Mentre in Italia si rispolvera continuamente l’idea del “nucleare pulito”, la Germania si appresta a spegnere entro fine anno tre dei sei reattori ancora attivi e Nikolaus Valerius, direttore tecnico di Rwe Power Nuclear, afferma che “il nucleare è un business economicamente morto”.
Valerius, in un’intervista apparsa oggi sul quotidiano La Stampa, spiega perché investire oggi sull’atomo è una scelta sbagliata, tanto che il colosso energetico tedesco Rwe sta puntando sempre di più su rinnovabili e gas (ricordiamo per completezza che Rwe gestisce anche molti impianti a carbone).
A ben vedere, afferma il responsabile del ramo nucleare di Rwe, “non ci sono copiosi investimenti privati in questa energia [nucleare, ndr]: sono gli Stati a dover sostenere le centrali, con costi elevatissimi. Per noi tedeschi, la strada è molto chiara e non avremo ripensamenti: è stato deciso che si debba uscire dal nucleare e ci si debba concentrare pienamente sulle rinnovabili, che sono il futuro”.
D’altronde, sottolinea Valerius nell’intervista, l’atomo non è certo la strada più rapida per combattere il cambiamento climatico, “per ragioni di costi, di tempi e di deposito delle scorie nucleari”.
Una posizione, la sua, molto distante dalle recenti aperture del ministro italiano della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, al nucleare di nuova generazione.
Lo stesso presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, parlando di caro energia sul Messaggero di oggi, ha affermato che l’Italia sul fronte energetico sta pagando “una serie di stop di stampo ideologico che hanno solo rimandato nel tempo i problemi” e che quindi bisogna “ripensare al nucleare pulito”, come proposto da Cingolani.
Tornando all’intervista di Valerius sulla Stampa, il manager cita una simulazione fatta dai britannici, secondo la quale, a centrale costruita, si può produrre un MWh di elettricità da nucleare al costo di 90-100 euro, contro 45-50 euro dei parchi eolici offshore.
“Il vantaggio delle rinnovabili è netto, e non hanno bisogno di sussidi statali. Senza contare i costi esorbitanti di smantellamento”, chiarisce Valerius, aggiungendo che servono “tra 500 milioni e un miliardo di euro e da 10 a 15 anni” per smantellare una centrale atomica.
Intanto il nucleare ha fatto deragliare una parte del dibattito Ue sulla cosiddetta tassonomia, la classificazione degli investimenti in base a criteri di sostenibilità ambientale.
Diversi Paesi, spinti dalla Francia, premono per inserire le centrali atomiche (e anche il gas) nella tassonomia, tanto che la Commissione Ue ha già rimandato più volte la decisione.