Il regolamento contro il lavoro forzato e la direttiva sulla due diligence aziendale per la sostenibilità: sono i due provvedimenti che tra il 14 e 15 marzo hanno compiuto un altro passo avanti in sede Ue. Anche se, come vedremo, la portata della direttiva è stata fortemente ridotta rispetto alle previsioni iniziali, con un taglio di quasi il 70% delle imprese che dovranno sottostare alle nuove regole.
Le due legislazioni sono state approvate dal Coreper, l’organo che coordina e prepara i lavori del Consiglio Ue ed è composto dai “rappresentanti permanenti” (gli ambasciatori) dei governi dei 27 Stati membri dell’Unione europea.
A dare notizia su Twitter/X dei voti favorevoli al Coreper è stata la presidenza belga di turno al Consiglio Ue.
Per quanto riguarda il regolamento contro il lavoro forzato, il 5 marzo i negoziatori di Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo – che ora deve essere approvato ufficialmente da entrambe le istituzioni – che interessa da vicino la filiera del fotovoltaico.
Il regolamento, infatti, vieta le importazioni di prodotti e componenti realizzati sfruttando la manodopera, come ad esempio accade nello Xinjiang cinese, dove si produce quasi metà del silicio per il fotovoltaico su scala globale, un territorio abitato da una vasta comunità di uiguri contro cui Pechino da tempo esercita una forte repressione culturale e sociale che sfocia in violazioni dei diritti umani e detenzioni illegali in campi di lavoro.
Tra le misure previste dalla nuova legge, come abbiamo scritto, Bruxelles dovrà istituire una banca dati con informazioni verificabili e costantemente aggiornate sui rischi del lavoro forzato nelle diverse aree geografiche, comprese le relazioni delle organizzazioni internazionali (come l’Organizzazione internazionale del lavoro).
La banca dati dovrebbe supportare il lavoro della Commissione e delle autorità nazionali competenti nel valutare possibili violazioni del regolamento, secondo una serie di criteri, tra cui: la portata e gravità del presunto lavoro forzato, la quantità o il volume dei prodotti immessi o resi disponibili sul mercato comunitario, le quote delle diverse parti dei prodotti che potrebbero essere realizzate con manodopera sottomessa, i rischi di lavoro forzato nella catena complessiva di approvvigionamento.
La Commissione europea, ha commentato SolarPower Europe in una nota, “dovrebbe presto adottare chiare linee guida di attuazione per le autorità doganali, le autorità nazionali e gli operatori economici, con particolare attenzione alle Pmi, per garantire un’implementazione coerente ed efficiente in tutta Europa”.
Cosa prevede la direttiva CSDD
A stretto giro è arrivato l’ok del Coreper alla direttiva CSDD (Corporate Sustainability Due Diligence), che fissa norme e criteri sulla trasparenza e corretta divulgazione dei dati e delle informazioni da parte delle aziende sui temi legati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance.
I negoziati qui sono stati “complessi” come evidenzia una nota di Palazzo Chigi, perché gli Stati membri hanno dovuto trovare un equilibrio tra obiettivi ambientali e competitività delle imprese.
La direttiva sulla due diligence, in sintesi, si riferisce al “dovere di diligenza” delle aziende: obiettivo è assicurare che le loro catene di approvvigionamento (materie prime, lavorazioni intermedie e così via) siano il più possibile rispettose dei diritti umani e della sostenibilità ambientale, evitando in particolare l’utilizzo di lavoro forzato e la diffusione di pratiche dannose per l’ambiente, come la deforestazione incontrollata.
L’Italia, prosegue la nota, “ha svolto un ruolo chiave nel raggiungimento di un testo equilibrato ed efficace, che concentra gli oneri sulle società di grandi dimensioni (oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato globale), meglio in grado di monitorare le proprie catene di approvvigionamento e di contribuire alla mitigazione degli effetti delle attività economiche sui cambiamenti climatici, nonché alla tutela dei diritti umani delle persone interessate dall’attività d’impresa”.
Difatti, come spiegava l’agenzia Euractiv alla vigilia del voto al Coreper, la portata della direttiva era stata ampiamente ridotta dietro la spinta soprattutto italiana e francese.
In pratica, la nuova normativa – che ora deve essere votata in plenaria a Strasburgo – coinvolgerà poco più di 5.400 aziende a livello Ue, quasi il 70% in meno rispetto a quanto concordato in via provvisoria da Parlamento e Consiglio lo scorso dicembre, grazie alla doppia regola del fatturato (450 milioni annui) e del numero dei dipendenti (oltre mille).
La direttiva CSDD, insieme al regolamento contro il lavoro forzato, potrà quindi promuovere una maggiore “sostenibilità della catena di approvvigionamento” anche per il fotovoltaico, afferma ancora SolarPower Europe.
Le aziende, si spiega, “hanno bisogno di certezza legislativa per gestire i propri requisiti di conformità in modo efficace ed efficiente e, attraverso queste ultime decisioni politiche, il settore solare ha ora la possibilità di rafforzare la sostenibilità della nostra catena di fornitura”.