Per liberarsi per sempre da gas metano, gpl o gasolio, la gran parte delle abitazioni mono-bifamiliari, gli agriturismi e i piccoli condomini possono facilmente passare a soluzioni basate sulle fonti rinnovabili per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria.
Pensiamo solo che in Italia ci sono circa 2,5 milioni di utenze non metanizzate e che fanno uso di gpl o gasolio.
Sia che vengano utilizzate pompe di calore (anche geotermiche), in combinazione con il fotovoltaico, caldaie a biomasse, solare termico o integrazioni tra queste tecnologie, è sempre fondamentale una buona progettazione focalizzata sul caso specifico (consumi, caratteristiche del sistema di riscaldamento, zona climatica), un uso di componenti di qualità e, soprattutto, una corretta installazione.
Nei prossimi mesi analizzeremo più in dettaglio le tante opzioni e i costi per uscire dal gas, una scelta che consente di eliminare per sempre una bolletta (con oneri annessi), ottenere un risparmio economico significativo per ogni singolo anno (considerando anche la manutenzione del nuovo sistema), abbattere le emissioni di CO2, oltre che eliminare gli incidenti connessi al gas, che ogni settimana nel nostro paese procurano danni a persone ed edifici.
Tra le diverse soluzioni pensate per questa tipologia di utenze un esempio è rappresentato dall’integrazione tra collettori solari termici e caldaie o stufe alimentate a biomasse (legna o pellet). Sono chiamati solitamente impianti combisystem.
In linea del tutto generale, con un minimo sovradimensionamento della superficie dei collettori solari si possono soddisfare, oltre alle esigenze di acqua calda sanitaria (praticamente quasi al 100% nel corso dell’anno, ad una temperatura di 42-43 °C), anche una porzione di calore richiesta per il riscaldamento.
Per sfruttare al meglio di questa soluzione si consiglia in genere di aumentare la superficie dei termosifoni, installare le valvole termostatiche sui radiatori e mantenere le temperature medie sui 20 gradi in tutta l’abitazione.
Fondamentale è un accumulo termico ben dimensionato e con un buon grado di stratificazione e di coibentazione.
Ad esempio, per abitazioni intorno ai 150-160 mq, con 4 persone, un discreto isolamento termico in zone climatiche del centro Italia e che utilizzano un impianto a termosifoni (in altro articolo valuteremo l’ipotesi dei pannelli radianti a pavimento), si può optare per l’installazione di caldaie a pellet o legna con potenze intorno ai 15-18 kW, due collettori solari termici per una superficie totale di almeno di 4–5 mq (sovradimensionare ulteriormente il solare darebbe un surplus di calore inutilizzabile in estate, a meno che non si abbia una piscina) e un accumulo termico da circa 500 litri (per 4-5 persone residenti).
Aspetto chiave di questi sistemi, oltre alla qualità dell’accumulo, è sempre la centralina di controllo che deve consentire di regolare al meglio le temperature di lavoro (sui 50-60 gradi) e far risparmiare al massimo i consumi di combustibile (pellet o legna), dando priorità, quando possibile, al solare termico che consentirà di non far accendere la caldaia nei mesi più caldi.
Vista la specificità di ogni installazione per sistemi di questo tipo, l’utente deve sempre accertarsi che il progettista/installatore abbia una buona esperienza nell’installazione degli impianti solari che richiede la conoscenza di principi e componenti tipici della termoidraulica solare.
Infatti, uno dei punti cruciali nella realizzazione di questa tipologia di impianto, come di altri, è la sua integrazione con l’impianto di riscaldamento dell’abitazione/edificio. Una cattiva integrazione può comportare l’inefficienza del sistema nel suo complesso.
Per un’abitazione con superfici più ampie, diciamo 300-400 metri quadrati, sempre nel centro Italia e con un sistema di distribuzione a radiatori, per soddisfare il fabbisogno di riscaldamento e di acqua calda sanitaria potrebbe essere necessaria una caldaia a pellet di 32-40 kW di potenza, ad alto rendimento e bassi livelli di emissioni, abbinata a un puffer/accumulo da 600-750 litri.
Vanno aggiunti collettori con una superficie totale di 5-8 mq, sempre con un’inclinazione di 30-35 gradi, da collocare non troppo distanti dal locale tecnico, evitando così perdite di efficienza e riducendo i costi legati a lunghe tubazioni esterne.
La regolazione avviene tramite una centralina per il controllo differenziale del carico e scarico termico. Solitamente si preferisce avere una distribuzione del calore in due o tre zone, con sistemi pompa dedicati, comandati da termostati disposti nelle diverse aree dell’abitazione e da una sonda esterna con una curva climatica preimpostata.
Chiaramente per la cottura, eliminando gas o gpl, si dovrà passare all’installazione di un piano ad induzione.
Per coprire quasi totalmente la spesa iniziale di un simile progetto si può provare ad accedere al Superbonus, l’ecobonus del 65% o per una copertura dei costi di circa il 50% utilizzando il Conto termico, che consente una rapida acquisizione dell’introito.
Approfondiremo tutti questi temi e risponderemo alle domande dei lettori ([email protected]).