Sardegna, con la scusa dell’idrogeno e del biometano si rafforza il gas fossile

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Mentre la Regione Sardegna chiede 600 milioni del PNRR per fare reti dove far passare anche idrogeno e biometano, il vero disegno è rintracciabile nelle risposte della Snam: rigassificatori e graduale metanizzazione dell'isola.

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Si vuole una Sardegna a tutto gas. Lo vogliono il governo, la regione e la Snam. E i sardi cosa vogliono veramente?

A dirci come andranno le cose è proprio la Snam: la dorsale del gas in Sardegna sarà realizzata per alcuni tratti e poi in un secondo momento verranno costruiti altri tratti. E intanto sono già previsti due grandi depositi rigassificatori navali a Portovesme e Porto Torres.

Queste sono le risposte della SNAM alle domande presentate dal Comitato No Metano Sardegna e Re:Common nell’assemblea degli azionisti che si è svolta il 28 aprile.

Quindi si realizzeranno minidorsali da costruire in funzione delle richieste di allaccio alle reti cittadine gestite in buon parte da Italgas.

Riguardo ai rigassificatori (Fsru – Floating storage regasification unit), realizzabili con un investimento di 300 mln €, la Snam prevede “una capacità di stoccaggio netta di GNL pari ad almeno circa 100.000 mc a Portovesme e circa 25.000 mc a Porto Torres”.

Con i due nuovi progetti di Snam e gli altri depositi già approvati o previsti (tre ad Oristano, uno a Cagliari, uno a Porto Torres), la Sardegna avrà nel complesso una capacità di movimentazione di gas pari a 5,8 miliardi di mc, dalle 6 alle 12 volte superiore alle stime del Piano energetico, che prevede invece un consumo minimo di 462 milioni di mc di metano/anno e uno massimo di poco superiore ai 900 milioni.

Insomma, la metanizzazione della Sardegna continua alla faccia della transizione. Ma c’è dell’altro ed è una richiesta che viene proprio dalla Regione.

Il governo regionale propone al governo, nell’ambito del PNRR, di ricevere 600 milioni di euro per una “rete energetica regionale sarda”. Per farci cosa? Probabilmente si sta parlando ancora di metanodotti.

Indiscrezioni di stampa, secondo il sito NoMetano Sardegna parlano di un decreto “Sardegna” in arrivo, con cui si spingerà sulle infrastrutture gas in Sardegna.

Non si esce dalla fissazione del metano, anche se per la regione si dice che si vuole puntare su idrogeno e biometano, da miscelare nelle reti.

“Ma è solo marketing: non solo la produzione di idrogeno e biometano pone innumerevoli problemi, la loro funzione è soprattutto quella di allungare la vita del metano e avallare la realizzazione di nuovi metanodotti”, scrivono quelli di NoMetano Sardegna.

Il rischio paventato è che la Sardegna si trasformi in una piattaforma energetica conto terzi al centro del Mediterraneo, con l’avallo del presidente Christian Solinas.

Secondo quanto si legge nel documento inviato a Palazzo Chigi il 29 aprile e reso pubblico dal giornalista Vito Biolchini, il progetto sui cui punterebbe la Regione consiste nella “creazione di un sistema integrato per la produzione, il trasporto e la distribuzione di idrogeno da fonte rinnovabile e biometano con la realizzazione di una rete energetica regionale di gasdotti che consenta di trasportare gas naturale e gas rinnovabili in quote sempre crescenti fino all’utente finale civile, industriale e del trasporto. La rete comprende anche tratti di pipeline dedicati al vettoriamento esclusivo dell’idrogeno”.

Le associazioni contrarie alla metanizzazione dell’isola suppongono che i 600 milioni richiesti dimostrino tuttavia che l’infrastruttura non sia economicamente fattibile.

Sembra evidente, comunque, che non si tratterà di trasportare e distribuire gas rinnovabili, se non in minima parte, ma di rafforzare il progetto della metanizzazione in Sardegna.

Questo sviluppo sarà un ostacolo insormontabile al vero processo di decarbonizzazione della Sardegna, dove si potrebbe puntare invece sulla elettrificazione dei consumi, le rinnovabili, FV ed eolico, comunità energetiche, in un’ottica di generazione distribuita e autoconsumo.

Eppure, con appena 8,5 TWh di energia elettrica consumati nel 2020, l’isola potrebbe con 1.100-1.200 MW di fotovoltaico, circa 1.000 MW di eolico (anche offshore) aggiuntivi. e almeno un paio di impianti solari termodinamici, insieme a varie forme di accumulo, coprire quasi tutto il suo fabbisogno elettrico.

Ricordiamo che uno studio RSE, commissionato da Arera concludeva che “l’elettrificazione resta la strada più coerente con le politiche di decarbonizzazione sull’orizzonte di lungo termine dal 2050, insieme allo sviluppo dell’idrogeno ‘verde’ per l’alimentazione degli usi non elettrificabili e per la gestione dell’overgeneration da fonti rinnovabili”.

Ma, si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

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