Perché il Pnrr italiano è un’occasione mancata

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Pochi fondi e attenzione a fonti rinnovabili, misure per l'efficienza energetica e mobilità elettrica. Le analisi del Green Recovery Tracker sul piano Draghi per la ripresa.

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Poca attenzione alle fonti rinnovabili, alle misure di efficienza energetica e alla mobilità elettrica: il Pnrr del nostro paese non è verde come dovrebbe, secondo le analisi pubblicate sulla piattaforma online Green Recovery Tracker (link in basso) dal nuovo think-tank italiano ECCO, in collaborazione con il think-tank E3G e il Wuppertal Institute.

In particolare, il Green Recovery Tracker stima che in Italia soltanto il 13% delle risorse complessive del piano (incluso il fondo complementare e il programma React Eu) sia indirizzato a progetti significativi per il clima, mentre gli altri maggiori paesi Ue si sono impegnati a investire di più sul green. 

In Spagna ad esempio la quota verde del Pnrr è del 31%.

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dal governo Draghi, si spiega nelle analisi, manca un impulso per la transizione energetica e la decarbonizzazione, si veda qui la lista di progetti prioritari al vaglio della nuova commissione Pnrr-Pniec.

Il piano, infatti, rispetta formalmente la ripartizione contabile delle risorse in base al regolamento europeo, ma non è in grado di accelerare la diffusione delle tecnologie pulite.

I diversi progetti contabilizzati per il clima, in realtà, osservano gli esperti del Green Recovery Tracker (neretti nostri nelle citazioni) “perseguono altre finalità disperdendo le risorse e mostrano dei costi non proporzionali agli obiettivi climatici”.

Nel nostro Pnrr ci sono troppe misure a sostegno del gas: non solo quello verde (biometano e idrogeno da fonti rinnovabili), ma anche del combustibile fossile.

Ad esempio, il Recovery Plan finanzierà gli acquisti di caldaie a gas tramite il Superbonus 110% oltre che di autobus alimentati a gas, rallentando così la diffusione di pompe di calore elettriche e di veicoli alla spina.

In sostanza, secondo ECCO, E3G e Wuppertal Institute, il Pnrr italiano non promuove abbastanza l’elettrificazione dei consumi energetici finali, rimanendo agganciato in buona parte all’uso di carburanti alternativi che però non consentono di ridurre in modo rilevante le emissioni di CO2.

Così la soglia del 37% di investimenti verdi, prevista da Bruxelles, “è raggiunta solo con un approccio puramente contabile di progetti che non necessariamente saranno efficaci per il clima”.

Il Green Recovery Tracker sottolinea poi che nel Pnrr italiano manca una strategia con cui espandere la produzione di elettricità rinnovabile e aumentare gli usi elettrici finali, ad esempio per la climatizzazione degli edifici (pompe di calore) e nei trasporti (veicoli a batteria).

Gli investimenti totali per la mobilità elettrica, ricorda il documento, ammontano a 1,2 miliardi di euro, pochi in confronto ad altri paesi Ue.

Poi il piano prevede finanziamenti per appena 4,2 GW complessivi di nuovi impianti a fonti rinnovabili, ma servono almeno 6 GW all’anno di nuove installazioni per essere in linea con gli obiettivi 2030 (si veda anche questo articolo)

Infine, il sostegno alle rinnovabili è frammentato in tante misure singole senza un coordinamento unitario: ad esempio, manca una strategia per i parchi eolici offshore, non si prevedono investimenti in sistemi di accumulo energetico, mentre il supporto al fotovoltaico vede una grossa fetta di fondi (1,5 miliardi) assegnata ai progetti agrivoltaici, che però porteranno solo 430 MW di potenza aggiuntiva.

Ci sono critiche anche per il Superbonus. Si piega che la maxi detrazione fiscale non è accompagnata da requisiti di efficienza sufficientemente forti, perché sono sempre ammessi investimenti in sistemi di riscaldamento a gas e si richiede sole il salto di due classi energetiche negli interventi di riqualificazione.

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