Risposte all’emergenza climatica e target rinnovabili: un quadro politico in movimento

CATEGORIE:

Nuova spinta della politica tedesca su rinnovabili, carbone e mobilità elettrica? Usa pronti ad una elettricità carbon free entro il 2035? Rialzo dei target nell'Ue? Cosa faranno Cina e India? Tanti segnali di possibili accelerazioni.

ADV
image_pdfimage_print

Come previsto, il rinvio di un anno della COP26 a causa del Covid, consentirà di innalzare notevolmente il livello delle ambizioni climatiche di vari paesi.

Questo vale anche sul versante europeo perché, se è vero che la UE aveva già aveva avviato le procedure per portare dal 40 al 55% la riduzione delle emissioni 2030 rispetto ai valori 1990, molti paesi avranno il tempo di rivedere i propri Piani spesso troppo timidi.

Come l’Italia che dovrà rapidamente ripensare il proprio Pniec.

Peraltro, va sottolineata l’efficacia del ricorso alla giustizia nello smuovere i governi. Iniziano a far clamore le sentenze di alcune Corti, sollecitate da cittadini e associazioni ambientaliste, che sollecitano una maggiore incisività.

È successo in Olanda, chiamata ad alzare dal 14-17% al 25% la riduzione delle emissioni al 2020, col risultato che negli ultimi due anni si è vista una forte accelerazione sulle rinnovabili e un drastico calo dell’uso del carbone.

Ma forse il caso più clamoroso è venuto nelle scorse settimane dalla Corte costituzionale tedesca. La Legge sul Clima, che prevede un taglio del 55% delle emissioni al 2030 e la neutralità climatica al 2050, non è stata infatti giudicata sufficientemente incisiva lasciando troppo vaga la politica di riduzione dopo la fine di questo decennio.

La risposta è stata immediata con l’annuncio del Governo di voler alzare al 65% l’obiettivo 2030 e di anticipare al 2045 la neutralità climatica. Questa sentenza si inserisce in un quadro politico in rapido movimento. Gli ultimi sondaggi danno infatti i Verdi al primo posto e non è escluso che Annalena Baerbock, leader dei Grünen, a settembre possa prendere il posto della Merkel.

E i Verdi propongono una riduzione del 70% delle emissioni al 2030 e lo stop alla vendita delle auto alimentate a fonti fossili alla stessa data.

Dobbiamo quindi aspettarci una radicalizzazione delle politiche tedesche, su rinnovabili, carbone e mobilità elettrica.

Ma la vera sorpresa sulla scena internazionale viene dagli Stati Uniti con una serie di misure per chiudere l’era Trump, ad iniziare dal rientro nell’Accordo di Parigi, per finire con i nuovi obiettivi al 2030 che prevedono il 50-52% di riduzione rispetto ai livelli del 2005.

Il nuovo target è decisamente più ambizioso di quello di Obama, -26-28% al 2025, anche se è meno incisivo di quello europeo, visto che l’anno di riferimento è il 2005. Rispetto al 1990 la riduzione Usa sarebbe infatti del 40-42%.

Ma ci sono diversi obiettivi sostenuti dalla Casa Bianca particolarmente incisivi, come quello di arrivare ad una elettricità carbon free entro il 2035, una vera bomba.

Attualmente siamo al 40%, per una metà proveniente dal nucleare e per l’altra metà dalle rinnovabili.

Nei prossimi 15 anni il nucleare non aumenterà il suo contributo. L’età media dei reattori Usa in servizio è infatti di 39 anni. Ben 23 impianti hanno già chiuso, e molti altri sono in procinto di fermarsi, perché non riescono a reggere la competizione del gas e delle rinnovabili, tanto che Joe Manchin, Presidente della Commissione per l’Energia del Senato, ha rivolto un accorato appello a Biden per salvare la flotta nucleare americana dalla chiusura prematura. Senza interventi di supporto, la metà dei reattori verrà infatti disconnessa dalla rete entro il 2030.

Dunque, la decarbonizzazione della produzione elettrica si baserà sostanzialmente sulle rinnovabili, che dovranno schizzare dal 20% al 75-85% nei prossimi 15 anni.

Ci sarebbe anche l’opzione del CCS (Carbon Capture and Sequestrration). Una misura citata dalla Casa Bianca, ma che fa molta fatica ad affermarsi, come dimostra il fatto che l’80% dei progetti avviati negli Usa sono falliti.

Un impianto nel Missisipi costato 7,5 miliardi $ non è mai entrato in servizio. E poi c’è la sperimentazione di Petra Nova che è stata bloccata nel 2020. Anche se aumenteranno incentivi e investimenti nel CCS, si dubita che il contributo del sequestro di CO2 possa svolgere un ruolo significativo negli Usa al 2035.

Dobbiamo quindi aspettarci una corsa del solare e dell’eolico (almeno 30 GW di parchi off-shore). Tra le misure previste, l’estensione per dieci anni degli incentivi alle rinnovabili e la contemporanea riduzione dei sussidi ai fossili.

Naturalmente i provvedimenti dell’Amministrazione Biden sono molto ampi e spaziano anche sulla mobilità elettrica e sulla riqualificazione energetica del settore civile.

Ma un punto centrale riguarda il forte sostegno all’industrializzazione green, dalle batterie agli autoveicoli, dalla produzione di tecnologie solari ed eoliche a quella degli elettrolizzatori.

Infatti, il messaggio sottolineato più volte riguarda l’importanza strategica della lotta climatica per il rilancio dell’economia e dell’occupazione.

Sul fronte interno, pur dovendo fare i conti con il Congresso, la linea politica è chiara.

Ma il deciso impegno Usa sul clima ha portato anche ad una rivisitazione dei target di altri paesi. Così, all’incontro con i 40 capi di Stato organizzato da Biden il 22 aprile, Giornata della Terra, diversi governi hanno annunciato obiettivi 2030 più ambiziosi, dal Canada, al Giappone, al Sud Africa.

Naturalmente per il successo della battaglia climatica sarà decisiva l’accelerazione di Cina e India.  Ma una cosa è certa. Si respira un ottimismo mai registrato in passato.

L’ultima notizia viene dall’Europa. Secondo alcune anticipazioni, nella nuova Direttiva sulle rinnovabili l’obiettivo del 32% di energia verde a fine decennio stabilito nel 2018 verrebbe alzato al 38-40%. Per capirci, questo significherebbe che nel 2030 oltre il 70% dell’elettricità consumata nella UE dovrebbe venire dalle rinnovabili.

Anticipazione dell’editoriale della rivista bimestrale QualEnergia n.2/2021

ADV
×