Perché il governo Draghi deve accelerare sulla transizione energetica

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Trent’anni per diventare carbon neutral, ma le energie rinnovabili vanno rimesse in moto da subito, liberandole dai freni delle procedure autorizzative e creando il consenso dei territori sui nuovi impianti.

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Mario Draghi è un italiano con una forte visione europea. Nel suo discorso in Parlamento si sono sentiti accenti su ambiente e clima raramente così centrali nel nostro mondo politico (e nei nostri media).

Come quando ha ricordato come lo spazio sottratto alla natura da alcune megalopoli potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all’uomo. O quando ha parlato degli obiettivi climatici al 2030 e 2050 e della necessità di cambiare alcuni modelli di crescita.

Ma solo dopo i primi atti potremo giudicare sulla incisività di questo governo.

Trent’anni per diventare Carbon Neutral

Il nuovo target europeo al 2030, 55% di riduzione delle emissioni climalteranti, comporterà un deciso innalzamento della produzione da rinnovabili. In Italia, la generazione Green dovrebbe arrivare a soddisfare oltre due terzi dei consumi elettrici.

Per quanto riguarda la potenza solare, a fine decennio dovremo arrivare ad una settantina di GW (anziché i 52 previsti dal Pniec) e per l’eolico ad almeno 5 GW in più rispetto a quelli indicati dal Piano.

Ma facciamo un passo oltre, e cerchiamo di capire le evoluzioni al 2050 in uno scenario “climate neutral”. Ovviamente le dinamiche possibili sono molte, ma in tutte sarà centrale la forte spinta alla elettrificazione e il contributo delle rinnovabili.

Facendo riferimento alla Strategia di lungo termine presentata a gennaio dal Governo sulla base di analisi del RSE, la produzione elettrica a metà secolo potrebbe arrivare a 650 TWh, più del doppio rispetto all’attuale.

Il fotovoltaico farebbe la parte del leone garantendo oltre la metà della produzione. E anche l’eolico dovrebbe fare un grande balzo in avanti…

In questo scenario una parte dell’elettricità verde è ipotizzata per la produzione di idrogeno (circa 150 TWh, poco meno della metà degli attuali consumi elettrici). Un valore probabilmente troppo elevato (vedi grafico).

Questi dati devono comunque fare riflettere sulla scossa da dare alle rinnovabili.

Mentre negli ultimi sette anni solare ed eolico hanno visto un incremento di poco più di 1 TWh/anno, in uno scenario di decarbonizzazione il loro contributo dovrebbe infatti crescere tanto da arrivare alla fine di questo decennio ad incrementi annui della produzione di 10-15 TWh.

Come rimettere in moto le rinnovabili

Considerando il crollo del prezzo delle tecnologie, per far ripartire le installazioni vanno affrontate alcune criticità, dalla revisione delle procedure autorizzative alla creazione del consenso rispetto ai nuovi impianti.

Ma vediamo cosa sta succedendo in altri paesi.

La Spagna è un caso per noi interessante, avendo registrato un picco di installazioni solari nel 2008 seguito da dieci anni di freno a mano tirato. Poi nel 2019 la nuova potenza solare è schizzata a 4 GW, con 3 GW utility scale grazie ai risultati delle aste, mentre nel 2020 si sono aggiunti 2,8 GW fotovoltaici in larga parte grazie a contratti Ppa (vedi grafico).

Sicuramente decisivo per questa accelerazione è stato il cambio di politiche con l’avvio del Governo Sanchez nel 2018. Un ruolo particolarmente incisivo è stato svolto dalla appassionata ministra della transizione ecologica, Teresa Ribera.

Anche da noi le rinnovabili, dopo un boom di una decina di anni fa, hanno visto un periodo di crescita lentissima. E il nuovo meccanismo delle aste e dei registri è risultato deludente. Con i primi 4 bandi del Decreto FER 1 è stato infatti assegnato solo un quarto del contingente totale (1,5 GW su 5,5 GW).

Uno dei principali ostacoli, si sa, è quello delle autorizzazioni. Uno studio condotto da una società di ingegneria della Basilicata ha evidenziato come il 98% del territorio lucano sia vincolato in base alle interazioni tra limiti paesaggistici e siti non idonei (vedi figura).

Servirà inoltre certamente un maggior coinvolgimento dei territori e l’adozione di soluzioni innovative.

Il recepimento della Direttiva sulle rinnovabili potrebbe favorire il successo delle Comunità energetiche.

Come pure è destinato ad una buona affermazione l’agrovoltaico, che già vede installazioni per 3 GW in giro per il mondo, dalla Cina alla Germania, dall’Olanda alla Francia. Una politica mirata nel nostro paese potrebbe garantire reddito aggiuntivo, occupazione, riduzione del consumo di acqua, protezione delle coltivazioni dalle intemperie e dagli stress termici.

Inoltre l’eolico off-shore inizia ad affacciarsi anche da noi.

Insomma ci sarebbe la possibilità/necessità di accelerare moltissimo la crescita delle rinnovabili.

Questo tema deve essere rapidamente preso in considerazione dal ministro Cingolani. E, considerate le interazioni con altri dicasteri come il Ministero dei Beni Culturali, dovrebbe coinvolgere anche il presidente Draghi.

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