Gas e nucleare nella tassonomia Ue, la Germania non farà muro

Berlino è contro l'atomo ma la realpolitik non vuole tensioni con la Francia: molto probabile un'astensione tedesca nel voto del Consiglio europeo.

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La Germania non si opporrà alla proposta della Commissione Ue di inserire nucleare e gas nella tassonomia.

Sul primo dossier (il nucleare) i partiti tedeschi di maggioranza sono tutti concordi sul “no” ma allo stesso tempo non vogliono rischiare di compromettere le relazioni con gli altri Paesi Ue e con la stessa Commissione guidata da Ursula von der Leyen.

Mentre sul secondo dossier (il gas) le posizioni sono più sfumate.

Così le divisioni interne al nuovo governo tedesco su quali attività economiche debbano essere considerate sostenibili (dal punto di vista ambientale) sembrano destinate a ricomporsi sotto le insegne della realpolitik.

Per quanto riguarda il nucleare, Berlino non vuole incrinare i rapporti con la Francia, né insistere a combattere una battaglia contro questa fonte energetica, che avrebbe ben poche possibilità di essere vinta a livello europeo.

Il cancelliere Olaf Scholz non pare assolutamente intenzionato a entrare in conflitto sulla questione nucleare con il presidente francese, Emmanuel Macron, proprio nel periodo della presidenza francese di turno del Consiglio Ue, partita il primo gennaio.

Con ogni probabilità, quindi, la Germania si asterrà nel voto del Consiglio europeo sulla tassonomia e non farà ricorso alla Corte di giustizia Ue contro la decisione di includere il nucleare nella classificazione degli investimenti sostenibili, come invece ha minacciato il governo austriaco.

Va anche ricordato che solo pochi Paesi finora si sono apertamente schierati contro il nucleare, oltre a Germania e Austria: Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Danimarca. È un fronte troppo piccolo per poter mettere in discussione il regolamento delegato sulla tassonomia.

Mentre in Italia le associazioni ambientaliste (Greenpeace, Legambiente, WWF) hanno chiesto al governo Draghi di assumere una chiara posizione contraria al gas e soprattutto al nucleare nella tassonomia, spiegando perché il rinnovato dibattito sul nucleare è fuorviante e rischioso per la transizione energetica pulita.

Intanto a fine dicembre 2021, la Germania ha chiuso tre dei sei reattori atomici ancora attivi nel Paese; gli altri tre, per complessivi 4 GW di potenza, chiuderanno nel 2022. E il direttore tecnico di Rwe Power Nuclear, Nikolaus Valerius, in una recente intervista su La Stampa, ha definito il nucleare “un business economicamente morto”.

Per quanto riguarda il ruolo del gas, i partiti che formano la coalizione semaforo (socialdemocratici, verdi, liberali) hanno avuto reazioni divergenti.

I verdi, infatti, a differenza di socialdemocratici e liberali, sono contrari anche alla presenza del gas fossile nella tassonomia Ue.

Il fatto è che la Germania punterà pure sul gas nella transizione energetica da carbone e nucleare verso le rinnovabili, quindi la sua posizione complessiva sulla proposta di Bruxelles non è così dura come ha lasciato intendere il vice-cancelliere tedesco e ministro della protezione climatica, Robert Habeck. Parlando alla Deutsche Presse, Habeck ha definito come “greenwashing” la scelta di allargare gli investimenti verdi a gas e atomo.

Il ministro tedesco delle Finanze, il liberale Christian Lindner, sul quotidiano Süddeutsche Zeitung, ha invece difeso il ruolo del gas come necessario combustibile di transizione per fronteggiare lo stop degli impianti a carbone (entro il 2030) e nucleari.

Anche perché nella tassonomia ci sono paletti ben precisi per i nuovi investimenti nel gas, tra cui emissioni di CO2 equivalente sotto 270 grammi per kWh e compatibilità tecnologica per un uso in percentuali crescenti di gas low-carbon.

La bozza del regolamento, informa una nota di Bruxelles, è stata trasmessa per consultazione alla Piattaforma sulla finanza sostenibile e al Gruppo di esperti degli Stati membri sulla finanza sostenibile, che dovranno fornire i loro contributi entro il 12 gennaio.

Bruxelles adotterà formalmente il regolamento delegato entro gennaio, poi il testo sarà sottoposto al Parlamento Ue e al Consiglio europeo, che avranno quattro mesi di tempo (estendibili su richiesta di altri due mesi) per esaminarlo.

Il Consiglio potrà opporsi solamente con una maggioranza qualificata rafforzata: il voto favorevole di almeno 20 Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue. Mentre il Parlamento potrà opporsi anche a maggioranza semplice (almeno 353 deputati su un totale di 705).

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