No coordinamento delle politiche, no decarbonizzazione del sistema elettrico

Uno studio di Althesys, presentato al KEY Energy Summit a Rimini, evidenzia l'importanza di un forte coordinamento di tutti gli attori su obiettivi di decarbonizzazione di medio e lungo termine. Stima gli extra costi per il ritardo di alcune misure e richiede un Comitato Esecutivo ad hoc.

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Uno studio di Althesys presentato nel corso del KEY Energy Summit a Rimini (28 febbraio) analizza l’evoluzione del sistema elettrico italiano in vista degli obiettivi di decarbonizzazione di medio e lungo termine del settore elettrico (2030 e 2050), al fine di disegnare una strategia coordinata per rinnovabili, storage e reti in Italia che metta al centro il governo del sistema come chiave per la transizione.

Il documento, presentato da Alessandro Marangoni, è suddiviso in quattro sezioni interconnesse:

  1. quadro attuale del sistema elettrico italiano (struttura e l’evoluzione recente del sistema)
  2. sviluppo delle rinnovabili e criticità (scenari, fattori chiave che ne abilitano lo sviluppo, procedure autorizzative e i meccanismi di sostegno)
  3. evoluzione delle infrastrutture elettriche (includendo la rete nazionale di trasmissione, le reti di distribuzione, i sistemi di accumulo e la mobilità elettrica)
  4. sistema di governo per la crescita delle rinnovabili.

I risultati del lavoro evidenziano soprattutto la necessità di un sistema di governo unitario in Italia, cioè capace di coordinare i fattori cruciali della transizione energetica nel tempo e nello spazio.

Si parla ad esempio della prossimità degli impianti di generazione alle aree di consumo, la semplificazione delle procedure autorizzative, i meccanismi di sostegno come le aste e i Power Purchase Agreement (PPA), la sincronizzazione tra lo sviluppo delle reti, degli accumuli e la costruzione di impianti rinnovabili.

Vengono stimati, infatti, dei significativi gli extracosti derivanti dal mancato coordinamento tra istituzioni e operatori.

Un impatto che dimostrerebbe l’importanza della governance nel garantire una transizione energetica efficiente e senza ostacoli, assicurando un allineamento tra gli attori chiave del settore.

I costi del mancato governo forniscono una visione completa dei rischi associati e sottolineano l’urgenza di una gestione coordinata per ottimizzare gli sforzi e raggiungere gli obiettivi di una società a emissioni zero.

Tra le politiche più cruciali per la decarbonizzazione si distinguono quelle europee e nazionali.

Per quelle europee si segnala la riforma del market design elettrico UE (approvata a dicembre 2023).

Una normativa che introdurrà un regime di sostegno alla generazione elettrica di nuova realizzazione “low-carbon e non fossile” (anche nucleare) i cui punti principali sono:

  • Mantenimento dei contratti per differenza (CfD) a due vie come schema di sostegno obbligatorio per le nuove strutture di produzione di energia, ma inclusione anche di “regimi equivalenti con gli stessi effetti”.
  • Considerazione dei meccanismi di capacity market come elementi strutturali, prevedendo deroghe temporanee ai limiti di emissione per favorire la partecipazione anche di centrali con emissioni superiori ai limiti di 550 gr CO2/kWh e 350 kg CO2/anno per kW installato.
  • Creazione di un mercato UE dei PPA, per contribuire a ridurre la volatilità dei prezzi elettrici nel lungo termine e a migliorare l’efficienza del mercato. Il futuro regolamento prevede che gli Stati membri creino dei “mercati dinamici” dei PPA e forniscano garanzie per renderli più accessibili pur salvaguardando la concorrenza.
  • Possibilità per gli Stati membri di adottare regimi di sostegno alla flessibilità non fossile per promuovere l’integrazione delle fonti rinnovabili intermittenti nel sistema energetico. Tra le risorse individuate, figurano la gestione della domanda e gli accumuli.

A livello nazionale, il governo ha poi diversi provvedimenti in discussione:

  • Decreto FER X (mercato dell’energia dei prossimi 25 anni) anche se, al momento, non risultano significativi passi avanti in questa direzione;
  • Aste capacity market Terna per il 2025 e successivi anni;
  • MACSE (aste Terna per accumuli) e Mercato del time-shifting del GME.

La concentrazione temporale di queste decisioni potrebbe favorire il necessario coordinamento tra i diversi provvedimenti e tra i soggetti coinvolti (Terna, distributori, ecc.).

Sembra prevalere una prospettiva di lungo termine, ma la convivenza di mercati forward con gli esistenti mercati a pronti crea, secondo Althesys, non poche difficoltà in questa fase di transizione.

Ci sono altre misure che potranno avere un impatto sullo sviluppo del settore:

  • comunità energetiche, con 7 GW complessivi di nuove rinnovabili distribuite e 5,7 mld € di investimenti;
  • conversione in legge del cosiddetto Dl Energia, contenente una serie di misure che dovrebbero impattare anche sulle rinnovabili;
  • un’ulteriore bozza a gennaio 2024 del futuro DM FER2, cruciale per lo sviluppo dell’eolico offshore, delle bioenergie e del geotermoelettrico;
  • attuazione delle disposizioni sull’individuazione delle aree idonee da parte delle regioni (decreto, al momento, mancante).

Il lavoro punta sul fatto che per governare al meglio un momento così delicato, è più che mai necessaria una visione unica e stabile in grado di armonizzare tutti gli elementi in gioco: autorizzazioni, meccanismi di sostegno, aree idonee, sviluppo reti nazionali e locali e altre infrastrutture.

Il mancato coordinamento tra le varie misure potrebbe produrre danni economici al sistema e compromettere la transizione energetica.

Un modello proprietario Althesys ha permesso di elaborare due scenari e due analisi di sensitività, che permettono di comprendere la portata degli effetti dell’incertezza.

In particolare, il ritardato cambio di regime nel disegno di mercato (DM FER X) rispetto al 2024 comprometterebbe lo sviluppo delle FER: al 2030 con la perdita di nuova capacità di rinnovabili che arriverebbe a oltre 4,5 GW, dati i tempi e l’inerzia nella costruzione degli impianti. E al 2035, ogni anno di ritardo comporterebbe una seria perdita di nuova capacità rinnovabile, a causa della perdita di attrattività del mercato spot dovuto all’erosione dei prezzi catturati.

Al contrario, nell’ambito dello scenario PNIEC e di un piano 2030 anche più avanzato ci sarebbero diversi vantaggi per il maggior sviluppo delle FER:

  • Componente energia della bolletta: riduzione della spesa per 3 miliardi di euro cumulati 2024-2030 e 25,1 miliardi per 2024-2035
  • Costi di approvvigionamento combustibili fossili: riduzione della spesa per 1,2 miliardi di euro cumulati 2024-2030 e 5,1 miliardi per 2024-2035
  • Costi di acquisto permessi ETS: riduzione della spesa per 1,7 miliardi di euro cumulati 2024-2030 e 10,4 miliardi per 2024-2035.

Riguardo ai ritardi del MACSE, lo studio spiega che con l’implementazione immediata del mercato degli stoccaggi si conta di mettere in esercizio i primi sistemi di accumulo elettrochimici nel 2026 (Base).

Per i pompaggi idroelettrici non ancora autorizzati i tempi sono più lunghi (fino a 9 anni tra permitting e costruzione).

Ipotizzando dei ritardi nelle aste si andrebbe incontro ad un disallineamento tra surplus di generazione da FER e possibilità di time-shifting giornaliero, con queste conseguenze:

  • Al 2030: nel caso la misura non fosse approvata, il taglio della produzione FER supererebbe i 20 TWh. Il valore della produzione tagliata tra il 2026 e il 2030 sarebbe di 1,5 miliardi di euro.

Il mancato rispetto dei tempi e delle capacità di transito interzonali (metà aumento – Grid 50% o nessuno – Grid 0%) di cui al Piano di Sviluppo 2023 di Terna comporterebbe:

  • in caso di mantenimento del design di mercato attuale (no DM FER X), con impossibilità di superare la soglia FER/CIL di circa il 70%: cambiamento nella geografia futura degli impianti FER, che si sposterebbero in zone meno colpite da problemi di cannibalizzazione.
  • anche con DM FER X in vigore ma con MACSE in ritardo di 5 anni, si avrebbe un impatto negativo in termini di taglio dell’eccedenza di generazione: al 2030 ci sarebbe un curtailment tra 23 e 28 TWh, per un valore della produzione tagliata compreso tra 1,8 e 2,5 miliardi di euro.

Conclusioni

Dunque, in sintesi, i risultati dello studio conducono ad affermare che:

  • un maggiore sviluppo delle rinnovabili rispetto all’ultima versione del PNIEC potrebbe portare risparmi nella bolletta degli italiani fino a 25 miliardi di euro al 2035.
  • Un ritardo nell’avvio del Decreto FER X potrebbe far perdere quasi 5 GW di capacità di generazione elettrica rinnovabile al 2030.
  • Accumuli: se non fossero realizzati per il ritardato/mancato avvio del MACSE, taglio della produzione rinnovabile per 20 TWh, con una perdita 2026-2030 di 1,5 miliardi di euro.
  • Il ritardato/mancato sviluppo delle infrastrutture di rete porterebbe a un taglio tra 23 e 28 TWh, per un valore della produzione tagliata compreso tra 1,8 e 2,5 miliardi di euro.

Lo studio conclude che la complessità e stratificazione degli interlocutori coinvolti a vario titolo nel processo di transizione energetica non può essere ragione per un mancato coordinamento.

Ministeri, Terna, GSE, RSE, ARERA, Regioni, Enti e comunità locali devono essere tutti coinvolti, responsabilizzati e coordinati.

Un organismo dedicato, non burocratico ed efficace, è da valutare con attenzione. Più che una «cabina di regia», un vero e proprio Comitato Esecutivo dotato dei necessari poteri decisionali e di intervento.

Sono, tuttavia da verificare i profili giuridici e l’effettiva «potestà» del legislatore nazionale di prevedere modalità di coordinamento efficaci tra i diversi stakeholder, compatibili con il quadro giuridico-istituzionale e rispettoso delle prerogative e istanze dei vari soggetti.

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