In Italia aumentano le start-up innovative nell’energia. Ma sono piccole e con pochi brevetti

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I dati più importanti del rapporto I-Com su innovazione e sostenibilità delle imprese energetiche italiane.

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In Italia il numero di start-up innovative continua ad aumentare: ora sono 11.089 mentre a fine 2019 erano 10.711 dopo aver segnato un tasso medio annuo di crescita pari al 73% dal 2015 a oggi; più in dettaglio, le start-up attive nel settore dell’energia ammontano a 1.474, con un tasso di crescita medio annuo del 61,1% nello stesso periodo.

Questi alcuni dati che emergono dal rapporto sull’innovazione energetica dell’Istituto per la Competitività (I-Com) presieduto dall’economista Stefano da Empoli, intitolato “La ripresa sostenibile. L’innovazione energetica, chiave dello sviluppo” (allegato in basso).

L’ecosistema delle start-up innovative, nel suo complesso, si legge in una nota che riassume i numeri dello studio, vale poco più di 4 miliardi di euro, di cui poco meno del 60% ascrivibile alle sole regioni settentrionali, con il restante 40% equamente distribuito tra le regioni meridionali e del centro Italia.

Alle sole start-up energetiche attive sul territorio nazionale è associabile un impatto economico tra 200 milioni e 660 milioni di euro (16% del totale stimato).

Il nord si conferma l’area del Paese di gran lunga preferita dagli innovatori, con il 52% delle start-up energetiche attive in questo momento in Italia. A fare la parte del leone, prosegue la nota, è la Lombardia nella quale trovano sede 354 start-up energetiche, pari al 22% di quelle esistenti in totale in Italia.

Il secondo gradino del podio è occupato, invece, dalla Campania con 175 piccole imprese specializzate nel campo dell’energia.

Il 91% delle start-up energetiche, chiarisce la nota, è specializzato nella ricerca scientifica e nelle attività di sviluppo, mentre le altre si occupano perlopiù della fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi.

Il rapporto evidenzia, inoltre, i punti di debolezza che ancora caratterizzano il sistema italiano dell’innovazione nel settore dell’energia.

“La maggioranza delle start-up energetiche ha una dimensione d’impresa molto contenuta, con un impatto ancora assai ridotto in termini occupazionali”, ha sottolineato il presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), Stefano da Empoli.

In totale l’impatto occupazionale associabile alle start-up energetiche è stimato in un intervallo che va da circa 2.000 unità a un massimo di quasi 9.600 posti di lavoro, pari a circa il 13-14% del dato complessivo, si legge nella sintesi dello studio I-Com.

Lo studio fa inoltre il punto sulla situazione dei brevetti – uno dei principali indicatori della capacità di innovare degli Stati e dei loro sistemi produttivi – a proposito dei quali l’Italia risulta ancora molto indietro a livello internazionale.

Nel 2018 le domande di brevetto in campo energetico provenienti dal nostro Paese sono state appena 879, lo 0,8% del totale a livello globale. In Europa peggio di noi fa la Spagna con 254 brevetti concessi mentre Francia e Germania vanno decisamente meglio (rispettivamente 3.206 e 8.288).

In generale la Cina ha conquistato il primato mondiale con 28.679 brevetti concessi in campo energetico, scalzando definitivamente il Giappone, seppure di pochissimo, che si è fermato a 28.619.

Tornando all’Italia, dal rapporto emerge come l’81,1% dei brevetti energetici provenga dalle imprese mentre il 15,4% da persone fisiche e la quota rimanente da istituti universitari, fondazioni ed enti di ricerca pubblici.

Quanto alla distribuzione geografica, la Lombardia rimane leader con 49 brevetti concessi nel 2018, pari al 30,2% del totale. In seconda posizione si trova il Lazio con 35 brevetti energetici, seguito da Piemonte e Veneto con rispettivamente 22-12 brevetti.

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