Rimpatriare in Europa il braccio produttivo della filiera fotovoltaica

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Il produttore austriaco di inverter fotovoltaici Fronius esemplifica opportunità e difficoltà di chi non vuole rinunciare a una manifattura europea con un ruolo importante sul mercato globale. Eppure, dicono, "le competenze sul cervello dell'impianto FV le abbiamo ancora".

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Il “braccio” forte del fotovoltaico è da tempo comandato dalla Cina, con tutti gli input produttivi a monte nella filiera sotto il controllo del gigante asiatico, dal polisilicio ai wafer, dalle celle ai moduli.

Ma il “cervello” o la mente della generazione solare, cioè gli inverter, hanno ancora dei centri nevralgici vivi e vegeti anche in Europa.

Manifattura fotovoltaica cinese ed europea

Solo per dare un’idea, nel 2022 l’Europa disponeva di una capacità manifatturiera complessiva di 9,4 GW nel comparto dei moduli FV, pari a circa il 2% di quella mondiale, secondo SolarPower Europe (Spe).

Negli ultimi mesi, però, si sono accumulate nei porti europei ingenti scorte di moduli fotovoltaici cinesi, equivalenti all’intera domanda annuale di installazioni in Europa. E si prevede che le importazioni raggiungeranno 120 GW nel 2023, circa il doppio rispetto alle installazioni previste a poco più di 60 GW.

Di conseguenza, la produzione europea di moduli fotovoltaici è crollata dai circa 9 GW del 2022 a circa 1 GW nel 2023, diminuendo quindi a circa lo 0,1% stimato rispetto a una capacità produttiva mondiale che quest’anno dovrebbe toccare per la prima volta 1.000 GW. Tradotto: molti produttori europei rischiano l’insolvenza.

Anche nel comparto degli inverter non sono esattamente tutte rose e fiori per l’Europa.

I primi cinque fornitori mondiali nel 2022 sono risultati tutti cinesi: Huawei, Sungrow, Ginlong Solis, Growatt e GoodWe. Complessivamente hanno rappresentato l’anno scorso il 71% delle consegne totali di inverter fotovoltaici, secondo la società di ricerche Wood Mackenzie.

Se però allarghiamo il campo ai primi 10 produttori, troviamo anche due aziende europee, la tedesca SMA e la spagnola Power Electronics, rispettivamente al 6° e 7° posto, seguite da altre tre aziende cinesi.

Va notato, purtroppo, che fra le aziende della Top 10 degli inverter, le europee sono le uniche due che l’anno scorso hanno perso quote di mercato rispetto al 2021, come si vede nell’illustrazione di Wood Mackenzie.

Il loro rallentamento è stato causato in primo luogo da una carenza di offerta nella filiera dei semiconduttori e dell’elettronica di potenza, incentrata in Asia. Questa ha indirizzato quel poco di offerta disponibile soprattutto alle aziende più grandi e più vicine alle fonti di approvvigionamento, come alcuni gruppi automobilistici; e per quanto riguarda gli inverter principalmente verso le aziende cinesi.

Quando clienti e distributori non hanno trovato disponibilità di inverter Made in Ue, si sono dovuti rivolgere alla concorrenza, spesso cinese, se volevano completare i loro impianti.

L’Europa non è insomma leader neanche nel segmento degli inverter, ma, a differenza del comparto dei moduli fotovoltaici, può vantare ancora una presenza non proprio marginale sul mercato mondiale di questi apparecchi, cui contribuisce, fra gli altri, anche il produttore austriaco Fronius, nonostante il rallentamento dell’anno scorso.

I numeri degli inverter europei e di Fronius

Nel 2022, l’Europa aveva una capacità manifatturiera di inverter di 69,9 GW, secondo SolarPower Europe, pari teoricamente a quasi il 35% dei 201 GW di domanda mondiale registrata l’anno scorso, stando a Wood Mackenzie. Purtroppo, tale capacità teorica è rimasta i gran parte inutilizzata, a causa della carenze negli approvvigionamenti accennate prima.

Ma è da questa base produttiva piuttosto significativa che la manifattura europea deve cercare di ripartire, con il sostegno indispensabile della politica, per non disperdere un patrimonio industriale che ancora esiste e su cui si può fare leva, ha indicato il top management della società austriaca durante il Fronius Production Power Summit, tenuto la settimana scorsa presso la sede principale dell’azienda.

Nel 2022, Fronius ha fabbricato circa 32mila inverter al mese, corrispondenti a circa 4 GW l’anno. Quest’anno la produzione mensile crescerà a 52mila, pari a circa 7 GW annuali, che nel 2024 dovrebbero diventare 10,5 GW, a un ritmo mensile di 70mila inverter, più che doppio rispetto a quello dell’anno scorso, grazie all’espansione dello stabilimento austriaco di Sattledt, vicino a Wels.

“La situazione si è stabilizzata, abbiamo aumentato le capacità. Dal primo trimestre di quest’anno, non abbiamo riscontrato alcuna strozzatura nelle forniture. La buona notizia è che siamo riusciti ad aumentare il fatturato del 50% nei primi nove mesi di quest’anno e stiamo ricominciando a crescere e a riconquistare le nostre quote di mercato“, ha detto Martin Hackl, responsabile mondiale per il marketing e le vendite fotovoltaiche di Fronius International.

Resilienza e sicurezza delle operazioni

Fronius ha quasi raddoppiato le linee di montaggio di Sattledt, mentre il magazzino dei componenti necessari alla produzione è stato triplicato, per aumentare la resilienza ad eventuali shock dell’offerta, come quelli dell’anno scorso.

Inoltre, ha spiegato Thomas Herndler, Direttore operativo di Fronius International, “abbiamo modificato intensamente la progettazione dei nostri prodotti in modo da poter utilizzare contemporaneamente diversi componenti di diversi fornitori, anche in uno stesso inverter”.

Sempre in tema di resilienza e diversificazione delle forniture, da quest’anno Fronius riceve il 70% della propria componentistica da operatori europei, e il 20% da imprese austriache, ha chiarito Hackl.

Dal punto di vista della flessibilità e adattabilità dei prodotti, l’azienda austriaca punta molto, per esempio, sui nuovi inverter monofase e trifase della gamma Fronius GEN24, che nascono come inverter tradizionali, ma che possono essere facilmente trasformati in inverter ibridi, tramite l’acquisto di un aggiornamento software dedicato, che abilita le funzioni di gestione dei sistemi di accumulo e di backup.

Ma dal punto di vista della resilienza, l’aspetto più importante che i manager di Fronius hanno sottolineato è quello geo-politico e infrastrutturale.

“Credo che la Cina e anche gli Stati Uniti abbiano capito che gli impianti fotovoltaici, soprattutto quando sono collegati online, fanno parte delle infrastrutture critiche. E se questa infrastruttura critica è in mano cinese, soprattutto se tutti i dati vengono raccolti nel cloud cinese [tramite gli inverter e i sistemi di monitoraggio ad essi collegati] qualcosa può succedere”, ha detto Elisabeth Engelbrechtsmüller-Strauß, amministratrice delegata di Fronius International.

Quale ruolo  per l’Ue

Durante gli incontri del summit austriaco, è echeggiato forte l’appello per interventi molto più decisi dell’Unione europea a favore della manifattura fotovoltaica continentale, se si punta a ricostruire una base produttiva locale.

“Abbiamo avuto la grande opportunità del Green Deal. Purtroppo, questo processo non è stato fatto con prodotti europei. E quindi penso che anche dal punto di vista economico e politico sia un messaggio importante che esiste oggi un’alternativa ai prodotti cinesi”, ha detto Strauß.

Al summit era presente anche Walburga Hemetsberger, amministratrice delegata di SolarPower Europe, la maggiore associazione industriale europea di settore, che nelle ultime settimane ha inviato alla Ue una lettera con sei richieste, fra cui l’acquisizione di emergenza delle scorte di moduli dei produttori europei, la creazione di una Banca europea per la manifattura fotovoltaica e il via libera a maggiori aiuti di Stato, per contrastare programmi simili di Cina e Usa.

“Le rinnovabili, oltre a essere economicamente competitive, sono la nostra sicurezza energetica. Ora, è necessario che tutte queste energie rinnovabili provengano dalla Cina? La nostra posizione è no. Abbiamo ancora aziende qui in Europa, come Fronius, e abbiamo ancora il know how, istituti di ricerca e le basi di cui abbiamo bisogno per ricostruire l’industria solare europea”, ha detto Hemetsberger.

Fronius, come SMA e Power Electronics, è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante nel comparto fotovoltaico soprattutto grazie a investimenti e innovazione. Si può ripartire con questa ricetta anche nel resto della filiera europea?

“Per quanto riguarda gli inverter, abbiamo ancora enormi competenze, e questo è fantastico. Dobbiamo mantenerle e svilupparle. E per quanto riguarda la catena del valore del solare, dobbiamo assicurarci di avere di nuovo in mano questa industria, la cui effettiva rinascita dipende ora dalla volontà politica di sostenerla”, ha concluso la capa di Spe.

Non rinunciate all’Europa“, le ha fatto eco l’amministratrice delegata di Fronius, rivolgendosi alla platea di distributori e grossisti fotovoltaici presenti al summit.

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