Sospendere l’istruttoria della Commissione sul capacity market italiano

CATEGORIE:

Lo chiedono le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente e WWF, insieme a Italia Solare: non sono stati resi trasparenti da parte del MiSE gli impatti della regolamentazione su emissioni, bollette e sul ruolo di rinnovabili e accumuli.

ADV
image_pdfimage_print

Nella regolamentazione del mercato delle capacità italiano non è stato considerato il ruolo delle fonti rinnovabili e degli accumuli, dicono le associazioni ambientaliste e Italia Solare. Dall’altra parte Terna e gli operatori del termoelettrico spingono per partire subito con le aste (da fare entro giugno) che dovranno definire una determinata potenza per garantire la sostenibilità del sistema elettrico.

Secondo le regole europee – ed è questa la preoccupazione dei termoelettrici e di Terna – per il meccanismo varranno solo i contratti stabiliti nel 2019 e, quindi, uscire da questa tempistica congelerebbe il capacity market italiano.

Si dovrebbe dunque momentaneamente sospendere l’iter di valutazione da parte della Commissione europea sul capacity market in Italia?

È quanto chiedono Greenpeace, Legambiente e WWF che avallano una lettera di Italia Solare (allegata in basso) inviata l’11 aprile e ora anche al Ministero dello Sviluppo Economico, che in sintesi contesta la mancanza di contraddittorio con il governo italiano riguardo al testo della nuova proposta inviato alla Commissione. Testo che non è stato posto in consultazione, né messo a disposizione di queste associazioni e degli stakeholders del settore delle rinnovabili. Una presa di posizione che, sappiamo, non è piaciuta ad Elettricità Futura, associazione che rappresenta moltissime aziende che operano nel settore dell’energia elettrica.

Secondo le associazioni ambientaliste e Italia Solare serve “un confronto chiaro e trasparente con tutti gli stakeholder coinvolti sull’ultima versione inoltrata a Bruxelles” (inviata nella seconda metà di marzo 2019).

Le associazioni sollecitano inoltre la Commissione affinché faccia richiesta al Governo italiano di mettere a disposizione del pubblico il nuovo testo sul capacity market utilizzando procedure AIR (Analisi di Impatto della Regolazione) che lo rendano comprensibile, in modo da consentire a soggetti terzi di presentare le proprie osservazioni nella fase istruttoria della Commissione Ue.

Il mancato ricorso alla procedura AIR, sottolineano le associazioni, non ha fornito una schematizzazione e spiegazione semplificata del meccanismo e dei suoi effetti positivi e negativi. L’accusa è che il contraddittorio sul meccanismo sia stato riservato solo alle grandi utility, che non avevano peraltro di spiegazioni.

Si legge nel comunicato che “per i consumatori, i cittadini e le piccole e medie imprese che dovranno pagare i costi di questo meccanismo è stato impossibile capirne il funzionamento”. Secondo alcuni calcoli il meccanismo del capacity market potrebbe costare per i prossimi 10 anni 1-1,5 mld di euro all’anno (denaro già stanziato, ma che secondo i rinnovabilisti potrebbe essere speso diversamente per gli obiettivi 2030 di energia pulita).

Le associazioni ritengono quindi che la consultazione dovrebbe essere completamente ripetuta anche sulle parti già oggetto di analisi della Commissione, in modo da consentire l’invio di osservazioni alla stessa Commissione anche ai soggetti non interessati dagli effetti incentivanti del provvedimento per i suoi impatti indiretti sull’ambiente, sulle bollette e sullo sviluppo delle rinnovabili.

Le associazioni non si dicono contrarie al capacity market in un’ottica di corretto funzionamento del mercato elettrico, ma ritengono che debba essere formulato in condizioni di trasparenza ed equità rispetto alle varie fonti di energia, rinnovabili comprese, tenendo in considerazione anche gli sviluppi tecnologici, quali la capacità di accumulo elettrochimico e gli impianti idroelettrici a pompaggio alimentati da fonti rinnovabili.

In particolare va evidenziato che, al momento, alla domanda, agli stoccaggi e alle fonti rinnovabili non programmabili non è sostanzialmente permesso di partecipare al mercato della flessibilità (ancillary markets MSD and MB).

“La mancanza di una normativa a regime per la partecipazione della generazione distribuita al mercato della flessibilità (MSD e MB) contribuisce a ridurre la flessibilità e la capacità di risposta del sistema. Si ritiene che la soluzione debba essere individuata nel permettere la partecipazione della generazione distribuita agli ancillary markets e non nel ridurla con il mercato della capacità”, spiegano nel loro comunicato.

Le associazioni ricordano che molte delle criticità denunciate nella lettera alla Commissione sono state create dalle politiche adottate e oggi viene proposto di incentivare la costruzione di nuovi impianti a fonti fossili per il fatto che manca capacità e flessibilità, quando la capacità manca perché si sono bloccati nuovi impianti a fonti rinnovabili e la flessibilità manca perché si sono congelati i meccanismi di partecipazione della domanda e della generazione distribuita agli ancillary markets e al mercato infragiornaliero.

La soluzione ai problemi denunciati non può che essere – concludono le organizzazioni ambientaliste e Italia Solare – in primo luogo lo sblocco della costruzione di impianti a fonte rinnovabile, la normativa a regime per la partecipazione al mercato della flessibilità, la sospensione di qualsiasi politica che distorce il mercato e lo stimolo a fare investimenti sulla base dei segnali di mercato.

Secondo la disciplina europea, si ricorda, il mercato della capacità deve essere uno strumento di ultima istanza, da realizzare dopo che sono state attivate tutte le misure necessarie a garantire il contributo della domanda, degli accumuli, dell’efficienza energetica e degli altri strumenti di flessibilità e queste non si siano rivelate sufficienti.

Ricordiamo che il capacity market è uno schema di mercato dedicato ai titolari di impianti di generazione fossile (e anche rinnovabile) e unità di consumo che metteranno a disposizione di Terna, mediante asta, indetta da Terna stessa, una determinata potenza produttiva nel medio termine, in cambio di una remunerazione. L’obiettivo è di avere sempre a disposizione delle risorse capaci di coprire le punte di carico in ogni area della rete.

Terna in una recente audizione alla Camera riguardante il PNIEC ha spiegato come il margine di riserva in Italia sia passato da 25 GW del 2014 a 7 GW a fine 2018, capacità che è “pari all’import”; una potenza elettrica che creerebbe “rischi non irrilevanti per la sicurezza” dicono dal gestore della rete, che per questo motivo ritiene che vadano prese subito le soluzioni necessarie soprattutto per adattare un sistema nazionale che nel 2025 dovrà fare a meno degli impianti alimentati a carbone e con le rinnovabili, in aumento, che nelle ore centrali produrranno spesso più della domanda.

ADV
×