Scorie nucleari, pubblicate le aree in cui si potrebbe fare il deposito

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Messa in consultazione la CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee.

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Dopo anni di attesa, l’Italia inizia ad affrontare il problema dei rifiuti radioattivi: attualmente sono stoccati in una ventina di siti provvisori, cosa che ci è costata una procedura di infrazione europea.

Con il nulla osta di MiSE e MATTM, nella notte Sogin ha infatti pubblicato la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi), il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del Parco tecnologico, che permetterà di sistemare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività (vedi qui).

La pubblicazione della Cnapi, con l’elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei (che non sono tutti equivalenti tra di essi ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche), di fatto dà l’avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all’esito della quale si terrà, nell’arco dei 4 mesi successivi, il seminario nazionale.

Sarà questo – spiega una nota del Minambiente – l’avvio del dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, durante il quale saranno approfonditi tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere.

Le aree interessate dalla Cnapi, si spiega, sono il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto da Sogin in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti dall’Isin, che ha permesso di scartare le aree che non soddisfacevano determinati requisiti: escluse le aree interessate da elevato rischio vulcanico e sismico, fagliazioni, frane, alluvioni o che insistono su aree protette o insediamenti civili, industriali e militari (vedi mappa e clicca per versione interattiva).

Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska: nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati.

Da gestire ci sono in totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività: si tratta dei rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali e tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano.

Tra i primi commenti giunti in redazione quello di Legambiente: “Dopo 6 anni di imperdonabili ritardi è il momento della condivisione e partecipazione. Serve un cambio di passo”, afferma il presidente Stefano Ciafani.

Già nel 1999 con il dossier “L’eredità radioattiva” Legambiente evidenziò come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie. Per l’associazione il problema degli attuali siti nucleari a rischio “non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione”.

Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025), spiega Legambiente, sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall’industria e dai centri di ricerca.

“Tutti ricordiamo – conclude Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – quello che successe nel 2003 quando l’allora commissario della Sogin e il governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari a cui partecipammo anche noi, fu ritirato. Si tratta di un’esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della Cnapi è solo il primo passo”.

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