Sostegni-ter, anche trader e produttori europei contro la norma anti-rinnovabili

"Mette a rischio gli investimenti e distorce la libera formazione dei prezzi richiesta dal regolamento Ue", avvertono Efet, Eurelectric, WindEurope e SolarPower Europe in una nota firmata assieme alle associazioni italiane.

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Anche produttori e trader europei si uniscono al fronte di opposizione al cap sugli “extraprofitti” derivanti dalla vendita di elettricità da un’ampia platea di impianti a rinnovabili contenuta nel decreto Sostegni-ter, forse la misura più controversa del decreto.

Secondo Efet, Eurelectric, SolarPower Europe e WindEurope, che hanno firmato una nota assieme a  Italia Solare, Anev, Anie Rinnovabili, Utilitalia ed Elettricità Futura, la norma “introduce misure discriminatorie tra i produttori di energia elettrica basate sulla tecnologia di generazione, crea distorsioni del mercato che minano la fiducia degli investitori e rischia di rallentare il processo di transizione energetica”

Le misure di clawback previste dall’articolo 16 del decreto, si avverte, “comporteranno distorsioni significative dei mercati dell’energia all’ingrosso e nel comportamento degli acquirenti e dei venditori sul mercato”.

In particolare, secondo i firmatari, il cap ai prezzi di vendita imposto  “potrebbe influire sulla libera formazione dei prezzi  richiesta dal regolamento sull’energia elettrica (2019/943), fissando uno strike price amministrato che diventa inevitabile per tutti i futuri contratti di acquisto di energia (Ppa), in contraddizione con l’obiettivo dichiarato del governo di promuovere questi contratti nel mercato italiano dell’energia”.

“Queste misure complesse e discriminatorie metteranno a repentaglio gli obiettivi Fit-for-55, rompendo la fiducia degli investitori, con enormi impatti sugli investimenti nelle Fer e minando il corretto funzionamento del mercato interno dell’energia elettrica dell’Ue”, prosegue la nota.

In un recente articolo pubblicato su QualEnergia.it, anche Fire si è espressa contro la misura sugli extraprofitti, in primis perché penalizza i soli operatori rinnovabili, a prescindere dai conti economici e dal fatto che gli “extraprofitti” possono farli anche i produttori e venditori fossili.

In secondo luogo, mette in difficoltà molti operatori che hanno stipulato contratti PPA (per definizione contratti bilaterali) quando in altri contesti se ne continua giustamente a chiedere la diffusione. Per ultimo, pone nuovamente in discussione i conti sugli investimenti per i produttori rinnovabili (sembra quasi che tutte le attività possano generare profitti extra in condizioni favorevoli di mercato, salvo questa categoria, che dovrebbe essere centrale per la transizione economica).

In ogni caso, a prescindere dalla questione “rinnovabili”, la maggior parte degli addetti ai lavori vede queste misure come azioni di breve periodo che si limitano a tamponare l’emergenza senza porre le basi per facilitare una soluzione strutturale al problema.

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