Non solo gas e petrolio, la Russia pesa tanto anche per carbone e nucleare

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L'Italia nel 2020 ha importato il 78% del carbone dall'ex Urss.

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Non solo gas e petrolio: la dipendenza dalle forniture energetiche russe riguarda anche il carbone e il nucleare, mettendo ancora più in risalto la necessità di accelerare lo sviluppo delle  rinnovabili.

In particolare, la gran parte del carbone da vapore che arriva in Italia è importato proprio dalla Russia: il 78% circa, 4,3 milioni di tonnellate, proviene da Paesi ex-Urss (si veda tabella sotto, dati da Unione energie per la mobilità, ex Unione Petrolifera, sul 2020, ultimo anno disponibile).

Ricordiamo che il governo italiano, nel suo piano di emergenza in seguito al conflitto ucraino, ha previsto la possibilità di utilizzare maggiormente le centrali a carbone esistenti per ridurre gli approvvigionamenti di gas.

E i prezzi del carbone si stanno impennando, ha evidenziato nei giorni scorsi la società di consulenza Rystad, con prezzi già saliti ben sopra 400 $ per tonnellata a marzo.

La dipendenza europea dal carbone russo è molto forte: la Ue nel 2021 ha acquistato da Mosca il 70% di questo combustibile fossile, per circa 36 milioni di tonnellate.

Intanto Enel ha previsto di produrre fino a 20 TWh in più da carbone nel 2022. Il Gruppo Enel, stando ai dati comunicati dalla società a ReCommon all’assemblea degli azionisti dello scorso maggio 2021, nel 2020 ha importato dalla Russia circa 2,7 milioni di tonnellate di carbone.

Intanto sul fronte nucleare, un articolo su Business Standard sottolinea che quasi tutti i 32 Paesi che usano il nucleare dipendono dalla Russia per qualche parte della supply chain del settore atomico, in particolare per le forniture di uranio.

E questo potrebbe costituire un rischio per la piena operatività delle centrali, in caso di sanzioni occidentali contro il nucleare russo che potrebbero ridurre la disponibilità di uranio e farne aumentare i prezzi.

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