Pacchetto Ue Fit for 55, per il WWF “mancano i punti chiave”

Per il WWF il problema più evidente è legato al sistema di assegnazione delle quote di emissione a titolo gratuito. L'associazione chiede, tra le altre cose, che dal 2023 si passi a un meccanismo ad aste.

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Si susseguono gli interventi a commento del pacchetto di proposte della Commissione Europea “Fit for 55%” su clima ed energia al 2030 (qui tutte le misure). Oltre a Legambiente (vedi qui) anche il Wwf segnala che le misure “sono ancora molto al di sotto di ciò che è necessario per un passaggio alla neutralità climatica basato sulla scienza e socialmente equo”.

In particolare, secondo l’associazione, gli obiettivi complessivi rimangono troppo bassi. L’obiettivo del 55% di riduzione delle emissioni nette deve essere più vicino al 65% di riduzione lorda per contribuire a mantenere l’aumento della temperatura a 1,5 °C ed evitare un cambiamento climatico più pericoloso (molto più di quanto non vediamo già oggi, con un aumento medio del riscaldamento globale di poco superiore a 1°C).

Il pacchetto non affronta questo gap, sostiene il Wwf: per le energie rinnovabili, ad esempio, propone solo un obiettivo del 40%, mentre il 50% entro il 2030 sarebbe molto più utile per proteggere il clima e costruire in futuro un’economia sostenibile.

Per il panda tutti gli obiettivi – dall’Emissions Trading System al settore dell’Uso del Suolo – devono essere migliorati in base a quanto indicato dalla comunità scientifica.

“Nel pacchetto mancano delle disposizioni chiave, alcune non sono giuste e altre faranno in realtà più male che bene. L’Ue deve smettere di spendere soldi a favore dell’inquinamento attraverso la distribuzione gratuita delle quote di emissione attraverso l’ETS, dobbiamo garantire che le famiglie più povere non siano svantaggiate, dobbiamo fermare la pratica di sovvenzionare la combustione di alberi e colture per l’energia”, ha commentato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia.

Il taglio del 61% delle emissioni nel sistema ETS non è sufficiente a risolvere il problema più evidente del meccanismo. L’inquinamento gratuito – assegnato alle industrie pesanti sotto forma di quote di emissioni – è affrontato solo attraverso la proposta di subordinare l’assegnazione gratuita agli investimenti per aumentare l’efficienza energetica. Tuttavia, se un’azienda non si adegua, riceverà ancora fino al 75% delle sue quote gratuite precedentemente assegnate. Il WWF vuole che l’assegnazione gratuita finisca a partire dal 2023 e che venga previsto un meccanismo ad asta.

Il Carbon Border Adjustment Mechanism, che metterà una tassa sulle importazioni di alcuni beni da regioni con regole meno severe sul clima, deve essere progettato solo come un complemento alla fine dell’assegnazione gratuita di quote nell’ambito dell’ETS, non in aggiunta all’assegnazione gratuita. Tuttavia la Commissione propone di introdurre un CBAM semplificato per tre anni (2023-2026) e di eliminare completamente le quote gratuite solo nel 2035. Le entrate dell’ETS dovrebbero aiutare a finanziare la transizione verso la neutralità climatica.

La Commissione propone anche misure, tramite lo “Strumento Sociale” e l’ETS, per assicurare che il suo pacchetto non abbia un impatto ingiusto su alcune persone o aree più che su altre, e questo per l’associazione è un fatto positivo.

Tuttavia, per essere efficaci, queste misure, si osserva, devono essere dotate di risorse adeguate, sostenute da un’analisi completa e pianificate in modo inclusivo.

L‘estensione dell’ETS ai trasporti e agli edifici per il WWF è “preoccupante” perché potrebbe penalizzare i meno abbienti.

Un altro elemento allarmante sono le scappatoie che potrebbero permettere agli Stati membri di evitare di utilizzare le risorse per sostenere i più vulnerabili, per esempio rendicontando in modo generico il denaro utilizzato per il clima e le misure sociali, senza che necessariamente siano entrate “nuove” o aggiuntive provenienti dall’ETS.

Il WWF registra il fallimento della Commissione nel rendere più severe le regole sulla bioenergia. Bruciare alberi e colture per l’energia comporta un aumento delle emissioni in rapporto con i combustibili fossili, sia in generale che nell’arco di tempo che abbiamo a disposizione per fermare il cambiamento climatico. Eppure, nonostante questo, queste pratiche saranno ancora considerate “rinnovabili” e quindi ammissibili ai sussidi pubblici. Questo approccio va contro le indicazioni scientifiche e rischia di minare gran parte dell’azione climatica dell’UE, si denuncia.

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