In Germania bocciata (in parte) la legge sul clima: non tutela le future generazioni

  • 30 Aprile 2021

Sentenza storica della Corte costituzionale federale. Legge troppo vaga su come dovrà evolvere il percorso di riduzione delle emissioni. Ci ricorda qualcosa?

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Per la prima volta nella storia, la Corte costituzionale federale tedesca ha stabilito che una legge della Germania è in parte incostituzionale perché non fa abbastanza per il clima.

Parliamo del Climate Change Act di dicembre 2019 (Bundes-Klimaschutzgesetz), la legge tedesca sul cambiamento climatico che punta a ridurre almeno del 55% le emissioni di CO2 al 2030, rispetto al livello del 1990, lo stesso obiettivo su cui Parlamento e Consiglio Ue hanno appena raggiunto un accordo politico per il blocco dei 27 Stati membri.

La medesima legge, inoltre, fissa il traguardo della neutralità climatica al 2050 impegnando così Berlino a realizzare un sistema energetico-economico neutrale in termini di gas a effetto serra.

A febbraio 2020, un gruppo di giovani attivisti climatici, tra cui Luisa Neubauer di Fridays for Future, si era rivolto alla Corte costituzionale contro questa legge, con il supporto di alcune associazioni ambientaliste, tra cui Germanwatch e Greenpeace.

In sostanza, gli attivisti denunciavano che la normativa tedesca era troppo debole per quanto riguarda gli obiettivi di protezione climatica, mettendo così a rischio i loro diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, come quelli della libertà, della proprietà e della salute.

Nella sentenza (link in basso), i giudici hanno evidenziato un punto fondamentale.

Il problema è che la legge tedesca sul clima è rimasta vaga su come dovrà evolvere il percorso di riduzione delle emissioni, quindi non assicura che la transizione verso la neutralità climatica al 2050 sarà raggiunta in tempo.

Ecco perché, hanno stabilito i giudici, entro fine 2022 il governo dovrà definire maggiori dettagli sulle misure per diminuire la CO2 dal 2031 in avanti.

Secondo la Corte costituzionale è necessario delineare con più precisione la strada che dovrà portare la Germania ad azzerare le emissioni di anidride carbonica entro metà secolo.

Qui entra in gioco la responsabilità verso le future generazioni e la necessità di non lasciare un eccessivo debito climatico ai giovani di oggi.

Il succo che emerge dalla sentenza, infatti, è questo: se nei prossimi dieci anni si farà troppo poco per contrastare il cambiamento climatico, si dovranno poi tagliare le emissioni con ancora più velocità e intensità nei venti anni successivi (periodo 2030-2050).

E questo comporterà il rischio di comprimere diritti e libertà fondamentali delle persone, soprattutto quelle più giovani.

Difatti, osservano i giudici, “le disposizioni che oggi consentono di emettere CO2 costituiscono una minaccia legale irreversibile alla libertà futura, perché ogni quantità di CO2 oggi consentita restringe le opzioni rimanenti con cui ridurre le emissioni […]”.

Peraltro, spiegano ancora i giudici, se avremo esaurito quasi tutto il budget di CO2 nei prossimi dieci anni, ci sarà meno tempo a disposizione per introdurre gli sviluppi tecnologici, sociali e degli stili di vita necessari a contrastare il cambiamento climatico.

Il rischio, quindi, è che si dovranno adottare misure e restrizioni più drastiche dopo il 2030, con un impatto sproporzionato sui diritti fondamentali delle future generazioni.

Vogliamo anche noi in Italia mettere in discussione le fragili impalcature normative su energia e ambiente (ad esempio il Pniec), spesso scritte da mani che sembrano rispondere quasi esclusivamente alle grandi aziende energetiche? Forse è arrivato il momento.

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