Futilità e pericoli della fusione nucleare

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Un confronto fra energia nucleare da fissione e da fusione, considerando che la seconda, come afferma il direttore generale del progetto di ricerca ITER, potrà contribuire al mix energetico solo fra un secolo.

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Un paio di recenti eventi suggeriscono di rifare ora il punto sulla fusione nucleare.

Il primo fa riferimento ad una intervista con uno dei più qualificati esperti del settore, il direttore generale di ITER, Pietro Barabaschi.

ITER è il sancta santorum della ricerca sulla fusione nucleare, l’esperimento che a giudizio della stragrande maggioranza della comunità scientifica internazionale, dimostrerà la possibilità scientifica, ma non commerciale, della fusione a confinamento magnetico.

Il confinamento magnetico accomuna, a sua volta, la quasi totalità degli schemi mai immaginati a questo scopo.

Alla domanda, “quando la fusione potrà essere aggiunta al portafoglio delle altre possibili fonti energetiche”, Barabaschi risponde che non può predirlo con precisione ma, secondo lui, sarà una delle forme possibili fra circa un secolo, e non da sola, ma in collaborazione con altre.

Un ingegnere, necessariamente attento al costo del kWh, oltre che ai milioni di gradi, con accesso alle informazioni più aggiornate, dunque, prevede un secolo.

Cent’anni non per diventare la soluzione definitiva del problema energetico, ma per contribuire al mix, come si potrebbe dire di molte altre fonti, anche dell’energia delle maree, per fare un esempio.

È significativo che a fare la domanda sia Luca Romano, l'”avvocato dell’atomo“, il comunicatore italiano più agguerito nel sostenere l’inevitabilità del nucleare, quella esistente, la fissione nucleare.

Lo scopo di questa intervista è mettere in prospettiva le due tecnologie: la fissione nucleare, il metodo classico, quello della bomba atomica dell’uranio e del plutonio, con la tecnologia della bomba H, la fusione di alcuni isotopi rari dell’idrogeno, non l’idrogeno come fa il sole, ma due sue forme rare.

Il confronto fra le due energie nucleari è più semplice di una valutazione assoluta: le analogie sono più facili da fare, il bilancio è più evidente.

Facciamo anche noi, brevemente, questo esercizio. In ordine di importanza di percezione pubblica, i temi sono:

  1. costo del kWh
  2. disponibilità del combustibile
  3. sicurezza
  4. produzione di scorie
  5. proliferazione come arma

Il consenso è ormai universale: il nucleare convenzionale è più costoso delle rinnovabili e la sua adozione è attraente solo per quelle fasce orarie per le quali altre fonti non producono. Lo dice anche Romano, si parla del 10-20% della produzione totale.

L’energia nucleare è una sorgente continua, il suo costo è specialmente di capitale e il valore della sua produzione è inversamente proporzionale alla percentuale del tempo per il quale è l’unica fonte disponibile.

Ricordiamo che l’accumulo idroelettrico nacque negli anni ‘60 proprio per sfruttare la produzione uniforme del nucleare che non poteva seguire una curva di consumo sbilanciata fra notte e giorno. Il solare, invece, in prima approssimazione, accompagna la distribuzione oraria dei consumi.

Il futuro economico del nucleare dipenderà, quindi, da come evolverà il costo della fonte rinnovabile, accumulo incluso.

1) Costo del kWh

Tornando al confronto che ci interessa, notiamo che la fusione ha gli stessi problemi di scarsa flessibilità della fissione ma, in aggiunta, i metodi considerati finora sono largamente più complessi ed enormemente più costosi.

La reazione deve avvenire sottovuoto, in presenza di flussi neutronici e di calore enormi, con l’impiego di superconduttori criogenici, in strutture sottoposte a sforzi meccanici estremi, tutte le manutenzioni devono essere condotte remotamente.

Infine, le reazioni si estinguono per qualsiasi deviazione dalle condizioni ottimali, nel bene e nel male. È una delle ragioni che concorrono alla sicurezza dell’impianto; per qualsiasi piccola deviazione dalle condizioni ottimali le reazioni si estinguono spontaneamente

La complessità del processo si riflette in maggiori costi strumentali, cioè di capitale, ragione che già mette in dubbio la convenienza della fissione, ma ad un livello molto superiore.

Sul piano economico la fusione è sicuramente molto meno attraente della fissione. Chi, in pubblicazioni scientifiche, si è pronunciato sul costo del kWh ha citato valori molte volte superiori a quelli della fissione.

2) Disponibilità del combustibile

Per quanto riguarda la disponibilità del combustibile, per ora, la fusione non ha mai dimostrato di saperlo produrre e le prospettive teoriche sono negative.

La situazione è così disperata che alcuni degli “avventurieri privati” della fusione, Helion Energy, per esempio, che ha già promesso di fornire energia a Microsoft, ipotizza di procurarsi un combustibile possibile per la fusione, l’elio-3, sulla luna, come se questa fosse un’alternativa realistica.

La fissione, d’altro canto, è utilizzata da quasi un secolo, non avrebbe difficoltà a produrre l’energia richiesta dalla discontinuità delle rinnovabili e non ha gravi problemi di approvvigionamento di combustibile. Finora un chiaro due a zero a favore della fissione.

3) Sicurezza

La questione degli incidenti catastrofici è più nuanced, perché i materiali radioattivi coinvolti sono molto diversi: le fughe di trizio della fusione sarebbero molto difficili da contenere e per un periodo minore delle contaminazioni di un incidente alla Chernobyl.

Nessuno potrebbe fare ora una stima credibile fra eventi così improbabili.

Personalmente sono convinto che la fissione oggi sia praticamente immune da incidenti catastrofici, confermato anche dall’episodio estremo di Fukushima, ove un sisma di estrema grandezza produsse molte migliaia di morti a fronte di qualche unità dovuta ai reattori coinvolti.

4) Produzione di scorie

Anche la produzione di scorie è molto diversa nei due casi. Poche scorie concentrate per la fissione: un reattore da 1 GW utilizza 20-30 tonnellate di combustibile all’anno di cui meno di 100 kg richiedono una sistemazione sicura e permanente.

Un reattore di analoga potenza, quale ci potremmo aspettare dalla linea di ricerca ITER, attiverebbe istantaneamente, dal giorno del suo collaudo, decine di migliaia di tonnellate di materiale, a loro volta trattabili e riducibili ad un volume molto minore, ma ad un costo esorbitante.

Dal punto di vista dell’occupazione del territorio e dell’utilizzo dell’acqua, i due metodi sono equivalenti, ma poche comunità in Italia acconsentirebbero alla costruzione di impianti di entrambi i tipi nelle vicinanze dei loro insediamenti.

5) Proliferazione come arma

La questione proliferazione mi porta al secondo recente annuncio, quello presentato nell’articolo del Financial Times del 9 agosto 2023, “US scientists repeat fusion power breakthrough.

Questo esperimento di microesplosioni a fusione è finanziato dal dipartimento della difesa Usa, al ritmo di miliardi di dollari l’anno.

I corrispondenti esperimenti a scopo pacifico del Dipartimento dell’Energia si sono arrestati alla fine degli anni ‘90 quando l’impianto più avanzato allora al mondo, il TFTR di Princeton, ottenne un record di produzione di energia con la tecnica del confinamento magnetico.

L’amministrazione statunitense ovviamente ritiene che l’uso militare sia più interessante e probabile di quello a scopo pacifico. Le armi a fusione hanno la caratteristica di essere molto distruttive, ma non lasciano traccia di inquinamento radioattivo e permettono di annientare il nemico lasciando un terreno calpestabile alle truppe che avanzano.

Anche quelle con un innesco a fissione, le bombe H, hanno questa caratteristica, ma conviene realizzarle solo per grandissime potenze esplosive. Un esempio ben documentato è la Tsar Bomba, la più potente esplosione nucleare di tutti i tempi. Impressionante è il filmato dell’atterraggio sul luogo dell’esplosione di un elicottero militare sovietico poche ore dopo la deflagrazione.

L’obiettivo degli esperimenti militari di Livermore in California è quello di produrre ordigni di piccole dimensioni, a bassissima contaminazione, cioè di aprire al nucleare un utilizzo tattico in guerre tradizionali.

Per quanto riguarda l’energia nucleare, in un confronto tra fissione e fusione, sarebbe decisamente più promettente investire sulle varie opzioni offerte dalla provata fissione, anche se non sarà determinante per la decarbonizzazione, ricordando contemporaneamente che il kWh più conveniente è ancora quello del risparmio energetico.

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