La Norvegia vota a favore dell’estrazione mineraria in acque profonde

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Il parlamento di Oslo ha approvato una proposta per l'esplorazione dei fondali marini in acque nazionali alla ricerca di terre rare.

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Litio, rame, cobalto, sono solo alcuni dei minerali considerati fondamentali per la transizione energetica che abbondano nei fondali marini.

Estrarli porterebbe enormi vantaggi per lo sviluppo e la produzione di tecnologie green, ma allo stesso tempo potrebbe causare danni all’ecosistema marino, del quale – soprattutto a determinate profondità – si conosce ancora molto poco.

La pratica di prelievo di questi materiali, nota come deep sea mining, è per questo motivo molto stigmatizzata, e nessun Paese al mondo ha mai aperto i propri fondali marini all’attività mineraria commerciale in acque profonde.

Un primato che potrebbero però aggiudicarsi presto la Norvegia. Il parlamento di Oslo ha votato martedì 9 gennaio a favore di una proposta per l’esplorazione mineraria nelle acque territoriali, un’area di 280mila chilometri quadrati, che potrebbe portare diverse società a chiedere di ottenere le licenze per attività estrattive.

La Norvegia intende esplorare le croste di manganese sulle montagne sottomarine e nei depositi di solfuro su sorgenti idrotermali attive, inattive o estinte. Il governo afferma che l’estrazione dai fondali marini sia necessaria per garantire che il Paese riesca ad avere successo nella transizione green.

“Dobbiamo tagliare il 55% delle nostre emissioni entro il 2030”, ha detto Astrid Bergmål, segretario di stato norvegese presso il Ministero dell’Energia. “Quindi, il motivo per cui studiamo i minerali dei fondali marini è l’elevata domanda che ci attende nei prossimi anni”.

Una decisione che ha suscitato le reazioni contrarie di diversi gruppi ambientalisti. Greenpeace ha definito quella del voto “una giornata vergognosa” per la Norvegia. “È imbarazzante vedere il Paese dare il via libera alla distruzione degli oceani nelle acque artiche”, ha affermato Frode Pleym, capo di Greenpeace Norvegia.

Kaja Lønne Fjærtoft, responsabile politica globale della “No Deep Seabed Mining Initiative” del Wwf, ha detto che l’organizzazione conta che le licenze vengano ostacolate in sede di approvazione parlamentare, grazie a un emendamento aggiunto dopo una forte resistenza nazionale e internazionale al provvedimento. Ogni singola richiesta infatti deve essere valutata dal Ministero dell’Energia e poi essere votata dall’Aula, e per ora nessuna azienda ha avviato questo iter.

La Environmental Justice Foundation (Ejf) ha affermato che la decisione rappresenterebbe “un segno nero irrevocabile sulla reputazione della Norvegia”. Steve Trent, amministratore delegato e fondatore di Ejf, ha dichiarato: “L’estrazione mineraria in acque profonde è la ricerca di minerali di cui non abbiamo bisogno, con danni ambientali che non possiamo permetterci. Sappiamo così poco delle profondità dell’oceano, ma abbastanza per essere sicuri che questa attività spazzerà via una fauna selvatica unica”.

Un rapporto dell’Ejf, pubblicato il giorno del voto parlamentare, afferma infatti che l’estrazione mineraria in acque profonde non sia necessaria per la transizione verso l’energia pulita. Combinando economia circolare e sviluppo di nuove tecnologie la domanda cumulativa di minerali dovrebbe ridursi del 58% tra il 2022 e il 2050. Ad esempio, 16mila tonnellate di cobalto all’anno potrebbero essere recuperate attraverso una migliore raccolta e riciclaggio dei telefoni cellulari. In sintesi, secondo il report, è possibile arrivare a zero emissioni di carbonio nette senza distruggere le profondità dei mari.

Per quanto riguarda l’impatto sull’ecosistema marino, uno studio pubblicato a luglio 2023 su Current Biology e condotto dal Geological Survey of Japan, istituto di ricerca in capo al ministero dell’Economia del Giappone, ha mostrato gli effetti sulla fauna marina di alcuni test di perforazione fatti nel 2020 in corrispondenza della dorsale sottomarina Takuyo-Daigo, per l’estrazione di cobalto.

Dopo un anno è stato osservato un calo del 43% della densità di pesci nelle aree inquinate dai sedimenti sollevati durante i lavori, dato che sale al 56% allargando la lente anche alle aree circostanti.

L’International Seabed Authority (Isa), ente intergovernativo con sede in Giamaica fondato per controllare tutte le attività connesse ai minerali presenti nei fondali marini internazionali, si riunirà entro la fine dell’anno per definire le norme sull’estrazione mineraria in acque profonde, con un voto previsto nel 2025.

Per motivi ambientali, quasi 200 Paesi tra cui Svizzera, Spagna, Germania e Francia hanno già chiesto una moratoria sul deep sea mining. A loro si sono aggiunti alcuni colossi come Bmw, Volvo e Samsung, che hanno pubblicamente annunciato di non voler utilizzare minerali estratti dai fondali marini per i loro prodotti.

Finora il governo italiano non ha espresso una posizione pubblica nonostante alcune aziende nazionali come Saipem (controllata da Eni) e Fincantieri si siano in passato mostrate interessate a questo tipo di attività.

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