I prezzi all’ingrosso del gas naturale sul mercato di riferimento europeo hanno raggiunto ieri nuovi record di oltre 296 euro al MWh durante le contrattazioni, chiudendo al massimo storico di 282 euro al MWh.
Sulla scia delle contrattazioni al mercato olandese TTF, anche in Italia il prezzo unico nazionale (Pun) di acquisto dell’energia sulla borsa elettrica ha raggiunto nuovi record, segnando il picco storico di oltre 637 euro al MWh, con una punta massima di 770 euro.
E secondo la società di ricerche Trading Economics, le quotazioni del gas naturale nell’Unione europea dovrebbero rimanere a livelli storicamente alti questo trimestre, per poi salire ulteriormente ad una media superiore a 372 euro al MWh fra 12 mesi.
Il caro-energia non sembra insomma destinato a risolversi presto né in Europa, né, tanto meno, nel nostro paese. E se gli stoccaggi di gas in Europa, pur inferiori agli anni precedenti, non sono messi comunque malissimo per questo inverno, molto meno sicura è la situazione degli approvvigionamenti per gli inverni successivi – nel caso la Russia riducesse ulteriormente le forniture.
Viste queste premesse, è naturale che i prezzi del gas per la generazione elettrica, il riscaldamento delle famiglie e i processi industriali siano un tema scottante – se non il tema centrale della campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 25 settembre.
Price cap
Il meeting cattolico di Rimini per l’amicizia fra i popoli ha dato in questi giorni l’occasione ad alcuni fra i maggiori leader politici di dare voce a varie proposte energetiche.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, acerrimi nemici e possibili leader in pectore dei rispettivi schieramenti di centro-destra e centro-sinistra, la presidente di Fratelli d’Italia (FdI), Giorgia Meloni, e il segretario del Partito Democratico (Pd), Enrico Letta, forse ispirati dal contesto amichevolmente ecumenico del meeting, si sono trovati d’accordo sulla necessità di introdurre una qualche forma di “price cap”, cioè di tetto amministrativamente imposto dei prezzi del gas – una delle proposte dell’agenda del premier uscente Mario Draghi.
Abbiamo parlato in un precedente articolo del perché potrebbe essere non solo molto difficile imporre per decreto un price-cap, ma soprattutto controproducente tentare di distorcere ed oscurare artificialmente i segnali di prezzo provenienti dal settore dei combustibili fossili.
Anche il capo della Lega, Matteo Salvini, e l’esponente di Forza Italia, Antonio Tajani, a dispetto delle proprie matrici politiche liberali e liberiste, concordano sulla necessità di tentare di imporre per decreto un tetto al prezzo dell’energia. Salvini ha definito “fondamentale” porre un limite ai costi dell’energia per imprese e famiglie.
Su una lunghezza d’onda simile anche il ministro degli Esteri, Luigi di Maio, ex esponente di punta del Movimento 5 Stelle e ora leader di Impegno Civico.
Per Di Maio la battaglia sul prezzo del gas va vinta subito, “tra settembre e ottobre”, senza attendere che sia il prossimo esecutivo a tornare a trattare, anche perché “oggi il prezzo è 300 euro al MWh, prima della crisi era 40. Questo vuol dire che si sta speculando”, ha detto il titolare della Farnesina, secondo cui è necessario far fronte comune contro il caro bollette che si sta abbattendo su famiglie e imprese.
Pur concordando in linea generale sul price cap, emerge qualche differenza sui possibili modi di attuarlo.
Il segretario del Pd Letta ha auspicato una soluzione italiana ai rincari, con “prezzi amministrati dell’energia per 12 mesi” tramite un provvedimento di legge. La leader di FdI Meloni si è detta invece “favorevolissima al price cap per il gas al livello europeo” aggiungendo però “attenzione ad imporlo a livello italiano. Perché le società” energetiche italiane “non sono pubbliche, a meno che non si decida di nazionalizzarle – e di questo se ne può parlare”, ha aggiunto Meloni.
Sollevando uno dei problemi che un price cap nazionale potrebbe generare, Meloni ha spiegato che “si tratta di società quotate in borsa, quindi, che facciamo, mettiamo noi i soldi poi per far comprare a 100 l’elettricità agli altri paesi con cui siamo interconnessi?”.
“Noi siamo in Ue e abbiamo il dovere di combattere lì per tutelare gli italiani”, le ha fatto eco Tajani, in sintonia anche con un altro rivale, il presidente di Italia viva, Ettore Rosato, secondo cui “tutti i partiti si esprimano con forza per andare in Europa a dire che [il price cap] è un elemento decisivo per la sopravvivenza delle nostre aziende e della struttura economica del Paese”.
Maurizio Lupi, deputato e presidente della componente Noi con l’Italia-USEI del gruppo Misto, è orientato ad una soluzione immediata e in ambito italiano, con la richiesta al premier Mario Draghi di un “provvedimento straordinario per far sopravvivere le piccole e medie imprese. Lo può fare con il consenso di tutti i partiti”, ha aggiunto.
Stefano Patuanelli per il M5S, non presente a Rimini, ha commentato le dichiarazioni provenienti dal meeting sottolineando che mentre “oggi tutti chiedono un tetto nazionale al prezzo dell’energia… questa proposta…, arrivata in consiglio dei ministri [qualche settimana fa], fu stralciata”.
Nucleare
Oltre al price cap proposto originariamente da Mario Draghi, gli stessi Salvini e Tajani hanno poi rilanciato un tema caro all’attuale ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e cioè il nucleare – di terza e quarta generazione, di piccola taglia o di altri tipi..
Anche di questo argomento abbiamo parlato in passato, in vari articoli, dettagliando perché la scelta nucleare non sia compatibile per tempi e costi alle urgenze della crisi energetica e agli obiettivi di medio-lungo termine della decarbonizzazione.
Secondo il leader leghista, “se l’Italia vuole essere indipendente dal punto di vista energetico non può essere l’unico grande paese a dire di no alle centrali pulite”, fra cui quelle nucleari.
Schermaglie di queste ultime ore a parte, esporremo i punti salienti degli schieramenti politici in tema di energia in un prossimo articolo.