Con la pubblicazione lo scorso 22 novembre del Piano 2024/2026, il primo del nuovo corso targato Cattaneo/Scaroni, cresce la distanza tra Enel e i sindacati, fattasi sempre più consistente dopo il cambio dei vertici aziendali di aprile.
Il giorno dopo la presentazione le segreterie nazionali di Filctem, Flaei e Uiltec si sono confrontate con la direzione aziendale sulla nuova strategia arrivando a una conclusione particolarmente critica: “L’azienda abdica al ruolo di propulsore della transizione energetica”.
In una nota congiunta (link in basso) le tre sigle hanno attaccato la strategia sulle rinnovabili: “Il piano presentato ci sembra in totale contraddizione con quanto l’azienda costantemente espone ad ogni convegno sull’argomento, per le modeste risorse destinate, per la non chiarezza su quali siano i progetti di Enel Green Power sulla Geotermia, centro di eccellenza a livello mondiale, e sul futuro dell’idroelettrico, anche rispetto alle possibilità di ripresa degli investimenti che sembrano delinearsi dall’evoluzione normativa”.
Nel suo piano l’azienda ha reso noto che gli investimenti complessivi previsti da qui al 2026 mobiliteranno 35,8 miliardi di euro, concentrati nel business delle reti (18,6 miliardi, 15,2 al netto dei previsti finanziamenti europei) e in quello delle fonti rinnovabili, compresi gli accumuli (12,1 miliardi). In merito a queste ultime, i settori su cui Enel ha deciso di puntare maggiormente sono eolico a terra, fotovoltaico e batterie di accumulo.
Sulla geotermia ad agosto il colosso italiano ha annunciato di voler investire 3 miliardi di euro in Italia, tramite anche la costruzione di due nuove centrali entro il 2030 per una capacità installata di 200 MW, facendo sapere di ritenere però necessario un prolungamento delle concessioni in corso per almeno 15 anni.
Inoltre, Enel ha stabilito che le sue decisioni di investimento in rinnovabili saranno più selettive, mediante la diversificazione di tecnologie e Paesi, per migliorare i rendimenti e ridurre i rischi, anche facendo leva su partnership.
L’azienda infatti dividerà i suoi modelli di business in “ownership”, in cui il gruppo detiene una partecipazione pari al 100% (applicato soprattutto in Italia e Spagna), “partnership”, in cui la quota sarà tra il 50% e il 99%, e “stewardship”, sotto il 50%, nelle zone periferiche al fine di fare leva sull’ottima pipeline del gruppo e sulla sua presenza globale.
Dal punto di vista geografico, in Europa Enel prevede di allocare circa 7,2 miliardi di euro di investimenti lordi, con una generazione rinnovabile sostenuta da un’ampia base clienti, grazie alla quale potrà coprire la produzione e stabilizzare i rendimenti. In America Latina verranno spesi 2,6 miliardi, applicando un approccio flessibile che fa leva sullo sviluppo delle rinnovabili supportato dai PPA. In ultimo, in Nord America, 2,3 miliardi di euro serviranno ad aumentare la redditività, concentrandosi sulla generazione di cassa e facendo leva sul modello di partnership.
Un approccio che, tra il 2024 e il 2026, prevede la realizzazione di circa 13,4 GW di nuova potenza rinnovabile in tutte le geografie in cui è presente Enel. Un impegno giudicato insufficiente dai sindacati in relazione alle potenzialità dell’azienda.
Un altro aspetto del Piano che riguarda la sostenibilità ambientale e non ha convinto le tre sigle è “il sostanziale disimpegno per le riconversioni delle centrali di Civitavecchia e Brindisi”, definito “preoccupante”. Ad oggi per i due impianti è stata riconfermata solo la chiusura al 2025, “con l’alibi del mancato riconoscimento del capacity market ma senza nessun’altra proposta alternativa”.
Cattaneo ha recentemente ribadito infatti che il gruppo non intende rilanciare i progetti di riconversione a gas delle centrali a carbone, ad eccezione di quella di Fusina. Il gruppo si è comunque impegnato a chiudere tutti i rimanenti impianti a carbone entro il 2027.
Le sigle chiedono anche chiarezza sul ruolo che Enel vorrà svolgere in futuro in 3SUN, gigafactory italiana del gruppo Enel Green Power, situata nella Etna Valley di Catania, che si occupa della produzione di moduli fotovoltaici. A luglio 2023 la Commissione europea ha approvato un pacchetto da 89,5 milioni di euro messo a disposizione dall’Italia attraverso il Fondo di ripresa e resilienza per sostenerne l’espansione da 200 MW a oltre 3 GW all’anno: un grande potenziale sul quale non è ancora chiaro quali siano le intenzioni di Enel.