e dall’ambasciata statunitense arrivarono segnali chiari. Un cable del 20 maggio 2009, in preparazione della visita a Roma del Segretario dell’energia statunitense Steven Chu, afferma senza mezzi termini: «Intense pressioni della Francia […] forse comportanti pagamenti di tangenti a dirigenti del Governo italiano, hanno aperto la strada dell’accordo di febbraio tra Enel ed Edf» e ancora nel cable si rivolge un consiglio al Segretario Chu: «Lei potrebbe anche osservare che il comportamento degli italiani da febbraio ha dato l’impressione che altri offerenti – incluse le società Usa “non occorre che si presentino”». E probabilmente non si trattava solo di un’impressione dell’ambasciatore nella Città Eterna. Il periodo, infatti, è quello nel quale si sono tenute diverse assise tecniche, una per tutte quella a porte semichiuse che si svolse in Confindustria per la qualificazione delle imprese nel nucleare nostrano alla quale erano ammesse solo Enel, Edf, Areva, oltre alla stessa Confindustria.


Interessante anche la posizione del Consigliere per l’energia del ministro dello Sviluppo Economico Sergio Garribba del quale in un cable del 20 ottobre 2008 si riporta il fatto che: «è stato aspramente critico degli obiettivi 20/20/20 per i gas serra, definendoli irrealistici», mentre circa la collaborazione sul nucleare con i russi, capitolo abbastanza inedito, si legge che Garribba avrebbe detto: «È uno scherzo. È solo propaganda, Non è importante», ma il cable Usa conclude: «Dati gli stretti rapporti tra Berlusconi e Putin non possiamo essere del tutto certi che il loro accordo sul nucleare sarà privo di sostanza».


E sempre lo stesso cable apre invece uno scenario inquietante circa l’autonomia legislativa dell’esecutivo italiano. La bozza della legge sul nucleare italiano, infatti, prevedeva nella versione originale che si potessero installare sul territorio nazionale solo centrali atomiche certificate dalle autorità nucleari dei paesi Ue. Una difesa del Made in Europe, che era in realtà un’autostrada per gli Epr francesi, se non ci fosse stato l’intervento dell’ambasciata Usa che afferma: «La stazione (dizione con la quale si indica l’unità operativa del governo Usa, in questo caso l’ambasciata statunitense. N.d.R.) è stata in grado di persuadere il governo italiano a modificare una bozza di legge sul nucleare che avrebbe rinunciato all’approvazione italiana della certificazione di progetti di impianti energetici certificati da altri governi Ue. La nuova bozza applica tale esenzione a tutti i progetti certificati da qualsiasi paese Ocse. Ciò apre la porta alle società Usa».


Un anno dopo il viaggio di Scajola negli Usa sancirà questa “svolta” con un accordo di cooperazione sul nucleare analogo a quello sottoscritto con i francesi che apre al nucleare a stelle e strisce un’autostrada analoga a quella d’oltralpe.

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