Gasdotto Adriatico, opera utile o superflua? La posizione di Snam e la replica

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Secondo Snam la dorsale adriatica, oltre a essere necessaria per l'Italia, è corretta dal punto di vista delle procedure autorizzative. Risponde Francesca Andreolli, ricercatrice di ECCO Climate.

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Il metanodotto che Snam sta costruendo sulla dorsale adriatica per potenziare il trasporto del gas dal sud al nord è utile o no?

Secondo alcuni attivisti è un’opera “inutile”, “dannosa” e anche “illegale”, poiché la domanda di gas è strutturalmente calata molto, le opere stravolgerebbero l’equilibrio ambientale delle zone interessate e il progetto non rispetterebbe alcuni adempimenti.

Per la società di San Donato Milanese, il progetto è invece utile e proceduralmente regolare.

Abbiamo dato conto delle critiche di un gruppo di attivisti in un recente articolo (Proteste contro il nuovo gasdotto Snam: “inutile e dannoso”). Snam non aveva però risposto alle diverse osservazioni poste in un tempo utile per poter includere la sua posizione nell’articolo. Negli ultimi giorni, la società ci ha contattato fornendo una serie di commenti in risposta alle accuse degli attivisti.

Pubblichiamo qui le ragioni di Snam, che si rifanno alle linee guida del Piano nazionale energia e clima (Pniec), cercando di considerarle criticamente nel contesto dello stesso Pniec, con l’ausilio di Francesca Andreolli, Ricercatrice Senior Energia ed Efficienza Energetica di ECCO Climate, un think tank indipendente italiano.

L’utilità dell’opera: la posizione di Snam

L l’Italia è al momento il secondo Paese per consumi di gas dell’Unione europea e, come la quasi totalità degli altri Paesi membri, dipende per circa il 95% dalle importazioni, ha sottolineato la società.

Secondo gli scenari previsionali del Pniec, la domanda di gas stimata per il 2030 è in linea con quella del 2023, vicina quindi ai 60 miliardi di metri cubi.

L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto sì che la maggior parte dei flussi arrivino non più da nord bensì dai gasdotti che approdano a sud (Gela e Mazara del Vallo) e sud-est (Melendugno), con volumi che in questa direttrice sono passati dal 20% del 2020 al 51% del 2023, secondo Snam.

“Tutto questo ha portato a saturare le direttrici attualmente disponibili lungo l’asse che dal meridione raggiunge i poli di consumo del settentrione, rendendo evidente l’esigenza di una terza linea, anche con l’obiettivo di garantire continuità di fornitura in caso di eventuali picchi di domanda”, ci ha scritto il gruppo di San Donato Milanese (La linea adriatica presentata nel sito Snam).

Sul tema del calo della domanda nazionale di gas Snam ci spiega che non è interamente dipeso da fattori strutturali, ma è imputabile anche a cause che potrebbero non ripetersi, come ad esempio la minor domanda da parte dell’industria, nel caso di una ripresa del settore manifatturiero.

“Le previsioni contenute nel Pniec inviato a Bruxelles nel 2024, tanto negli scenari conservativi (o di riferimento) quanto in quelli evolutivi (o di policy), confermano anche per il prossimo futuro il ruolo centrale del gas, anche del gas naturale liquefatto (Gnl) che rappresenta attualmente la seconda fonte di import, nel mix delle fonti energetiche del Paese, svolgendo in prospettiva anche il ruolo di backup ideale per un sistema elettrico che, dipendendo da quote via via crescenti di rinnovabili, è anche sempre più esposto agli effetti della loro intermittenza”, ha fatto notare Snam.

In ogni caso, la capacità del sistema, anche alla luce del delicato contesto geopolitico, va parametrata non su base annua ma sui picchi giornalieri della domanda che, in determinati momenti dell’anno, possono raggiungere anche 400 milioni di metri cubi, ha aggiunto la società.

Si tratta di “richieste a cui bisogna farsi trovare pronti in termini di ridondanza e flessibilità delle infrastrutture disponibili, tali da garantire la continuità di fornitura in presenza di una domanda particolarmente elevata”, secondo l’azienda.

Passiamo poi alla questione relativa alla correttezza delle procedure. I termini della pubblica utilità e l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio della centrale di Sulmona sono stati prorogati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) nel luglio 2023, ha indicato il gruppo.

Circa la Valutazione di impatto ambientale (VIA), il Consiglio di Stato si è pronunciato più volte a favore, confermandone la validità con sentenze del 2020 e 2021. Inoltre, il TAR del Lazio, nel 2023 ha confermato anche la validità del decreto di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA relativa alle emissioni) per la Centrale di Sulmona, con due sentenze passate in giudicato.

“Si ricorda – continua la nota diSnam – che l’opera ha ricevuto pronunciamenti favorevoli della giustizia amministrativa e il via libera della locale soprintendenza archeologica per quanto riguarda le aree in cui sono stati rinvenuti alcuni reperti, con relativa valorizzazione degli stessi”.

Va poi rilevato che, venerdì scorso, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Sulmona contro l’autorizzazione unica rilasciata per la costruzione e l’esercizio del metanodotto Sulmona-Foligno, approvato dal Mase a novembre 2022.

In particolare, i giudici amministrativi hanno stabilito la “non applicabilità del termine di efficacia quinquennale previsto dalla disciplina”, poiché questo era riferito ad un’opera separata e distinta, si legge nella sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto le tesi di Snam e ha respinto tutte le osservazioni del Comune di Sulmona.

La replica: il gasdotto adriatico va visto in un nuovo contesto

Francesca Andreolli, co-autrice dello studio “Lo stato del gas – Quali infrastrutture servono all’Italia?” pubblicato da ECCO Climate lo scorso febbraio, ha evidenziato una realtà un po’ diversa.

Sui volumi annuali Andreolli ha indicato che con una domanda europea allineata agli obiettivi del piano Fit For 55 al 2030 e con una domanda italiana così come individuata dal Pniec, l’infrastruttura esistente, assieme al rigassificatore a Ravenna ormai autorizzato e in costruzione, è già in grado di garantire il fabbisogno nazionale ed esportare volumi verso l’Europa per 7 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

Lo dimostra anche un’analisi degli andamenti del 2023, in cui l’infrastruttura esistente si è rivelata sufficiente a immettere nella rete nazionale oltre 63 miliardi mc/a.

“È vero che non è chiaro quanto della diminuzione della domanda sia strutturale, ma i primi otto mesi del 2024 confermano il trend di riduzione con un -3% rispetto agli stessi mesi del 2023”, ha detto la ricercatrice.

“Inoltre, il Pniec non tiene sufficientemente conto dell’impatto di un rafforzamento delle politiche di promozione dell’efficienza energetica e dell’elettrificazione dei consumi, in particolare nel settore industriale, che andrebbero a ridurre ulteriormente la domanda di gas al 2030”, ha aggiunto.

Le criticità riguardano effettivamente la domanda di picco, sottolineata da Snam, la quale evidenzia comunque la necessità di ulteriori approfondimenti circa l’impatto dello sviluppo delle fonti rinnovabili.

Snam incorpora una incertezza di +/- 30 milioni di mc nella sua stima dei 400 mc di domanda giornaliera di picco. Quindi, secondo Andreolli, anche Snam non è in grado di quantificare precisamente la domanda di picco.

“In questa stima non è inoltre chiaro quanto vengano tenuti in considerazione gli effetti dell’aumento medio delle temperature, che negli ultimi due anni ha determinato temperature giornaliere anomale e un ritardo nell’inizio della stagione invernale. A ogni modo prendendo i flussi esistenti dai diversi punti in entrata, ed escludendo quello russo da Tarvisio, una domanda di picco giornaliera di 400 milioni di mc/giorno verrebbe soddisfatta”, ha detto a QualEnergia.it la ricercatrice di ECCO Climate.

Quindi, “è da chiedersi se valga la pena costruire una nuova linea di trasporto per rispondere a una domanda di picco che si potrebbe verificare solo per poche ore all’anno, in condizioni eccezionali e che stando ai valori storici si è realizzata solo nel 2010, 2012 e 2017”, ha notato la coautrice del rapporto.

Sarebbe probabilmente meglio puntare di più su alternative quali il servizio di interrompibilità, o una maggior attenzione verso rinnovabili, efficienza energetica ed elettrificazione dei consumi domestici, azioni che sono già previste all’interno della politica di decarbonizzazione. Contando anche il fatto che il Pniec presenta comunque “uno scarto emissivo da colmare rispetto agli obiettivi del pacchetto europeo”, ha concluso Andreolli.

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