Nello studio H2 Italy 2050, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Snam, presentato a Cernobbio, torna l’idea (non nuova per gli addetti ai lavori) di fare dell’Italia un hub europeo dell’idrogeno verde. Il punto è: come?
“La presenza di una rete capillare per il trasporto di gas, inclusi i collegamenti con il Nord Africa, rappresenta un fattore chiave per la candidatura dell’Italia al ruolo di hub europeo dell’idrogeno”, si legge nello studio.
“Sfruttando l’infrastruttura esistente, l’Italia potrebbe infatti importare l’idrogeno prodotto in Nord Africa attraverso l’energia solare ad un costo del 10-15% inferiore rispetto alla produzione domestica, valorizzando la maggiore disponibilità di terreni per installazione di rinnovabili, un elevato irraggiamento e al contempo diminuendo la variabilità stagionale. In questo modo, il Paese può diventare il ‘ponte infrastrutturale’ tra l’Europa e il continente africano, abilitando quindi una maggiore penetrazione dell’idrogeno anche negli altri Paesi europei”.
Lo studio suggerisce che l’Italia si doti di un piano basato su sei azioni: elaborare una visione e una strategia di lungo termine; creare un ecosistema dell’innovazione e accelerare lo sviluppo di una filiera industriale dedicata attraverso la riconversione dell’industria esistente e l’attrazione di nuovi investimenti; supportare la produzione di idrogeno decarbonizzato su scala nazionale; promuovere un’ampia diffusione dell’idrogeno nei consumi finali; incentivare lo sviluppo di competenze specialistiche sia per le nuove figure professionali sia per accompagnare la transizione di quelle esistenti; sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo dell’impresa sui benefici derivanti dall’impiego di questo vettore.
Al di là dei buoni propositi, ognuno di questi punti richiede un impegno chiaro da parte del Governo: dall’aggiornamento e ampliamento del Piano nazionale energia e clima (PNIEC) a un posizionamento di primo piano nell’ambito della Clean Hydrogen Alliance europea. E richiede investimenti mirati.
Il treno dell’idrogeno green, con gli investimenti miliardari che ne conseguiranno, è già partito. La rotta ufficiale è stata tracciata l’8 luglio dalla Commissione europea, con il lancio della strategia sull’idrogeno. Obiettivo: installare almeno 40 GW di elettrolizzatori e produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde entro il 2030.
Nel frattempo, diversi Paesi europei si sono attivati in tal senso. A giugno, la Germania ha annunciato investimenti per 9 miliardi di euro per la produzione di idrogeno, di cui 2 miliardi per le partnership internazionali per l’approvvigionamento: Berlino punta alla costruzione di una capacità di elettrolisi di 5.000 megawatt (MW) entro il 2030 e 10.000 MW entro il 2040 per produrre il nuovo combustibile, quindi a fare della Germania il primo fornitore al mondo di tale fonte energetica.
Nel piano “France Relance”, che attingerà anche a risorse provenienti dal Recovery Fund, Parigi dedica 7 miliardi allo sviluppo dell’idrogeno verde fino al 2030.
E che in Europa si stia delineando un asse franco-tedesco per lo sviluppo di questa risorsa energetica lo dimostrano le parole del ministro dell’Economia d’oltralpe Bruno Le Maire, che intervenendo in queste ore al programma Grand rendez-vous Europe 1/Les Echos/CNews, ha annunciato di voler “trovare un progetto comune franco-tedesco” sull’idrogeno.
Anche l’Italia deciderà di salire sul treno in corsa dell’idrogeno verde? E come?
Una risposta immediata dovrebbe arrivare, come nel caso francese, dal Recovery Plan. Mercoledì il Comitato interministeriale per gli affari europei tornerà a riunirsi per passare al setaccio gli oltre 600 progetti inviati dai ministeri. Di certo c’è che il Piano, in linea con le indicazioni di Bruxelles, dovrà avere tra le sue mission anche il tema energia. Staremo a vedere se Roma prenderà spunto dai cugini francesi, inserendo anche l’idrogeno verde tra i vettori per la ripresa del Paese.
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