Non solo imprese nella filiera dell’e-mobility Made in Italy

Quali sono gli enti del terzo settore e della ricerca che stanno contribuendo al processo di transizione dell’automotive italiano verso l’elettrico? Cosa stanno facendo e cosa manca.

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La diffusione di auto elettriche nel mondo cresce rapidamente e la filiera italiana della mobilità elettrica potrebbe essere tra i protagonisti.

Ma oltre alle imprese, chi sta partecipando a questo processo di transizione?

Lo illustra la quarta edizione del rapporto “100 Italian E-Mobility Stories 2023” a cura di Fondazione Symbola, Enel ed Enel X Way, che racconta 100 esperienze dell’e-Mobility Made in Italy (filiera italiana della mobilità elettrica), analizzando casi di imprese, enti del terzo settore e centri di ricerca.

Il nostro Paese ha chiuso il 2021 con un aumento delle vendite di auto elettrificate (ibride ed elettriche) del 199% rispetto all’anno precedente, dice lo studio.

Meno bene è andato però il 2022, come stiamo scrivendo da alcuni mesi. Infatti, dalle analisi di mercato di Motus-e sappiamo che, guardando alle immatricolazioni dell’intero anno 2022, le auto full electric segnano una flessione del 27,1%, passando da 67.264 (anno 2021) a 49.058 unità.

In questo processo un ruolo primario è quello delle imprese dell’automotive. Alcuni esempi di aziende già ci hanno indicato la direzione di alcune scelte innovative, tecnologiche e di mercato.

Ma a dare un contributo alle aziende ci sono anche altri enti attivi nella filiera della e-mobility, come università, centri di ricerca, realtà del terzo settore e agenzie pubbliche.

Il rapporto di Symbola reputa fondamentale il compito svolto dal mondo scientifico e dalla comunicazione perché, attraverso studi e attività di animazione si sta amplificando la diffusione delle nuove forme di mobilità.

Vediamo alcuni esempi pratici, selezionati dal rapporto come eccellenze nell’ambito di progetti, ricerche, attività e collaborazioni che nascono fuori dal contesto aziendale.

Contributi da Centri di ricerca e Università

  • Alma Mater Studiorum – Università Di Bologna

L’Università di Bologna guarda con attenzione al mondo dei motori: attraverso il LEMAD, Laboratorio di Macchine e Azionamenti Elettrici, l’Alma Mater ha coordinato il progetto TIME – Integrated Technology for Electric Mobility per dare vita a sistemi avanzati di trazione per veicoli elettrici nativi e veicoli termici convertiti.

Nell’ambito del progetto è stato sviluppato un sistema tecnologico completo per veicoli elettrici, realizzando ogni singola componente e tutti i sottosistemi del powertrain con l’obiettivo di raggiungere prestazioni migliorative rispetto a quelle dei prodotti presenti sul mercato.

Nel 2021, l’Alma Mater, in collaborazione con FEV, azienda nel campo dell’ingegneria automotive, ha costituito il Green Mobility Research Lab: un laboratorio dedicato alla mobilità sostenibile in cui le attività di ricerca si concentrano sulla guida predittiva e sull’ottimizzazione dell’utilizzo di energia da parte del veicolo.

  • Istituto Italiano di Tecnologia

L’Istituto Italiano di Tecnologia, che svolge attività di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico con una rete di 15 centri in Italia, lavora sul grafene per creare batterie di nuova generazione. Questa tecnologia garantisce una leggerezza record, con un peso di meno di 50 mg per centimetro quadrato.

Il lavoro sui materiali svolto dall’Istituto nell’ambito del progetto UE Graphene Flagship (ancora in corso) sta portando alla realizzazione di batterie che promettono più di 300 cicli di ricarica e il 30% di capacità in più rispetto a quelle oggi presenti sul mercato.

  • Politecnico di Torino

Battery 2030+, progetto europeo che coinvolge il Politecnico di Torino, vuole innovare le batterie lavorando su materiali, produzione e riciclo, soffermandosi su ogni elemento della cella, installando all’interno dei sensori in grado di monitorare la salute delle celle, intelligenti e capaci di autoripararsi.

Il progetto delinea le roadmap europee nel campo delle batterie con importanti innovazioni, per sostenere le gigafactory anche nei prossimi anni.

  • Università di Pisa

A Pisa, l’Ateneo sta portando avanti un progetto sulla cybersecurity delle auto elettriche: poiché i componenti delle e-car del futuro, come convertitori, centraline e batterie, saranno sempre più connessi con la rete 5G, sarà fondamentale garantire la sicurezza delle comunicazioni via internet.

Inoltre, nell’ambito del progetto SUMA, finanziato dalla Regione Toscana, anziché puntare a ricariche sempre più veloci, la ricerca sta sviluppando sistemi che consentano ai veicoli elettrici la ricarica diurna, tramite i pannelli solari dipartimentali, più lenta, ma quotidiana e con una gestione più smart dell’energia.

  • Università degli Studi dell’Aquila

L’Università dell’Aquila ha studiato e proposto soluzioni innovative di motori elettrici di trazione. I ricercatori hanno individuato come alternativa i motori sincroni a riluttanza, capaci di garantire economicità ed efficienze paragonabili a quelle dei costosi motori elettrici a magneti permanenti.

I prototipi realizzati sono di due fasce di potenza: una media da 75 kW (ideale per veicoli elettrici per utilizzo urbano o trasporto merci) e una da 200 kW per le auto elettriche di fascia “premium”, con possibilità di sfruttare tutte le potenze intermedie. L’elettronica di controllo dei prototipi è stata sviluppata da R13 Technology, spin-off dell’Ateneo.

Contributi dal terzo settore

  • ANFIA

Anche grazie alle sinergie con ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica – il Governo, ha istituito un “fondo automotive” (8,7 miliardi di euro fino al 2030) che supporterà la riconversione produttiva delle imprese verso il target di riduzione delle emissioni di CO2 al 2035.

Nel comune di Lioni (in provincia di Avellino), inoltre, proseguono le attività del progetto di ricerca e innovazione di filiera “Borgo 4.0” promosso da ANFIA e realizzato da un partenariato pubblico-privato: 54 imprese e 3 centri di ricerca pubblici, con la partecipazione delle 5 università campane e del CNR.

  • MOTUS-E

Tra i progetti in cui MOTUS-E coinvolge la sua rete di partner c’è la “Missione E-Mobility Italia” (pdf), volta a portare sulle strade italiane 4 milioni di veicoli elettrici entro il 2030.

L’associazione svolge inoltre un’importante azione divulgativa e di consulenza per privati, aziende ed enti pubblici, mettendo a disposizione di tutti video lezioni, webinar e studi sulla mobilità elettrica di think tank, centri di ricerca e università italiane e internazionali.

Cosa manca al nostro paese?

Secondo il rapporto, molto resta da fare per facilitare il processo di transizione dell’automotive italiano verso l’elettrico.

A partire dall’infrastrutturazione del territorio, considerando l’importante ruolo della grande distribuzione – con la dotazione di colonnine in aree di sosta per i clienti – ma ancora di più il ruolo di piattaforme abilitatrici, come Enel X Way, che ha lanciato sia un piano nazionale per dotare il Paese di una rete capillare, sia un servizio per le imprese che vogliono offrire possibilità di ricarica ai clienti.

Sempre secondo lo studio, si registra anche un ritardo nell’elettrificazione del trasporto pubblico: le città italiane più attive sono Milano (Azienda Trasporti Milanesi punta a elettrificare tutta la flotta di 1.200 autobus entro il 2030 per un investimento di circa 1,5 miliardi di euro in veicoli e infrastrutture) e Torino (Gruppo Torinese Trasporti già oggi gestisce il 33% dei chilometri di servizio attraverso veicoli a trazione elettrica).

Per concludere, sarebbe interessante se le università e gli enti del terzo settore direzionassero le loro attività di ricerca e comunicazione anche su questi due aspetti “deboli” della filiera italiana della mobilità elettrica, lavorando in sinergia con le aziende del settore.

Il report 100 Italian E-mobility Stories 2023 è scaricabile dal sito di Symbola.

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