Gli elevati prezzi del gas di questi ultimi mesi hanno fatto esplodere in tutta Europa la domanda di pompe di calore, che l’offerta stenta a soddisfare.
Le pompe di calore, grazie alla loro capacità di prelevare direttamente dall’aria, dall’acqua, o tramite sonde geotermiche, il grosso dell’energia termica necessaria per farle funzionare, riducono il consumo di gas per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria, ricorrendo all’alimentazione elettrica per la quota residua. In uno scenario di crescita della quota di energia elettrica prodotta da rinnovabili, il consumo di gas per il riscaldamento può veramente essere ridotto moltissimo.
L’impennata della domanda sta però evidenziando una serie di strozzature produttive, limiti infrastrutturali, inadeguatezze del costruito e impreparazioni professionali che limitano la capacità di crescita del settore.
Fra gli impedimenti maggiori, in ordine sparso, la scarsità di materie prime necessarie alla manifattura, la carenza di manodopera qualificata e di progettualità specifica per le installazioni, lo scarso isolamento termico di gran parte dello stock immobiliare, almeno in Italia, che pregiudica l’efficienza delle pompe di calore, e i dubbi sulla capacità delle attuali reti elettriche di assorbire un carico aggiuntivo potenzialmente molto elevato.
Ne abbiamo parlato con Fernando Pettorossi, Capogruppo Italiano pompe di calore di Assoclima, l’associazione di Confindustria che si occupa di sistemi di climatizzazione, e Tommaso Toppi, ricercatore presso il RELAB – Renewable heating and cooling Lab – del Dipartimento Energia del Politecnico di Milano.
Competenze di progettisti e installatori
Oltre alla carenza di materie prime, che da mesi riguarda un po’ tutti i settori e che nel breve e medio periodo continuerà a frenare la crescita produttiva anche delle pompe di calore, la carenza di operatori qualificati e progettisti abituati a questo tipo di lavori è ormai un problema sempre più evidente.
La formazione è fondamentale, ma a farla sono soprattutto le aziende di dimensioni maggiori. Ma ciò non è sufficiente in un paese come l’Italia, in cui la maggior parte degli installatori è costituita da società a conduzione familiare, con pochissimi addetti. In Italia, ci sono infatti 92.000 ditte termoidrauliche e un totale di circa 190.000 addetti, con una media di due lavoratori per azienda.
“Lo Stato dovrebbe riconoscere delle forme di incentivazione alle ditte che mandano i propri operai a fare formazione, visto che questa comporta dei costi importanti, sebbene scaricabili dalle tasse. È difficile che una ditta, soprattutto se piccola, possa mandare per diversi giorni all’anno un addetto a formarsi, creando un vuoto nella gestionale aziendale. Per questo servono dei sostegni specifici”, ha detto Pettorossi.
In tema di installazioni, una caldaia a gas, bene o male, fornisce sempre calore, a meno che non abbia qualche problema. La sua efficienza potrebbe essere non ottimale se la progettazione non è stata fatta a regola d’arte, ma alla fine questo non va ad incidere più di tanto sulla copertura dei fabbisogni.
Con le pompe di calore diventa invece molto importante l’ottimizzazione del dimensionamento, della progettazione e dell’installazione del sistema, secondo Toppi.
“Con le pompe di calore, la qualità dell’installazione può avere un impatto sulle prestazioni molto grande; perché si va ad influire enormemente sul modo in cui funziona l’impianto”, ha detto il ricercatore del Politecnico.
“Quando i produttori ricevono delle lamentele da parte dei clienti, è capitato anche che scoprano che è la macchina, pur senza guasti, che funziona in maniera sbagliata. Oppure ci sono stati casi in cui l’installatore ha collegato i tubi al contrario. Non è raro che non si tratti di un problema della macchina, ma di come è progettato o installato il sistema”, ha aggiunto.
Dimensionamento corretto e impostazioni, regolazioni appropriate e corretto abbinamento della macchina con l’edificio sono fondamentali.
Non solo l’installazione a valle, quindi, ma anche una buona progettazione a monte è molto importante per le pompe di calore, che altrimenti rischiano di trasformarsi in un boomerang per i consumatori, compromettendo la loro accettabilità, aspetto imprescindibile per la diffusione di questi sistemi.
Stabilità della rete elettrica e isolamento degli edifici
“Bisogna ricordare – sostiene Toppi – che negli edifici esistenti non ristrutturati le pompe di calore elettriche non sono sempre una soluzione adeguata, per la bassa efficienza e la potenza richiesta troppo alta. Affinché si possano sostituire le caldaie a gas in uso, occorre che l’edificio sia riqualificato nell’involucro, riducendo la richiesta in potenza, e nell’impianto, riducendo le temperature a cui è richiesto il calore. Quindi uno dei colli di bottiglia è anche la disponibilità di edifici con caratteristiche giuste”.
“Se le due condizioni citate non si dovessero verificare, l’unica possibilità per ridurre il fabbisogno di gas in edifici esistenti sarà, per alcune tipologie di utenze, l’uso delle pompe di calore alimentate a gas. Capaci di ridurre di un terzo il consumo”.
Un altro ostacolo che potrebbe impedire la diffusione a tappeto delle pompe di calore è la capacità della rete elettrica di gestire milioni di nuovi sistemi senza incappare nei blackout.
Molte utility e aziende energetiche si sono dette fiduciose di poter assorbire il carico aggiuntivo proveniente da milioni di nuovi apparecchi senza mettere a rischio la stabilità della rete.
“Le luci rimarranno accese con 50 milioni di pompe di calore. La diffusione su larga scala delle pompe di calore elettriche non metterà in pericolo la sicurezza dell’approvvigionamento di elettricità, né ora né in futuro”, si legge in una dichiarazione congiunta degli amministratori delegati di 13 gruppi energetici, inviata alla Commissione europea l’anno scorso.
“Gli operatori hanno lavorato insieme per decenni per assicurare un livello costante ed elevato di stabilità della rete e hanno affrontato con successo sfide simili nel gestire i milioni di dispositivi elettrici che sono stati distribuiti in tutte le case dell’Ue negli ultimi anni”, ha fatto sapere la coalizione industriale, di cui fa parte anche Enel.
Toppi sostiene che la diffusione delle pompe di calore debba andare di pari passo con l’espansione della rete. Questa preoccupazione è condivisa almeno in parte anche dal Presidente di Assoclima, secondo cui, soprattutto nei centri storici di grandi città, come Milano e Roma, potrebbero verificarsi delle saturazioni della capacità di distribuzione della rete.
In zone come queste, la necessità di posare nuovi cavi e nuove cabine di trasformazione in tempi rapidi potrebbe comportare qualche problema, ha aggiunto Pettorossi, anche se in gran parte del paese questo problema non si porrà visti i 12 miliardi di euro stanziati per il rafforzamento della rete nell’ambito del PNRR.
“Ad esempio in inverno, il giorno più freddo dell’anno, alle 6 di mattina tutti accendono il riscaldamento e la rete del gas è dimensionata per coprire questa elevata richiesta di potenza: ci sono milioni di caldaie da 30 kW che si accendono contemporaneamente senza creare problemi. Situazione che potrebbe cambiare se ragioniamo in termini di pompe di calore: in questo caso avremmo contemporaneamente una grande richiesta di elettricità, che a quell’ora non sarà disponibile da fonte rinnovabile e che potrebbe non essere facile distribuire in rete”, ha detto il ricercatore del Politecnico.
Si pone quindi l’importanza dell’accumulo elettrico, che permette di disaccoppiare il momento in cui l’energia è disponibile da quello in cui invece ci serve, ha detto Toppi, che ritiene pertanto essenziale un insieme di condizioni idonee allo sviluppo massivo delle pompe di calore.
Quello su cui tutti sono pienamente d’accordo è il fatto che un maggiore isolamento degli edifici consentirebbe di installare pompe di calore di minore potenza, con consumi minori: un fattore che allevierebbe il fabbisogno di energia ed eviterebbe, almeno in parte, un sovraccarico della rete.
“Insomma, per una larga diffusione delle pompe di calore ci devono essere tutti gli ingredienti giusti”, ha ripetuto Toppi.
Un pacchetto di strategie abilitanti
La Commissione europea, da parte sua, si sta rimboccando le maniche e con l’iniziativa REPowerEU punta a 30 milioni di nuove pompe di calore installate entro il 2030: Si Immagina di raddoppiare il tasso di installazioni odierno per i prossimi 5 anni. Con uno sviluppo simile si potrebbero infatti risparmiare 35 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
In Italia i dati testimoniano una grande vivacità del settore climatizzazione nel suo complesso. Secondo gli ultimi dati di Assoclima, l’anno scorso si è avuto un fatturato di oltre 2,2 miliardi di euro, con un incremento globale delle vendite del 36,8% e addirittura a tripla cifra per alcune categorie di prodotto, non solo sul 2020 ma anche rispetto al 2019 pre-pandemia.
Come detto, però, la produzione nazionale, a causa delle strozzature nella disponibilità di materie prime e semilavorati, è aumentata in misura inferiore al fatturato, con un incremento del 10,9%, pari a 825,6 milioni di euro.
“Oggi in Italia abbiamo circa 20 milioni di pompe di calore installate, ma la gran parte di queste è dedicata alla climatizzazione estiva o integrativa, dunque non sostitutiva dei sistemi di riscaldamento. Le pompe di calore attualmente installate come impianto principale sono circa 1,3 milioni; dovremmo intanto arrivare a circa 3,5 milioni per raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico del Pniec”, ha detto Pettorossi. “E da parte nostra faremo di tutto per soddisfare la richiesta del nostro paese”, ha aggiunto il Presidente di Assoclima.
Ma nonostante la buona volontà e l’intraprendenza delle aziende del settore serviranno interventi molto incisivi da parte degli altri attori sul fronte del potenziamento delle reti elettriche, di una formazione professionale più capillare e qualificante e di chiari obiettivi per migliorare l’isolamento termico del patrimonio immobiliare.
Senza questo insieme di strategie sarà molto difficile sfruttare l’enorme potenziale che le pompe di calore possono offrire.